Montenegro: come lo stato tradisce l’interesse dei cittadini
L’Azienda elettrica del Montenegro è di recente diventata azionista di maggioranza della miniera di carbone di Pljevlja, ma a guadagnare da questa controversa acquisizione non sono stati i cittadini
In Montenegro, l’interesse pubblico è sempre subordinato all’interesse privato di chi sta al potere. Ne è l’ennesima prova il fatto che lo stato non ha fatto nulla per impedire che l’Azienda elettrica del Montenegro (EPCG) acquistasse, ad un prezzo sopravvalutato, la quasi totalità delle azioni della miniera di carbone di Pljevlja.
Stando alle parole di Dejan Mijović, ex membro del Consiglio di amministrazione e piccolo azionista dell’EPCG, questa transazione probabilmente non sarebbe mai avvenuta se uno dei principali azionisti della miniera di Pljevlja non fosse stato Aco Đukanović, fratello dell’attuale presidente del Montenegro Milo Đukanović.
L’EPCG è recentemente diventata azionista di maggioranza della miniera di Pljevlja, acquistando, per oltre 31 milioni di euro, una partecipazione pari a poco meno del 97% del capitale sociale. A guadagnare di più da questo affare è stata la compagnia italiana A2A, a cui sono andati 12,8 milioni di euro, poi lo stato 10,08 milioni, e infine Aco Đukanović circa 3,84 milioni.
La decisione di acquistare la maggioranza delle azioni della miniera di Pljevlja, al prezzo di 6,4 euro per azione, è stata adottata alla fine di marzo 2018 dall’Assemblea degli azionisti dell’EPCG, o meglio da soli due piccoli azionisti in possesso di meno dello 0,08% del capitale, dal momento che gli azionisti di maggioranza dell’EPCG – che in quel momento erano anche azionisti della miniera – si sono astenuti dal voto, sostenendo di voler evitare una potenziale situazione di conflitto di interessi.
Così grazie a una decisione approvata da pochi piccoli azionisti dell’EPCG è stata avviata la procedura di compravendita – auspicata già dall’anno scorso dalla compagnia A2A e dal fratello dell’attuale presidente montenegrino – della maggioranza del pacchetto azionario della miniera di Pljevlja.
Non appena è stata resa nota la decisione dell’EPCG, l’ong Rete per l’affermazione del settore non governativo (MANS) ha messo in guardia dal fatto che questo affare potrebbe provocare danni enormi alle casse statali, invitando la Procura speciale a reagire.
Dejan Mijović sostiene che se lo stato avesse voluto proteggere i propri interessi e quelli dei cittadini avrebbe potuto facilmente trovare un’intesa con la compagnia A2A – insieme alla quale detiene la quota maggioritaria del capitale dell’EPCG e della miniera di Pljevlja – per fondere le due società, evitando così la compravendita di azioni.
“In Montenegro, purtroppo, gli interessi privati dei politici al potere prevalgono sempre sull’interesse pubblico”, afferma Mijović.
Anche il funzionario del partito d’opposizione Montenegro Democratico (DCG) Nikola Rovčanin è dello stesso parere. Stando alle sue parole, l’intera vicenda della compravendita di azioni della miniera di Pljevlja rivela gravi deviazioni del sistema politico montenegrino, dimostrando che anche i giganti dell’economia nazionale sono semplici pedine nelle mani della prima famiglia.
“All’epoca in cui Aco Đukanović aveva acquistato azioni della miniera di carbone di Pljevlja il loro prezzo era notevolmente inferiore rispetto al prezzo al quale l’EPCG le ha recentemente acquistate. Le azioni erano state vendute a Đukanović, nonostante ci fossero offerte migliori. Così si è instaurato un meccanismo per cui il valore dei beni statali viene abbassato fino alla totale svalutazione quando sono i membri della famiglia Đukanović ad acquistarli, mentre quando questi ultimi decidono di vendere i beni acquistati dallo stato, il loro valore aumenta a dismisura. Se consideriamo anche il fatto che l’acquirente, in questo caso, è un’azienda pubblica e che i Đukanović anche questa volta hanno incassato una somma di svariati milioni di euro, non vi è alcun dubbio che l’intero affare è stato realizzato non nell’interesse dello stato e dei cittadini bensì nell’interesse della famiglia Đukanović”, spiega Rovčanin.
Ricorda inoltre che la miniera di Pljevlja, per decenni guidata dagli esponenti del Partito democratico dei socialisti (DPS), è stata trasformata da un potente soggetto economico in un’azienda che ha accumulato perdite per svariati milioni di euro, capeggiando la lista nera dei debitori fiscali.
“Com’è stata gestita quella che una volta era una motrice dell’economia montenegrina, lo dimostra l’ammontare delle perdite accumulate, compreso un debito fiscale di circa 15 milioni di euro, nonché i debiti di svariati milioni derivanti da contratti di concessione e le passività a breve termine che superano le attività correnti. Prima che si cominciasse a parlare della vendita della miniera di Pljevlja, la quotazione delle sue azioni in borsa era relativamente bassa, fino a quando ‘i pezzi grossi’, evidentemente ben informati di quanto stava per accadere, non hanno iniziato a comprarle. In quel periodo anche Aco Đukanović ha aumentato la sua partecipazione al capitale della miniera, portandola al 12,2%. Nonostante tutti gli indicatori di performance aziendale fossero negativi, le azioni della miniera di Pljevlja sono state acquistate [dall’EPCG] ad un prezzo superiore a quello di mercato, e Aco Đukanović ha guadagnato, praticamente in un giorno, circa 4 milioni di euro”, spiega Rovčanin, aggiungendo che questo è un classico esempio di come i grandi affari condotti dallo stato vengono truccati in modo da soddisfare gli interessi della famiglia Đukanović.
Quali interessi difende la magistratura?
A seguito della decisione dell’Assemblea degli azionisti di EPCG riguardante l’acquisto delle azioni della miniera di Pljevlja, Vasilije Miličković, piccolo azionista dell’EPCG e proprietario dell’azienda M&V, ha presentato una denuncia al Tribunale di commercio di Podgorica, chiedendo l’annullamento della decisione dell’Assemblea, convinto che alcuni azionisti dell’EPCG e della miniera abbiano agito in malafede.
Una volta avviato il procedimento su denuncia di Miličković, la giudice del Tribunale di commercio Nataša Bošković aveva disposto due misure provvisorie volte a impedire che l’EPCG procedesse all’acquisto di azioni della miniera prima della conclusione del procedimento. Tuttavia, il collegio giudicante del Tribunale di commercio, composto da giudici Nataša Sekulić, Miodrag Anđelić e Ivan Kovačević, ha annullato le misure disposte alla giudice Bošković, permettendo così che si procedesse alla compravendita delle azioni della miniera a prescindere dall’esito del procedimento in corso.
“La giudice Bošković ha disposto misure provvisorie volte ad impedire all’EPCG di acquistare azioni della miniera allo scopo di prevenire eventuali ‘danni irreparabili’. Ma il collegio giudicante ha annullato entrambe le misure disposte dalla giudice Bošković, senza fornire alcuna chiara giustificazione della decisioni presa”, sottolineano dall’organizzazione non governativa KOD, aggiungendo che la giudice Bošković si è schierata dalla parte degli interessi dei cittadini, a differenza dei suoi colleghi che non hanno difeso l’interesse pubblico, come invece avrebbero dovuto fare.
“Negli ultimi due decenni il Tribunale di commercio non ha fatto nulla per impedire che le risorse pubbliche venissero trasferite in tasche private, e avrebbe potuto farlo”, affermano all’organizzazione KOD.
Stando alle parole di Dejan Mijović, la giudice Bošković è “un’eccezione in una società completamente controllata dal vertice del DPS e dal suo leader autoritario Milo Đukanović”.
“Ogni tentativo di ‘mostrare indipendenza’ dal volere del leader supremo è condannato a priori all’insuccesso, per cui l’annullamento del divieto della vendita di azioni della miniera non ha colto di sorpresa l’opinione pubblica montenegrina”, spiega Mijović.
Nikola Rovčanin, funzionario del DCG, dice che questo caso evidenzia tutte le debolezze e lacune del sistema giudiziario montenegrino.
“Il Montenegro ha bisogno di organi giudiziari indipendenti, competenti e responsabili, le cui decisioni avrebbero peso non solo in quanto espressione della legge ma anche grazie alla credibilità di chi le ha emesse. Nel caso in questione, la decisione del tribunale ha lasciato spazio a molti dubbi e perplessità sull’intera procedura di compravendita, il che è un’ulteriore prova del fatto che questo affare è stato realizzato a discapito dell’interesse dello stato e dei cittadini”, afferma Rovčanin.
Lo scenario post-vendita
Dopo il trasferimento della titolarità delle azioni, la miniera di Pljevlja – come riporta il quotidiano Vijesti – continuerà per qualche tempo ad operare come una società per azioni indipendente, che è la forma societaria più costosa. All’EPCG affermano che nel prossimo periodo individueranno “la formula migliore per organizzare l’attività del complesso minerario”.
Secondo Nikola Rovčanin, il fatto che l’EPCG abbia acquistato la miniera di Pljevlja senza aver prima elaborato un chiaro piano della sua gestione, è un altro motivo per dubitare della buona fede dei protagonisti di questo affare.
“L’EPCG ha deciso di acquistare le azioni della miniera, versando agli azionisti una somma complessiva di diverse decine di milioni di euro, senza aver prima elaborato un piano della futura gestione dell’azienda. È ovvio che qualcuno aveva ordinato ai servitori del DPS che occupano poltrone importanti nell’EPCG di portare a termine l’affare il più rapidamente possibile, per cui questi ultimi evidentemente non hanno avuto il tempo di pensare che cosa fare con la miniera dopo il trasferimento delle azioni. Un comportamento poco serio, irresponsabile e decisamente ambiguo”, denuncia Rovčanin.
Tiepida reazione dell’opposizione
A criticare con più insistenza la decisione riguardante l’acquisto delle azioni della miniera di Pljevlja è stato Vasilije Miličkovic. Ha invitato l’opposizione a sostituirlo nel ruolo di denunciante, o almeno ad affiancarlo nel suo tentativo di adire le vie legali per “interrompere la serie di furti portata avanti dai fratelli Đukanović”.
A Miličković non risulta chiaro il motivo per cui qualcuno avrebbe acquistato, per più 30 milioni di euro, un’azienda indebitata per oltre 50 milioni di euro, né come sia possibile acquistare un’azienda con debiti fiscali e quelli derivanti da omesso versamento dei contributi che ammontano a circa 15 milioni di euro, ovvero un’azienda nei confronti della quale avrebbe già dovuto essere avviata una procedura fallimentare.
“Com’è possibile che lo stato venda le sue azioni della miniera, pari al 30% del capitale sociale, per 10 milioni di euro, per poi diventare di nuovo azionista della miniera, ma questa volta con una quota di partecipazioni pari al 73% del capitale”, si chiede Miličković.
La coalizione dei partiti d’opposizione Fronte democratico non hanno risposto alle domande dei giornalisti in merito alla vicenda, e nemmeno il DCG ha voluto commentare le affermazioni rilasciate da Miličković, che continua a battersi contro la decisione sull’acquisto della miniera di Pljevlja.
Al pari di Miličković, anche Dejan Mijović, ex membro del consiglio di amministrazione dell’EPCG, è del parere che l’opposizione abbia reagito in modo tiepido.
“Tuttavia, Miličković, deliberatamente o no, ha tralasciato il fatto che l’Azione unita per la riforma (URA), partito a cui appartengo, ha alzato la voce per denunciare questo furto spudorato. Ciò che invece preoccupa di più è che l’opinione pubblica montenegrina è talmente abituata ai fenomeni di corruzione e criminalità che i temi ad essi legati non riescono più ad imporsi all’attenzione del dibattito politico. Finché persiste questo stato di cose, Milo Đukanović e lo stato non devono preoccuparsi degli avvertimenti provenienti dall’Ue sulla possibilità di attivare la cosiddetta clausola di flessibilità. Al contrario, considerando come se l’è cavata l’ex premier croato Ivo Sanader in simili circostanze, forse Đukanović auspica un tale epilogo, per non dover spiegare a nessuno la provenienza dell’enorme ricchezza di cui dispongono la sua famiglia, i suoi padrini e i suoi stretti amici”, conclude Mijović.