Montenegro, campagna diffamatoria
È ormai noto come “Scandalo Informer”, dal nome del giornale che ha pubblicato testi diffamatori sul conto della nota attivista Vanja Ćalović. Si utilizza il fango contro la strenua battaglia per la legalità nel paese
Stando ai sondaggi sull’opinione pubblica, la direttrice esecutiva della Rete per l’affermazione del settore non governativo (MANS), Vanja Ćalović, è il personaggio pubblico di gran lunga più popolare in Montenegro. La Ćalović, indefessa critica del potere, impegnata nella lotta alla corruzione e alla criminalità, eroina delle rivolte civili, in questi giorni si è però trovata nel mirino del quotidiano belgradese Informer.
Quest’ultimo, vicino ai governi di Belgrado e Podgorica, ha pubblicato la scorsa settimana un testo riferendosi ad una compromettente video-registrazione che farebbe luce su ipotetici orientamenti sessuali della Ćalović.
Vanja Ćalović non ha reagito al bieco attacco, ma i suoi collaboratori ed amici hanno sottolineato come il video sia il risultato di un "pessimo fotomontaggio” e che la vera domanda da porsi sia chi abbia voluto, realizzato e poi distribuito questa registrazione, ripresa poi da Informer.
L’ombra di Đukanović
Per loro è però una domanda retorica: si tratterebbe di un tentativo del governo montenegrino di fare i conti con i propri rivali politici. L’Ong MANS è stata bollata dal governo come il "centro logistico dell’opposizione”.
“Per questa brutale campagna diffamatoria non sono stati in grado di trovare degli editori locali disposti a prestarsi e si sono quindi rivolti a specialisti sulla questione e ai media della regione”, ha precisato durante una manifestazione di protesta e in solidarietà alla Ćalović, tenutasi nei giorni scorsi a Podgorica, il giornalista del settimanale indipendente Monitor Marko Milačić. Quest’ultimo è entrato poi più nel dettaglio affermando di ritenere che l’intero piano sia stato messo a punto dal consigliere – non ufficiale – del premier Milo Đukanović, Vladimir Beba Popović, ex capo dell’ufficio del premier serbo Zoran Đinđić, assassinato nel marzo 2003.
Sarebbe a suo avviso l’ennesimo episodio di una campagna diffamatoria in atto da mesi – con il forte sostegno dei media serbi, in particolare Pink TV di Željko Mitrović – volta a screditare i rivali di Đukanović in Montenegro.
Reazioni
Questa volta, però, pare che si sia andati troppo oltre. Ed hanno reagito tutte le più importanti istituzioni internazionali presenti in Montenegro.
Innanzitutto l’ambasciata degli Stati Uniti, che ha protestato per il testo pubblicato da Informer in cui si mirava a colpire la direttrice di MANS, seguita poi dalla Delegazione dell’Ue in Montenegro, che ha duramente condannato il tentativo di screditare la nota attivista della società civile, ribadendo che l’Unione europea non accetterà il mancato rispetto degli standard sulla libertà di espressione in un paese che cerca di entrare a far parte dell’Unione.
Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Mužnieks ha precisato che bisogna interrompere la campagna di diffamazione contro i difensori dei diritti umani in Montenegro. Il sindacato dei giornalisti montenegrini ha poi definito i testi pubblicati come non etici e anche numerosi rappresentanti della società civile hanno espresso il loro sdegno.
“Lo “Scandalo Informer” mostra come i cittadini siano sotto controllo e che si tratta di un controllo illegale esercitato da ignoti o dai servizi, mentre quelli che ufficialmente dovrebbero occuparsi dei diritti umani e delle libertà individuali non hanno la forza di contrastare questo controllo e di sanzionarlo. In Montenegro, invece di rinforzare il controllo dei cittadini sul potere si punta a rafforzare il controllo dei centri di potere sui cittadini”, ha sottolineato l’analista politico Dragoljub Vuković.
Nebojša Medojević, leader del Movimento per i cambiamenti (PzP), all’opposizione, si è detto convinto che uno dei motivi per cui durante il recente incontro dei ministri NATO è stato detto al Montenegro che dovrà aspettare ancora un po’ prima di essere accolto nell’Alleanza, è dovuto proprio allo scandalo che ha visto come vittima la Ćalović.
Intanto la procura di Stato a Podgorica ha avviato un’indagine sul “caso Informer”, mentre alcuni famosi giuristi sono dell’idea che la magistratura dovrebbe vietare la vendita e la distribuzione di quel tabloid in Montenegro.
Infine, anche il Parlamento montenegrino ha richiesto che “venga difeso lo spazio mediatico del Paese da ulteriori abusi”, e che con una “modifica della normativa vigente si impedisca che simili episodi si ripetano in futuro”.