Montenegro: base energetica dell’Italia?
Acceso dibattito in Montenegro sui progetti per le nuove idrocentrali sulla Morača e per la realizzazione del cavo sottomarino che dovrebbe collegare la costa montenegrina a quella italiana, attraversando due parchi nazionali. Le posizioni del governo e della società civile
Il governo del Montenegro la scorsa settimana ha dato il via libera ad un Piano urbanistico dettagliato relativo al corridoio lungo il quale passerà il cavo a fibre ottiche che collegherà la termocentrale di Pljevlja alla costa montenegrina, e da lì all’Italia. “Con la realizzazione di questo progetto il Montenegro sarà per molto tempo il nodo energetico della regione, mentre l’Azienda elettrica del Montenegro (EPCG) e gli altri potenziali produttori del Montenegro otterranno la possibilità di valorizzare al meglio le loro capacità produttive”, si legge nel comunicato emesso dal premier Igor Lukšić.
Nonostante il governo montenegrino affermi che questo progetto è di importanza capitale per il Paese e che rispetta tutti gli standard ecologici, i rappresentanti del settore non governativo avvertono che le cose non stanno proprio così. Perché, dopo le raccomandazioni del Parlamento europeo e le sentenze del Tribunale amministrativo del Montenegro secondo le quali tutti i dati relativi al cavo sottomarino devono essere resi pubblici, il gabinetto di Lukšić ha pubblicato solo alcuni estratti del contratto per la realizzazione del cavo sottomarino. Il resto è segreto professionale, dicono a Podgorica sostenendo che la compagnia italiana Terna, che finanzia il progetto, avrebbe vietato la pubblicazione di alcuni dettagli dell’accordo.
Gli investimenti italiani
Terna per la messa in opera del cavo a fibre ottiche da Pljevlja all’Italia investirà 750 milioni di euro, mentre la montenegrina Prenos (CGES – azienda a maggioranza statale incaricata della distribuzione dell’energia elettrica ai consumatori) per la realizzazione della struttura e della canalizzazione per il trasporto dell’acqua verserà 100 milioni di euro.
È interessante sapere che Terna è comproprietaria della CGES col 22 percento di azioni, ottenute con la ricapitalizzazione dell’azienda, senza gara d’appalto. Terna ha pagato le azioni 30 milioni di euro, ed ha ottenuto l’appalto per la messa in opera del cavo sottomarino, sul quale, all’inizio del 2009, si erano accordati il premier Silvio Berlusconi e l’allora premier montenegrino Milo Đukanović.
In tutto questo affare, che comprende anche la ricapitalizzazione della EPCG (Azienda elettrica), le compagnie italiane, con in testa la A2A, hanno investito circa 440 milioni di euro in Montenegro. La maggior parte del denaro è finito nella Prva banka, all’epoca sull’orlo della bancarotta, il cui pacchetto di maggioranza appartiene alla famiglia Đukanović.
Gli oppositori ai progetti
Ma, anche dopo che lo scorso anno Đukanović ha abbandonato la poltrona di primo ministro, il nuovo governo ha fatto di tutto per realizzare gli accordi presi dall’ex premier. A questo piano si è opposto per primo Ranko Krivokapić del Partito socialdemocratico, partner di coalizione del Partito democratico socialista di Đukanović, che ha posto il veto sulla vendita del pacchetto di maggioranza della EPCG agli italiani.
Poi il partito di opposizione “Movimento per i cambiamenti (PzP)” ha fatto partire una denuncia penale contro tutte quelle persone coinvolte in questo progetto, compreso il premier italiano. “Se il potenziale energetico del Montenegro, del valore di 5 miliardi di euro, venisse dato in mano agli italiani, si tratterebbe della terza occupazione del Paese da parte dell’Italia”, ha affermato il vicepresidente del PzP Branko Radulović.
La posizione del settore non governativo
Una posizione simile è tenuta anche dalle organizzazioni non governative e dagli esperti che accusano il governo di mancanza di trasparenza e di accordi segreti coi partner italiani, dei quali i cittadini del Montenegro, sostengono, non hanno alcun vantaggio.
Dejan Milovac, vicedirettore della più influente ONG locale, la Rete per l’affermazione del settore non governativo (MANS) , sostiene che i pochi dati resi pubblici indicano che il governo montenegrino non sa cosa sta facendo in questa soap opera. “Se il governo si atterrà strettamente a questi progetti, allora in futuro il Montenegro sarà sicuramente una fonte di risorse, il cui territorio non sarà sfruttato solo per la produzione di energia a basso costo, ma anche per trasportarla. In cambio otterremo solo le briciole della torta e ci chiederemo chi è il vero proprietario della nostra energia elettrica”, ribadisce Milovac.
Da questo affare la CGES otterrà circa dieci milioni di euro all’anno, mentre il governo afferma che sarà ulteriormente migliorata la distribuzione dell’energia elettrica. Ma il gruppo di economisti riuniti attorno al “Forum 2010” avverte che il Montenegro già adesso importa un terzo del suo fabbisogno energetico, e che se verrà realizzato il cavo sottomarino la maggior parte dell’energia elettrica finirà in Italia, perché il costo dell’energia elettrica è là più alto di quello del Montenegro.
Fiumi e parchi coinvolti
Ciò su cui punta l’accento il settore non governativo è il fatto che il cavo che dalla termocentrale di Pljevlja arriva al mare attraverserà delle aree protette, per la precisione il territorio di due parchi nazionali: Durmitor e Lovčen. Dalla ong “Green home” fanno sapere che il governo Lukšić dietro l’espressione “massimizzare il vantaggio economico del progetto per futuri investitori per la realizzazione di quattro grandi idrocentrali sul fiume Morača”, pian piano prepara il terreno per trasferire l’acqua del fiume Tara nella Morača.
Val la pena ricordare che il parlamento montenegrino alla fine del 2004 aveva adottato la Dichiarazione sulla difesa del Tara, con cui fu posta una moratoria all’uso dell’acqua di quel fiume, noto anche come “Lacrima d’Europa”, per la produzione di energia elettrica.
Ad ogni modo, il tempo stringe. La parte italiana insiste affinché si rispettino gli accordi, e al governo di Podgorica, in preda a sempre più gravi problemi economici, serve un grosso investimento. Il governo nel frattempo ha annunciato che il 30 settembre sarà chiusa la gara d’appalto per la realizzazione delle idrocentrali sulla Morača. E proprio in quei giorni il Montenegro festeggerà i 20 anni dalla proclamazione di primo Stato ecologico al mondo.