Media in Macedonia: è crisi
Una grave crisi si abbatte sui media di Skopje. In molti stanno chiudendo. Penalizzati i media di opposizione. Nel frattempo, il parlamento adotta una legge bollata dall’opposizione come faziosa. Quello che preoccupa però è l’assenza di una voce critica e obiettiva
Sembra che i media in Macedonia stiano andando di male in peggio. La tendenza non è certo nuova, ma non sta nemmeno diminuendo. I membri del nuovo parlamento, appena formato, non si erano ancora accomodati sui loro scranni che già avevano adottato una nuova legge sulle trasmissioni radio-televisive. La legge prevede un aumento dei membri del Consiglio per le Trasmissioni Radio-Televisive, cambiandone di conseguenza le modalità di amministrazione.
L’opposizione ha criticato la manovra e sostiene che il governo voglia assumere il controllo del potente organo di regolamentazione, riempiendo i nuovi scranni di parlamentari faziosi. I parlamentari appartenenti all’ala del VMRO DPMNE hanno prontamente ribattuto che l’istituzione era già faziosa in sé, visto che al momento il suo presidente è un membro attivo dell’opposizione.
Tuttavia, non è tanto la nuova legge, ma il modo in cui viene sostenuta, senza interpellare nessuno dei media macedoni né lo stesso Consiglio, a suscitare perplessità. Alle obiezioni sollevate dai rappresentanti dei media e dai think-tank il partito di governo si è limitato a ribattere sostenendo che gli argomenti "erano simili" a quelli portati avanti dall’opposizione.
Chiudono i giornali di Ramkovski
All’inizio del mese, e precisamente il 2 luglio, i tre quotidiani Vreme, Shpic e Koha e Re, parte dell’impero del potente Velija Ramkovski sono usciti per l’ultima volta. L’Agenzia delle Entrate ha infatti scoperto un buco di in 1 milione di euro nei pagamenti di imposte arretrate. Siccome non potevano pagare, i quotidiani sono stati costretti a chiudere. Circa 150 giornalisti hanno perso il lavoro. La chiusura dei giornali è stato un ulteriore shock dopo la serrata governativa del gruppo Ramkovski, motivata, secondo molti analisti, dalla sua vocazione fortemente anti-governativa.
Il principale canale di Ramkovski, il canale nazionale A1 TV, potrebbe avere lo stesso destino, giacché l’Agenzia delle Entrate pretende dal canale televisivo il pagamento di 10 milioni di euro di tasse arretrate. La scorsa settimana i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, con l’aiuto dei corpi speciali di polizia, hanno sequestrato alcuni veicoli di proprietà di A1. Ramkovski è detenuto da dicembre a causa di svariate accuse connesse a presunti crimini finanziari, e il suo processo è appena cominciato.
Ai primi di luglio, il quotidiano d’opposizione Utrinski vesnik, parte del gruppo di testate macedoni di proprietà della tedesca WAZ (insieme a Dnevnik e Vest), ha licenziato diversi giornalisti e annunciato il taglio di altre unità a causa di difficoltà finanziarie. Si mormora inoltre che il giornale potrebbe addirittura chiudere. Un mese prima, il settimanale d’opposizione Globus, anch’esso fortemente critico nei confronti del governo, ha dichiarato bancarotta.
In risposta alla situazione generale dei media in Macedonia, i giornalisti hanno organizzato proteste nel centro della capitale Skopje nei primi mesi di luglio.
È normale che i media che non riescono a pagare le bollette chiudano. È altrettanto giusto che i proprietari di giornali e televisioni e le loro società paghino le tasse come chiunque altro. Eppure è sintomatico che i media nei guai in Macedonia siano sistematicamente quelli di opposizione.
La svolta di Dnevnik
Nel mese di aprile, Dnevnik, il quotidiano più influente del paese, anch’esso parte del gruppo WAZ, ha subito una trasformazione piuttosto interessante. Il quotidiano ha sempre mantenuto una posizione indipendente, ugualmente critica di tutti i governi. Negli ultimi due anni, Dnevnik è entrato in un confronto aperto con il governo guidato dal VMRO. O meglio, il governo ha aperto un contenzioso con Dnevnik. Ai primi di aprile il caporedattore, Sasho Kokalanov, fortemente critico del governo, è stato sostituito. Tutti i principali redattori pro-opposizione hanno abbandonato il giornale. Il quotidiano ha cambiato linea praticamente da un giorno all’altro, ed è diventato filo-governativo in maniera quasi imbarazzante. “Lo compro ancora per inerzia” afferma un osservatore “ma non riesco a leggerlo”.
Secondo alcuni analisti, Dnevnik ha cambiato linea anche per motivi finanziari. Il governo capeggiato dal VMRO, con le sue continue campagne pubbliche su temi come l’amore per la patria e le conseguenze negative dell’aborto, è diventato il maggiore inserzionista sul mercato. Ai tempi in cui criticava il governo infatti, Dnevnik aveva perso le pubblicità governative profumatamente pagate. L’improvvisa conversione di Dnevnik tuttavia ha fatto sì che un’ampia fetta di pubblico macedone abbia perso un giornale autenticamente indipendente.
Manca una voce obiettiva e indipendente
Più che la chiusura di qualche organo di informazione (che forse erano effettivamente troppi per un mercato di soli due milioni di persone) ciò che preoccupa maggiormente è, purtroppo, la crescente difficoltà di trovare una voce autenticamente indipendente nel rumore generale. Praticamente tutte le TV e i giornali sembrano agire in base a un programma, solitamente fazioso, che viene seguito ciecamente, a volte in maniera davvero spudorata.
Il primo ministro Nikola Gruevski senza dubbio governa con mano pesante. È preoccupante osservare come lo spazio per il dissenso in Macedonia si contragga sempre più. Ma ciò che alcuni facevano su A1 era una triste parvenza di giornalismo. Lo stesso dicasi del suo alter ego filogovernativo, Sitel TV.
La politica e gli interessi privati dei proprietari hanno avuto un’influenza tale sui media negli ultimi anni che è diventato difficile trovare una vera notizia, per non parlare di un’opinione obiettiva. I giornalisti sostengono che il loro lavoro è davvero duro da portare avanti in un posto come la Macedonia. Il che, probabilmente, è vero, ma molti di loro non sembravano obbligati a farlo.
Molti degli attuali eventi sono riconducibili al declino dell’impero dei media di Ramkovski. Alcuni alla mancanza di standard di etica professionale. L’incapacità dell’attuale leadership di accettare il dissenso è sicuramente un’altra concausa.
Fino a 16-17 anni fa, in Macedonia non esisteva la libertà di stampa, un retaggio dell’epoca comunista. In seguito, lo spazio dei media si è aperto e il settore ha subito una vera e propria impennata. Sono fiorite decine di testate cartacee e online, sono stati creati migliaia di posti di lavoro. Questi forse sono solo segnali di un surriscaldamento, temporaneo, si spera. Tuttavia, occorre adottare misure correttive. Forse la verità emerge dal confronto di opposti interessi che illustrano soltanto il proprio punto di vista. Ciò nonostante, il cittadino ha bisogno anche di una voce che dica le cose come stanno.