Majorino: sui diritti dei migranti serve responsabilità condivisa

Con la sospensione del budget di Frontex e l’avvio di una commissione parlamentare per fare luce sulle presunte violazioni dei diritti umani nei respingimenti illegali alle frontiere europee, il Parlamento europeo afferma la volontà politica di occuparsi dei diritti dei migranti. Ne parliamo con l’eurodeputato Pierfrancesco Majorino

20/05/2021, Rossella Vignola -

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Pierfrancesco Majorino (© European Union 2019 – EP/Marc Dossmann )

Lei è stato in missione lungo la rotta balcanica nel gennaio scorso e sta partecipando ai lavori parlamentari sul Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. Qual è l’orientamento del PE su questa riforma e quali i punti più critici?

Il Parlamento europeo ha iniziato a discutere del Nuovo Patto sulla migrazione da alcuni mesi. Vedremo l’esito di un confronto complesso, su di una materia che sin qui, credo, è stata affrontata in maniera deludente dai singoli stati membri e spesso, purtroppo, anche dalle istituzioni europee.

Per quel che mi riguarda credo che il Patto sia da cambiare radicalmente. Intanto vi è un sapore di fondo insopportabile: l’immigrazione viene sempre vista e vissuta come un danno da ridurre, ci si dimentica che siamo di fronte a persone in carne ed ossa e la logica mi pare essere quella della progressiva e insistita esternalizzazione dei confini.

La cosa può avvenire attraverso strade diverse.

Si può realizzare un accordo complesso e lautamente retribuito come quello fatto con la Turchia, si possono creare i micidiali campi libici o si può scegliere di non scegliere lasciando, in sostanza, le persone nel limbo, come accade in Bosnia Erzegovina, ma alla fine il punto è comunque sempre lo stesso. Sinceramente mi auguro che l’Europa coltivi meno l’ossessione dei respingimenti e della difesa della “fortezza assediata” ma investa di più sulla creazione di canali legali d’accesso, sulla libera circolazione interna, sulla cooperazione nella condivisione di una responsabilità. Quella dell’accoglienza. Ovvio che poi tutto questo non basta. Serve insistere sul sostegno allo sviluppo e su politiche di cooperazione che permettano di creare nel tempo una ragionevole alternativa a voler abbandonare il proprio luogo d’origine. 

Dunque, al momento, non posso che dire una cosa: la partita è tutta aperta. Certo che, se giudico da alcune delle reazioni negative agli appelli alla solidarietà rivolti dall’Italia in questi giorni a fronte della ripresa degli arrivi dal Mediterraneo, non posso essere molto ottimista.

Il PE, nel suo ruolo di controllo sul bilancio dell’Unione, il 29 aprile  scorso ha deciso di sospendere l’approvazione del budget dell’Agenzia europea Frontex. Qual è il significato politico di questa bocciatura? A quali condizioni il PE approverà il bilancio di Frontex?

Il Parlamento, tecnicamente, ha sin qui deciso di posticipare l’approvazione del cosiddetto “discarico” riguardante Frontex. In altre parole ha deciso di non dare un via libera incondizionato alla gestione economica di un’Agenzia di cui vanno ridefiniti gli obiettivi e le responsabilità. Questo è dovuto ad una certa “opacità” riguardante il ruolo svolto sin qui dalla stessa Frontex. Con molta nettezza e in modo per me molto opportuno, dunque, il Parlamento Europeo ha scelto di vederci chiaro.

Siamo di fronte a numerose ipotesi riguardanti il ruolo attivo che Frontex avrebbe svolto in azioni di respingimento alle frontiere , azioni palesemente illegali.  Cose, queste, non compatibili con i valori europei e perfino contrastanti con il regolamento dell’Agenzia. Il via libera verrà dato quando sarà conclusa la ricostruzione dei fatti e quando verrà fatta piena luce sul ruolo di Frontex e sulle sue responsabilità. Di questo si sta occupando anche OLAF (Ufficio europeo per la lotta anti-frode) e il Mediatore Europeo (il Difensore civico a livello europeo).

Frontex è sotto osservazione da parte del PE: lo scorso gennaio , la commissione LIBE ha promosso la creazione di un Gruppo di lavoro e di indagine sull’operato dell’Agenzia, il Frontex Scrutiny Working Group. Quali sono i motivi che hanno spinto alla creazione di questa commissione?

La commissione LIBE credo si sia mossa assai correttamente. Si è dotata di un gruppo di lavoro, nato grazie all’impulso del nostro gruppo politico [S&D] proprio perché si è di fronte alla necessità di andare fino in fondo nella ricostruzione della verità e di rilanciare Frontex secondo il proprio ruolo originario.

Si tenga conto che l’articolo 46 dello Statuto di Frontex prevede la sospensione di una missione nel caso di possibili violazioni dei diritti umani. Visto che, ripeto, siamo di fronte a sospetti molto pesanti, si è deciso di intervenire. Non solo, ricordo che come Socialisti e Democratici abbiamo fatto anche di più, chiedendo le dimissioni del Direttore di Frontex , Fabrice Leggeri, ben prima dell’avvio del gruppo di lavoro. Peraltro, a conferma dei sospetti su di una scarsa propensione a valutare essenziale e irrinunciabile la questione del rispetto dei diritti umani da parte di chi dovrebbe invece averli al centro della propria azione, registro il ritardo con cui Frontex sta procedendo nel fare le adeguate assunzioni di personale specializzato per quella parte della propria struttura dedicata al monitoraggio del rispetto dei diritti umani. Non dico che vi sia per forza un calcolo preciso. Ma che le cose non funzionino come dovrebbero è palese.

Cosa ha fatto fino ad ora questo gruppo di lavoro e cosa intende fare fino alla scadenza del suo mandato, a giugno 2021?

Il gruppo di lavoro sta ascoltando la Commissione europea, la stessa Agenzia Frontex, numerosi esperti ma anche giornalisti e rappresentanti della società civile. Sarà operativo effettivamente fino a giugno 2021 e produrrà una relazione che avrà due obiettivi: ricostruire i fatti con puntualità e, indicando quello che non ha funzionato, tracciare la strada per un profondo cambiamento nel mandato. Si tenga conto che non si tratta di una commissione d’inchiesta vera e propria dunque i poteri sono limitati ma comunque essenziali.  

Siamo di fronte alla conferma della volontà politica del Parlamento europeo di non voltarsi dall’altra parte.

Dalla rotta mediterranea a quella balcanica, l’Italia è al centro della questione migratoria in Europa: come mai non c’è nessun parlamentare italiano nel gruppo di lavoro?

Il gruppo di lavoro prevede la presenza di soli due componenti per Gruppo politico . Non lo ritengo dunque un grande problema e tra i Socialisti e i Democratici vi è sulla partita migratoria una grande collaborazione.

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