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Macroregione Adriatico-ionica: potenzialità e limiti
Se la Macroregione Adriatico-ionica vuole essere una strategia per il rilancio di una regione ai margini il dialogo tra apparati politico-amministrativi non può bastare. Serve un ampio dibattito pubblico per dare stimolo all’azione politica su questioni urgenti e di comune interesse. Un approfondimento
A luglio prende avvio il semestre italiano di presidenza dell’Ue durante il quale verrà lanciata dalle istituzioni europee la Strategia Europea per la Macro-regione Adriatico-ionica (Eusair). Per tutti i territori coinvolti si tratta di un’opportunità significativa per affrontare insieme nodi comuni che spaziano dalla tutela ambientale allo sviluppo delle reti energetiche ma soprattutto per lavorare al complessivo rilancio economico della regione.
La Macroregione è uno strumento comunitario nato meno di 5 anni fa, con il primo esperimento nel Mar Baltico, allo scopo di favorire la partecipazione al processo decisionale non solo degli stati ma anche di regioni, enti locali, società civile, in aree circoscritte dello spazio europeo.
Del resto, dalla fine della Guerra Fredda questioni quali la sostenibilità ambientale o energetica, la migrazione, lo sviluppo economico, hanno continuato a stimolare l’interesse degli enti locali a farsi protagonisti di iniziative transnazionali per affrontare in modo efficace questioni condivise.
Insieme, Italia e Balcani
Per gli enti locali italiani il sud-est Europa è stato il primo interlocutore e naturale alleato di questa crescente ambizione politica. Oggi i rapporti transnazionali tra Italia e Balcani beneficiano della cornice offerta dall’Ue e dalla sua governance multi-livello visto che il processo di integrazione nel medio periodo dovrebbe portare tutti i paesi della regione nello spazio politico europeo.
La costruzione della Macroregione Adriatico-ionica fornisce dunque uno strumento ulteriore al dialogo e all’iniziativa politica coinvolgendo: gli enti locali italiani che si affacciano sui due mari, tre paesi membri dell’Ue (Slovenia, Croazia e Grecia), 3 paesi candidati all’integrazione (Albania, Montenegro e Serbia) e un potenziale candidato (Bosnia Erzegovina).
Gli obiettivi indicati dal piano d’azione di Eusair sono: la cosiddetta crescita blu volta a contrastare lo sfruttamento eccessivo della pesca; il rafforzamento delle reti dei trasporti e dell’energia; la qualità ambientale visto l’inquinamento di fiumi e mari; e il turismo sostenibile. La Strategia verrà presenta dalla Commissione Europea a breve e il Consiglio europeo dovrebbe approvarla nel corso dell’autunno prima della fine della presidenza italiana.
Contro la marginalizzazione
Come evidenzia il centro studi Cespi in un suo recente paper dedicato all’Eusair una ragione fondamentale per sfruttare il nuovo strumento comunitario è quello di combattere la marginalizzazione economica che tutti i paesi delle regione stanno vivendo. Le previsioni sul futuro di tutta la regione, il lato italiano incluso, sono infatti alquanto fosche con proiezioni preoccupanti circa l’ulteriore declino industriale, la marginalizzazione rurale e l’assenza di infrastrutture adeguate a sostenere un’inversione di tendenza.
Se questi paesi sono accomunati dalle difficoltà economiche, tuttavia, si deve fare i conti anche con il forte divario tra loro. Tanto più importante quindi la possibilità offerta dalla Macroregione, strumento della politica di coesione territoriale dell’UE, volto a riequilibrare le disparità economiche, sociali e territoriali tra regioni europee.
E’ lo stesso Cespi ad evidenziare però che, data la crisi che l’Unione europea sta attraversando, alcuni paesi balcanici temono che la Macroregione divenga un surrogato della loro piena integrazione e non uno strumento aggiuntivo. E’ indubbio infatti che nessuno dei paesi candidati diventerà stato membro dell’Ue a breve.
E’ altrettanto vero però che l’allargamento dell’Ue prosegue, lontano dai riflettori dei media, e negli ultimi due anni si sono fatti significativi passi avanti quali l’ingresso della Croazia, l’apertura dei negoziati per l’integrazione con la Serbia e l’approvazione dello status di paese candidato dell’Albania.
Utile volano anche senza risorse proprie?
La questione centrale per l’Eusair è se riuscirà davvero ad agire come volano delle iniziative politiche transnazionali nella regione.
Il principale ostacolo a questo riguardo, come evidenzia il Cespi, è rappresentato dai tre veti posti da Bruxelles alle macroregioni ovvero: niente normative né istituzioni o risorse aggiuntive.
Evidentemente questa scelta pesa non poco sul loro sviluppo e va bilanciata con una forte iniziativa politica dei territori interessati anche solo per far convergere verso l’attuazione della strategia i programmi europei già esistenti (i fondi strutturali, gli Esi, gli Ipa etc).
Se la Macroregione del Mar Baltico e quella sorta poco dopo attorno al Danubio hanno dato segnali incoraggianti rispetto al potenziale di queste iniziative transnazionali, per la Eusair si tratta di una scommessa ancora tutta da vincere per la quale serve molto impegno a più livelli.
L’interesse c’è
E’ indubbio che spingere alla collaborazione livelli amministrativi disomogenei, attori diversi tra loro, soggetti privati e società civile sia un obiettivo ambizioso. Ma l’interesse che ciò avvenga c’è, come dimostrano le consultazioni messe in moto dalla Commissione europea per la formulazione della Strategia a cui hanno partecipato attivamente le camere di commercio, le organizzazioni di artigiani, i sindacati, le Ong e altri cosiddetti portatori di interessi.
Proprio a questo riguardo il Cespi nel suo studio evidenzia come uno dei limiti del processo Eusair sia la mancanza di una piattaforma transnazionale per la società civile, vista la vivacità delle relazioni e l’enorme capitale sociale transnazionale che si è creato negli anni con per protagonisti musei, centri studi, Ong che spesso esprimono la parte più avanzata delle rispettive società.
E’ importante evitare che la Macroregione costituisca solo uno strumento per facilitare l’incontro e lo scambio tra classi dirigenti politiche e amministrative. Anche questa dimensione ha la sua importanza – la debolezza istituzionale è uno degli ostacoli principali sulla via dell’armonizzazione della regione rispetto alle normative Ue – ma l’Eusair non si può limitare al dialogo tra apparati politico-tecnico-amministrativi tra l’altro tutti drammaticamente delegittimati agli occhi delle rispettive opinioni pubbliche. Altrimenti nella migliore delle ipotesi si dimostrerà capace solo di implementare progetti in ambiti circoscritti. Serve invece coinvolgere appieno le società civili dei paesi parte di Eusair.
Sfide comuni
In una regione segnata profondamente da divisioni e in cui manca un’identità comune, uno dei nodi da sciogliere che costituisce sia una precondizione sia uno scopo della strategia macroregionale è proprio quello del comprendere la comunanza delle sfide.
La guerra fredda ha creato una profonda frattura nel Mediterraneo adriatico e ionico e le guerre degli anni ’90 non hanno certo contribuito a rinsaldare i legami nella regione. Allo stesso processo di integrazione europea della regione si frappongono i molti e complessi contenziosi bilaterali.
Tanto più quindi, se si vuole rendere vivo uno strumento come l’Euroregione ed evitare che sia relegato a sua volta ai margini della politica nazionale-europea-internazionale, è fondamentale dare centralità nel dibattito pubblico ai molti temi scottanti su cui lavorerà l’Eusair, dal ritardo infrastrutturale nella regione ai problemi ambientali.
La presa d’atto collettiva dell’urgenza di trovare al più presto soluzioni comuni è necessaria per dare stimolo all’azione politica e successivamente contribuirà al necessario monitoraggio delle politiche pubbliche che saranno adottate.