Macedonia, simboli religiosi dividono su linee etniche
A Skopje la costruzione di una chiesa ha acceso la tensione fra le diverse etnie che convivono nella capitale della Macedonia. Dietro gli scontri e gli atti di protesta si nascondono però i diversi progetti politici di VMRO e DUI, i due partiti oggi al governo. Un esempio di come una leadership politica può contribuire a provocare tensioni interetniche
Lo scorso fine settimana a Skopje è trascorso tranquillamente, ma sotto la pesante presenza della polizia. Le previsioni di nuovi scontri tra gruppi di giovani in contrasto per motivi etnici e religiosi, non si sono avverate. La polizia ha praticamente isolato la vasta area attorno alla Kale (la Fortezza di Skopje) temendo una ripetizione degli eventi del fine settimana precedente (13 febbraio), quando otto persone sono rimaste ferite negli scontri tra due gruppi, uno macedone, l’altro albanese, di ultrà.
Il motivo dello scontro è sempre lo stesso: un simbolo, la costruzione di una chiesa. Questo non è che l’ultimo episodio di una lunga serie di scontri sui simboli religiosi che sta avendo luogo ultimamente nel Paese. Secondo molti osservatori, la principale fonte di questa tensione è il fanatico fervore religioso di alcune frangie della leadership della VMRO-DPMNE, il partito di destra al potere.
Alla fine di gennaio l’Unione democratica per l’integrazione (DUI), il partner di minoranza nel governo guidato dalla VMRO, ha messo in atto una protesta contro il recente tentativo di costruire una chiesa sull’area della Kale, un monumento storico di epoca romana ed ottomana. La Kale si trova nel pieno centro di Skopje, ma nella municipalità di Chair controllata dagli albanesi.
Il DUI ha detto che non l’avrebbero avuta. I manifestanti hanno chiesto che la costruzione fosse bloccata. Il motivo è la probabile sensazione di minaccia di fronte alla diffusione di simboli cristiani avvenuta negli ultimi tempi in Macedonia. Sensazione condivisa da molti cristiani di fronte alla costruzione di nuove moschee.
In risposta, il Dipartimento per la protezione del patrimonio culturale (DPEC), responsabile del progetto, ha affermato che ne avrebbe sospeso i lavori finché la tensione non fosse scemata. Il capo del DPEC, Pasko Kuzman, archeologo appassionato e alquanto eccentrico, è uno degli uomini di punta del governo del VMRO nel progetto di rinascita nazionale(-ista). Nonostante la promessa di fermare la costruzione, sembra che essa sia continuata. Secondo i media, i lavori sarebbero stati portati avanti di notte.
Scontri sulla Kale
Poi la sera dell’11 febbraio, un gruppo di cittadini (probabilmente di etnia albanese), inclusi diversi alti funzionari della DUI, tra i quali il sindaco di Chair e il vice ministro dell’Interno Xhevat Buchi, hanno preso d’assalto le fondamenta della futura chiesa e ne hanno demolito l’intelaiatura di ferro. L’evento è stato filmato ed è arrivato a tutte le emittenti televisive. Anche la polizia era presente, ma non ha reagito. Il vice ministro era dalla parte dei responsabili. La DUI (il successore politico della guerriglia armata che diede vita alla guerra etnica del 2001 in Macedonia) ha mostrato al proprio partner di governo di fare sul serio.
Gli spiriti si sono infiammati. I macedoni hanno condannato l’arrogante dimostrazione di mancanza di rispetto per lo stato di diritto. Le istituzioni controllate dal VMRO hanno sostenuto che la struttura non fosse una chiesa, ma un monumento alla cultura e che sia stato compiuto un atto di vandalismo. Gli albanesi hanno replicato che, in realtà, il vero atto di vandalismo è l’imposizione di simboli. La Comunità islamica, organo supremo dei musulmani nel Paese, ha accusato il governo di promuovere il cristianesimo come religione di Stato. Anche i macedoni laici potrebbero essere d’accordo con questa affermazione, ma essi sono stati comunque offesi dalla dimostrazione di bruta mancanza di rispetto da parte albanese…e così via. È in questo modo che inizia un conflitto.
Responsabilità politiche
I probabili colpevoli sono rimasti in silenzio. Sia il primo ministro Nikola Gruevski che il leader della DUI Ali Ahmeti hanno evitato di fare commenti dai toni drammatici. Purtroppo, il danno era già stato fatto. Due giorni dopo, dei giovani, quelli a favore della chiesa e quelli contrari, si sono scontrati sulla Kale. Otto sono stati feriti, uno dei quali grave è stato ricoverato in ospedale. Un incidente simile (sulla costruzione di una chiesa) era già successo un paio di anni fa sulla piazza principale di Skopje. All’epoca entrambe le fazioni erano però composte da macedoni.
Il seguito dello scontro, ampiamente annunciato nei social media, fortunatamente non ha avuto luogo questo fine settimana. L’episodio potrebbe essere un buon caso studio del ruolo della leadership politica nel conflitto etnico. I giovani hanno semplicemente continuato lo scontro iniziato tra i partner della coalizione (in un freddo e infelice matrimonio di interesse), la VMRO e la DUI. I veri colpevoli, Gruevski e Ahmeti, si sono nascosti dietro appelli alla moderazione e dichiarazioni di circostanza sulla necessità di mantenere buone relazioni etniche.
La DUI ha alimentato la tensione mostrando un atteggiamento aggressivo, ma potrebbe averlo fatto perché si è sentito pressato od offeso dai suoi partner di governo. Inoltre, dire una cosa e farne un’altra è ormai diventato un tratto caratteristico dell’attuale leadership politica della VMRO.
Anche in passato sono state costruite chiese a "Chair", così come in altri luoghi in cui gli albanesi sono la maggioranza, e non ci sono stati problemi. Il problema ora è che il tentativo è percepito come politico, promosso dal governo. Inoltre, si tratta di un progetto coerente, continuo. Si fosse trattato di un’unica chiesa, bene. Ma l’argomento ha praticamente dominato il dibattito pubblico negli ultimi due anni.
Oltre tutto, il suo simbolismo, il modo in cui il governo lo sta incoraggiando, è di stampo autoritario, come la Comunità islamica ha giustamente sottolineato. La fede è una buona cosa, ma dovrebbe essere praticata in privato. La Macedonia è sia laica che multiculturale. Anziché predicarla, i leader politici dovrebbero praticarla, la moderazione.