Macedonia: la ricerca del compromesso

Manifestazioni dell’opposizione e contro manifestazioni del governo. Nikola Gruevski e Zoran Zaev, premier il primo e leader dei Socialdemocratici il secondo, sembrano non disposti al compromesso, nemmeno con la mediazione internazionale. Ma un accordo tra le parti è quanto mai auspicabile

22/05/2015, Ilcho Cvetanoski -

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Porta Makedonija (foto OBC)

Né gli incontri fra i quattro leader dei maggiori partiti politici né i recenti raduni nella capitale Skopje hanno offerto alcuna soluzione per le turbolenze politiche che segnano la Macedonia in questi giorni.

Nel giro di due giorni, i cittadini hanno assistito a due grandi raduni: domenica 17 maggio, la manifestazione anti-governativa organizzata dal principale partito di opposizione, l’SDSM; il giorno dopo, quella filogovernativa organizzata dal partito di governo VMRO-DPMNE.

Nel frattempo si sono svolti due incontri a porte chiuse fra i quattro leader dei maggiori partiti politici di governo – Nikola Gruevski (VMRO-DPMNE) e Ali Ahmeti (DUI) – e opposizione – Zoran Zaev (SDSM) e Menduh Thaci (DPA), con mediazione degli ambasciatori di Stati uniti e UE in Macedonia. Un terzo incontro è programmato per il prossimo 26 maggio.

Inoltre, Gruevski e Zaev si sono incontrati in Francia martedì 19 maggio, in colloqui mediati dai parlamentari europei a Strasburgo, e hanno incontrato Johannes Hahn, Commissario per la Politica europea di vicinato e negoziati per l’allargamento.

Dopo tutti questi eventi, ci si aspettava che il quadro si sarebbe chiarito. Tuttavia, finora, almeno in base alle informazioni rese pubbliche, non c’è luce alla fine del tunnel. Né Gruevski né Zaev mostrano alcuna volontà di compromesso. Zaev ha sottolineato che l’impasse durerà finché non si otterranno le dimissioni del governo conservatore e "libere elezioni", mentre il primo ministro Nikola Gruevski ha chiarito durante la manifestazione filogovernativa di lunedì sera che non si dimetterà.

Questione di numeri?

La giornata di martedì è stata dominata dalla domanda: quale raduno ha avuto più partecipanti? Per due giorni i media filogovernativi e di opposizione hanno giocato con le cifre per legittimare le rispettive posizioni, ma secondo fonti indipendenti entrambi i raduni contavano 50.000 partecipanti, dato che ha vanificato la guerra dei numeri.

Le manifestazioni sono state differenti per composizione, retorica e "motivazione" dei partecipanti. La protesta contro il governo era più diversificata: accanto ai membri del partito d’opposizione c’erano attivisti di ONG, persone di varie etnie e numerosi elettori indecisi o neutrali. La manifestazione del lunedì era invece principalmente composta da membri del partito di governo e dei partiti più piccoli in coalizione con esso.

I toni sono stati di fuoco da entrambe le parti. Zoran Zaev, leader dell’opposizione socialdemocratica, ha accusato Gruevski e il suo governo di aver rubato fondi pubblici facendo contemporaneamente sfoggio di patriottismo e ne ha chiesto le dimissioni: "Questo raduno dice una cosa: volente o nolente, lascerà. Il tempo è scaduto!".

Da parte sua, Gruevski ha accusato l’opposizione di mirare alla dittatura di una minoranza politica. "Queste persone stanno cercando le mie dimissioni senza il consenso del popolo. Il nostro messaggio a loro è: nessun ritiro, nessuna resa. La Macedonia è forte e vincerà. Noi vinceremo!".

Negoziati

Nel frattempo, a porte chiuse, i quattro leader dei maggiori partiti politici (Gruevski, Ahmeti, Zaev e Thaci), con mediazione degli ambasciatori di Stati Uniti e UE in Macedonia, si sono incontrati due volte, senza risultato. Ufficiosamente, nell’ultima riunione a Skopje Ahmeti avrebbe offerto un mini rimpasto di governo e tre posti nel nuovo esecutivo per l’opposizione. Dopo l’incontro Zaev ha dichiarato ai giornalisti che "ci sono alcune questioni da risolvere ancor prima di avviare i colloqui su qualsiasi problema".

Il suo partito continua a insistere sulla formazione di un governo provvisorio senza Gruevski, che però rifiuta categoricamente di farlo. Analizzando le sue recenti dichiarazioni, è chiaro che egli ritiene di aver già pagato il prezzo politico con le dimissioni di Gordana Jankulovska (ministro degli Interni), Mile Janakieski (ministro dei Trasporti) e Saso Mijalkov, suo cugino e direttore dei servizi segreti.

Nemmeno i colloqui a porte chiuse a Strasburgo fra Gruevski e Zaev, durati circa 10 ore tra martedì e mercoledì mattina e mediati dai parlamentari europei Richard Howitt, Eduard Kukan, Ivo Vajgl, nonché dal Commissario europeo per la politica di vicinato Johannes Hahn, sono serviti a risolvere la crisi politica in Macedonia. In un comunicato stampa congiunto, i mediatori hanno "accolto con favore gli sforzi dei leader di partito per lavorare verso un accordo nell’interesse di tutti i cittadini del paese e per affrontare le sfide derivanti dalla crisi in conformità con gli standard europei" e sottolineato che ci sono state "discussioni franche sui punti fondamentali della contesa" e che tutte le parti "hanno convenuto di mettere al primo posto l’interesse del Paese".

Exit strategy

I politici hanno due opzioni: risolvere la crisi politica nel più breve tempo possibile tenendo fede all’impegno "a mettere al primo posto l’interesse del Paese" o lasciare che le tensioni continuino a crescere.

Secondo numerosi analisti, questi incontri hanno lo scopo di trovare una via di uscita da questa situazione, ovvero evitare conseguenze giudiziarie per i principali attori: per Zaev, le accuse di presunta cospirazione con un servizio di intelligence straniero per rovesciare il governo; per Gruevski, la possibilità di essere perseguito per presunti illeciti commessi durante il suo governo.

Le manifestazioni non hanno portato alcun vantaggio a nessuna delle due parti. Gruevski sta giocando la sua carta migliore, +200.000 voti dalle ultime elezioni parlamentari del 2014, mentre Zaev conta sull’ampio sostegno da parte di varie componenti della società e non solo del suo elettorato.

Finora, il tempo ha dimostrato che Gruevski può contare anche sulla lealtà di Ahmeti. Pur essendo dipinto come un nazionalista, nel suo governo si è dimostrato un abile opportunista che usa i metodi e il linguaggio che funzionano meglio con le masse. Se Gruevski fosse un nazionalista puro, alcune delle sue mosse politiche sarebbero inspiegabili: ad esempio, il suo diretto coinvolgimento in un accordo politico finalizzato ad amnistiare i sospetti in quattro casi di crimini contro l’umanità e crimini di guerra risalenti al conflitto del 2001 tra le forze di sicurezza macedoni e gli insorti albanesi, i cui leader più tardi formarono il partito DUI. In tutti e quattro i casi, i sospetti principali erano albanesi. Questa e molte altre concessioni possono spiegare la lealtà di Ahmeti, perché lui è la chiave per la governance di Gruevski. Se Ahmeti lasciasse il governo, non ci sarebbe maggioranza di governo per Gruevski.

Gruevski, che ha vinto consecutivamente le elezioni dal 2006, è anche sostenuto dal crescente euroscetticismo tra i macedoni. La Macedonia è paese candidato dal 2005, ma deve ancora cominciare i negoziati di adesione a causa dell’opposizione dalla Grecia, che le nega il diritto di utilizzare il nome Macedonia per il conflitto con l’omonima regione settentrionale greca. Anche lui sta usando i sentimenti patriottici dei macedoni, tenendo presente che quasi ogni paese vicino ha una questione aperta per quanto riguarda la Macedonia – la questione del nome, la lingua, la fede, l’integrità territoriale. È per questo che Gruevski utilizza ripetutamente il "nemico straniero" e i "servizi di intelligence stranieri" nel tentativo di screditare l’opposizione.

La storia dimostra che in Macedonia non si prendono grandi decisioni senza la mediazione UE e USA. La mediazione straniera sarà quindi necessaria nei futuri negoziati. Le uniche cose positive emerse da tutto questo sono il carattere etnicamente misto della protesta dell’opposizione e quello pacifico di entrambe le manifestazioni. Ora è il momento per i politici di crescere e raggiungere un accordo.

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