Macedonia: la forza della persuasione

La disputa sul nome con la Grecia ha bloccato in questi anni l’integrazione della Macedonia in molte organizzazioni internazionali. A seguito di una recente decisione della Corte internazionale di giustizia dell’Aia forse qualcosa cambierà

12/12/2011, Risto Karajkov - Skopje

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(_Blume/flickr)

Lunedì 5 dicembre la Corte internazionale di giustizia (CIG) dell’Aia si è espressa sul veto di Atene all’entrata di Skopje nella NATO, posto nella primavera 2008. La CIG ha rilevato che il veto violava l’Accordo ad interim firmato nel 1995. La decisione è stata raggiunta con la schiacciante maggioranza di 15 a 1: il voto contrario era quello del giudice ad hoc greco.

L’Accordo del 1995, che normalizzava le relazioni fra i due Paesi e poneva fine all’embargo greco, impegnava Atene a non ostacolare l’integrazione di Skopje nelle organizzazioni internazionali. Ciononostante, e nonostante la forte opposizione degli Stati Uniti, la Grecia aveva posto il veto all’entrata della Macedonia nella NATO al summit di Bucarest del marzo 2008. Le altre due candidate della regione, Croazia e Albania, erano state ammesse nel club. A novembre dello stesso anno, la Macedonia aveva fatto ricorso alla CIG.

Sconfitta greca

Tre anni dopo, la decisione della CIG rappresenta una vittoria lampante per la Macedonia e una chiara sconfitta per la Grecia. Il verdetto è stato così inequivocabile da spiazzare persino qualcuno fra i legali di Skopje, secondo voci della stampa. Infatti la Corte, secondo gli esperti, è solita calibrare con prudenza le proprie decisioni.

In questo caso, invece, la Corte ha accettato gli argomenti della Macedonia e respinto tutti quelli della Grecia. Atene ha negato la giurisdizione della CIG e sostiene che non c’è stato veto al summit NATO di Bucarest. Inoltre, secondo Atene, anche Skopje aveva violato l’Accordo usando antichi simboli che la Grecia considera un’esclusiva del proprio patrimonio culturale (Skopje è tenuta ad astenersi dall’uso di simboli culturali che la Grecia considera propri). Secondo la CIG, l’unico uso documentato di un simbolo (il Sole di Vergina) fino al 2008 (ma da allora ce ne sono stati molti altri) non è sufficiente a concludere che la Macedonia abbia violato i propri obblighi.

Euforia macedone

In Macedonia l’atmosfera è a dir poco euforica. I media festeggiano. I politici hanno facce insolitamente allegre. I leader politici ripetono in concertata unanimità che la decisione della Corte non deve dare adito a scomposti festeggiamenti. “Non dobbiamo guardare a chi ha vinto e chi ha perso, ma concentrarci sui principi e sugli obiettivi comuni espressi dall’Accordo”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Nikola Poposki dopo l’annuncio all’Aja.

Secondo l’ex ministro degli Esteri Antonio Milososki, attualmente parlamentare, che aveva avviato il ricorso durante il proprio mandato, “a Bucarest nel 2008, la Macedonia era stata sconfitta dalla persuasione della forza; all’Aia nel 2011, ha vinto con la forza della persuasione”. Tuttavia, anche Milososki ha interpretato la parte del vincitore magnanimo dichiarando che, nonostante il suo significato storico, la decisione non è una questione “di vincitori e vinti, ma della preservazione dell’Accordo come base delle relazioni fra Grecia e Macedonia”.

Cambia qualcosa?

Ora la questione principale riguarda l’impatto della decisione. Riuscirà a sollevare il veto greco all’entrata della Macedonia nella NATO e nell’Unione europea? Candidata dal 2005, la Macedonia ha ricevuto la raccomandazione dell’Unione europea ad avviare i negoziati nel 2009, ma non può procedere a causa del veto greco nel Consiglio europeo. Dopo la risoluzione, il presidente Gjorgji Ivanov ha invitato la Grecia a rispettare la decisione e il primo ministro Nikola Gruevski si è recato urgentemente a Bruxelles per incontrare il presidente UE Herman van Rompuy e sottolineare l’aspettativa che non solo la Grecia, ma anche gli altri Stati membri rispettino il verdetto della Corte.

Le opinioni degli esperti variano: secondo alcuni, si tratta di una vittoria meramente simbolica; secondo altri, di un dato di forte peso giuridico e morale nell’ambito della diplomazia internazionale. I media macedoni hanno citato il giurista di livello internazionale Stefan Talmon, che ha dichiarato a Deutsche Welle che “un Paese non può ignorare una decisione della Corte senza crearsi problemi”. Secondo Talmon, anche se la CIG non dispone di un meccanismo per attuare i propri pronunciamenti, il “livello di aderenza alle decisioni della CIG supera quello di aderenza alle decisioni delle corti nazionali”.

Tuttavia, la CIG non ha accettato la richiesta della Macedonia di ordinare direttamente alla Grecia di non ostacolare l’ingresso di Skopje nelle organizzazioni internazionali. La spiegazione della CIG è stata che “di norma, non c’è motivo di supporre che uno stato la cui condotta è stata dichiarata scorretta dalla Corte la ripeterà in futuro, poiché ne va presupposta la buona fede”.

Finora, l’unico commento in merito arrivato dai rappresentanti UE è stato che le decisioni della Corte non si commentano. Paul Wohlers, ambasciatore statunitense in Macedonia, ha ripetuto lunedì che una soluzione condivisa alla disputa sul nome è necessaria perché la Macedonia possa entrare nella NATO. Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato USA, ha dichiarato martedì che, come sempre accade con i testi giuridici, al governo servirà un po’ di tempo per studiare il documento.

Vincolante solo per le parti

Alcuni esperti evidenziano uno stringato argomento giuridico: la decisione della CIG è vincolante solo per le due parti in causa. Terze parti come la NATO o l’UE non sono vincolate. Per quanto vero giuridicamente, sembra un ragionamento di dubbio carattere etico.

La realpolitik sarà pure il capo dominante nel guardaroba delle relazioni internazionali, ma non è l’unico. Per quanto limitato, c’è spazio per una visione etica. Senz’altro ci vorrà del tempo per valutare l’impatto della risoluzione, ma potrebbero esserci anche conseguenze a breve termine. Adottare una posizione di superiorità morale è lo sport preferito di molti funzionari UE quando si relazionano con i Paesi candidati, e la Macedonia non fa eccezione. D’ora in poi, questo sarà un po’ più difficile quando si tratterà della principale questione che blocca l’accesso di Skopje.

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