Macedonia, intervista con Pasquale Lupoli (IOM)
Il nostro dossier sul traffico di esseri umani si arricchisce con un’intervista a Pasquale Lupoli, capo missione dell’ufficio macedone della IOM
Tutti sappiamo bene come è la storia. Di solito abbiamo una giovane e attraente ragazza di qualche parte dell’Europa dell’Est che ha perso qualsiasi illusione circa la possibilità di condurre una vita migliore nel proprio paese.
Poco dopo, appare dal nulla un misterioso straniero (in alcuni casi un’intera agenzia per l’impiego) che promette lavoro, soldi, forse anche un matrimonio con un distinto signore del prosperoso Occidente…
Due settimane dopo, la stessa ragazza è in qualche bordello dei Balcani (di solito malamente camuffato da caffè-bar), senza passaporto o documenti, mentre beve un pessimo champagne e offre servizi sessuali ad una varietà di clienti. Essere una "ballerina esotica", in queste circostanze, è un privilegio solo per poche. Nel frattempo, è stata venduta più volte ad una cifra sempre maggiore, ripetutamente violentata e picchiata dallo stesso misterioso straniero.
Finalmente, un giorno, la polizia effettuerà un raid nel caffè-bar, libera la ragazza e la rispedisce da qualche parte in Romania, da dove è entrata la prima volta. Tristemente, le cose si succedono velocemente, la ragazza farà ritorno nello stesso giro, cercando un’altra opportunità nel viaggio verso la promessa ricchezza dell’Occidente.
Il suo magnaccia (nel caso macedone il suo nome è Leka Bojku, del villaggio di Veleshta) sarà arrestato e poi condannato a soli sei mesi di prigione, a dispetto del fatto che una delle vittime di questo orribile commercio abbia fornito una convincente testimonianza.
Questi sono alcuni dei problemi con cui si confronta, da parecchi anni, Pasquale Lupoli, il capo missione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM – International Organization for Migraction), la parte più visibile della rete di organizzazioni (internazionali e locali) impegnate nello sforzo della lotta al trafficking. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di Skopje.
—————
OB: Signor Lupoli, ci potrebbe offrire un quadro delle attività della IOM riguardanti il traffico di esseri umani, in particolare delle donne?
Lupoli: La IOM è stata impegnata nella lotta al trafficking in tutto il mondo per oltre 12 anni. Durante gli ultimi quattro anni siamo stati molto impegnati nella regione del Sud Est Europa. Per una serie di motivi. Tutti i cambiamenti delle frontiere e delle configurazioni politiche hanno creato un incremento notevole della mobilità delle persone. Questa è stata associata con le guerre e i conflitti civili, ed ha comportato un maggiore spostamento di persone. Ciò, per certi versi, implica chiaramente il fenomeno del traffico di esseri umani. Nel senso che vi trova tutti i possibili ingredienti per crescere. La mobilità delle persone, la relativa facilità nell’attraversamento delle frontiere dell’area, le quali non sono perfettamente sorvegliate e nel dovuto modo, e poi direi, una diffusa presenza internazionale, l’ampia presenza militare cioè di denaro, così come movimenti di soldi. In più, ciò aggiorna la rete di attività criminali che erano già concentrate in passato nel contrabbando tra le frontiere, dalle sigarette alle armi, droga, ed ora nel contrabbando di persone, nel traffico di esseri umani.
Tutto ciò ha subito un’escalation rapida e vi abbiamo assistito. Abbiamo iniziato a lavorare in Macedonia nel 2000, con qualche assistenza al Ministero dell’Interno. Non esisteva ancora il rifugio, non c’era ancora uno specifico pacchetto di assistenza. Ma da allora, abbiamo lavorato a stretto contatto con il Governo, perché non si tratta solo di assistenza alle vittime. Così, la IOM ha fornito assistenza a oltre 600 individui della Macedonia, prevalentemente donne che sono state trafficate per impieghi sessuali. Tra loro, ci sono state anche delle minorenni, non molte, decisamente poche. Questo è l’aspetto visibile del trafficking, il traffico di donne, ma non è l’unico. È quello che abbiamo testimoniato e quello in cui abbiamo la possibilità di raggiungere le vittime, perché passa attraverso la polizia.
La polizia conduce delle retate nei bar e recupera le vittime, e quando le vittime passano attraverso il sistema carcerario, ci contattano. Attualmente, vengono temporaneamente ospitate in un rifugio – il rifugio è di responsabilità del Ministero dell’Interno e la sicurezza è garantita dalla polizia 24 ore al giorno. Noi entriamo in gioco in quel momento, nel senso che intervistiamo la vittima. Devo specificare che la nostra assistenza è basata sulla richiesta volontaria. Chi non la vuole la può rifiutare. Non devono farlo per forza. Ovviamente, l’assistenza è per la prima accoglienza, i primi trattamenti medici che possono essere forniti al rifugio, la consegna di un pacchetto umanitario, vestiti e altri generi di sostentamento.
Dopo di che forniamo un’assistenza psico-sociale – Ritengo che questo sia un aspetto essenziale del lavoro, perché le vittime sono altamente traumatizzate, potete immaginare attraverso che tipo di prove sono passate. Allo stesso tempo si tratta di donne molto giovani. L’età media è di 24-25 anni, ma molte volte abbiamo ragazze di 18,19, 16 anni. Alcune di loro sono state introdotte con l’inganno, ma tutte sono in cerca di una vita migliore. Possono attraversare diverse frontiere. Molte volte i loro passaporti o i loro documenti sono sequestrati, loro finiscono in un bar e dopo un certo periodo vengono vendute ancora ad un altro uomo. Diventano, per quanto triste possa essere, una merce di scambio.
OB: Siete soddisfatti del livello di cooperazione che ricevete dalle autorità macedoni?
Lupoli: C’è sempre spazio per il miglioramento, direi, ma abbiamo fatto un lungo percorso. Devo dire che il Governo ha fatto lo sforzo maggiore. Il Ministero dell’Interno è stato impegnato, nonostante il fatto che la Macedonia abbia avuto parecchi problemi negli ultimi due o tre anni. Quindi, direi che le reazioni generali e la volontà di affrontare il problema sono rimarchevoli. Il rifugio stesso è una conquista importante, infatti, il Governo è impegnato nel rifugio, appartiene al Governo, al Ministero dell’Interno. C’è tutta la parte riguardante la sicurezza, i cambiamenti nella legislazione… sapete, la IOM non lavora solo sull’assistenza diretta, è solo un aspetto delle attività di lotta al trafficking. Il resto è un lavoro di capacity bulding, con le istituzioni governative, con la società civile e con le ONG.
Ciò che stiamo cercando di fare non è solo di lavorare con il Governo, ma di lavorare con la gente, con le ONG locali e internazionali. Il trafficking è un problema che richiede un approccio multi-settoriale e affinché l’approccio sia possibile, devono parteciparvi in molti. Si tratta di un problema sociale, non può essere affrontato da una sola agenzia. La IOM è certamente impegnata, ma possiamo anche dire che qui abbiamo dei partner, il Governo, le altre organizzazioni internazionali, le ONG locali e internazionali. Tutti impegnati in differenti aree di intervento, ma c’è un interesse crescente e un impegno maggiore verso l’intero problema. Così, penso che qualcosa si stia movendo, che stia andando nella giusta direzione. Ovviamente vorremmo che procedesse più velocemente, ma per ogni cosa c’è un limite.
OB: Le ho domandato di quella questione, principalmente riferendomi agli eventi che hanno contornato l’arresto del boss del trafficking Leka Bojku, e a proposito del fatto che è stato condannato a soli sei mesi di carcere. Che incoraggiamento ricevete da una cosa del genere? vorrebbe commentare la vicenda?
Lupoli: Certo, capisco, la sentenza non è quella conclusiva. Non sono un giurista, e in ogni caso, ciò non è parte del mio lavoro. Posso essere in disaccordo su un più grande o più piccolo livello, ma chiaramente, ciò che vorrei vedere è che la giustizia sia fatta. Non c’è dubbio a tal riguardo. Devo procedere attraverso gli appropriati canali legali. Le richieste sono state avanzate, come dicevo, ora c’è uno specifico articolo, il 488 del Codice penale macedone, che è stato introdotto e applicato, cosa che sicuramente ci aiuterà. È necessaria una maggiore cooperazione. Come dicevo, confrontarsi con questo problema non è l’unico approccio del paese. Ci sono gli aspetti legati alle migrazioni, queste sono persone che si muovono da un paese all’altro. Il problema per essere affrontato necessita di uno sforzo concertato tra più paesi. Non sono cose certo facili da fare insieme. Così come il sistema giudiziario di qui, o le sentenze, potrebbero esserci delle reazioni che la gente non si aspettava. Con ogni probabilità, i giudici possono aver avuto le loro ragioni per le decisioni che hanno preso, non c’è ombra di dubbio. Tuttavia, noi speriamo che in futuro tutto ciò funzioni meglio e che ci siano ulteriori risultati, affinché più criminali possano essere consegnati alla giustizia. Ci dovrebbe essere un compenso per questo tipo di lavoro e attività.
OB: I media macedoni riportano che l’intera operazione sta ancora procedendo a Veleshta, dopo quella grande retata, e con dimensioni simili…
Lupoli: Come ho detto, è scoraggiante. Sradicare il problema è uno sforzo difficile, protratto negli anni. Questo è stato il primo intervento. Credere che in questo momento ciò avrebbe ripulito completamente l’area forse è stato un po’ ingenuo. È stato il primo sforzo e molti altri ne devono venire, e poi ancora e ancora. Si tratta di un’operazione di salvataggio. Quindi, c’è una ovvia cooperazione a livello internazionale, per cercare di intervenire in quell’area specifica, molto probabilmente la polizia farà un altro intervento, e poi un altro ancora. Ciò di cui abbiamo bisogno è che la polizia, o chi è incaricato degli aspetti legati alla sicurezza, intervenga alla fonte dove tutto inizia.
Qui siamo ancora alla ricezione finale della rotta di transito. Allo stesso tempo, dobbiamo considerare che quando parliamo del traffico di persone, parliamo di migliaia di individui ogni anno, non solo di pochi. Questo numero che ho nominato, queste 600 persone che abbiamo assistito, è solo una percentuale, una frazione di un numero molto più grande.
OB: Naturalmente, siete presenti sul campo. Qual è il vostro sentire delle comunità locali? Sentiamo tutte le volte che la popolazione locale è contraria a ciò, che l’intero problema riguarda il lavoro della gente che viene da fuori… e ancora, ovviamente, qualcuno dovrà andare a vedere e cercare i servizi offerti da queste sfortunate donne?
Lupoli: Hai ragione su questo. Lasciami arretrare un poco. Come ho nominato prima, certo, la presenza internazionale, il grande numero di stranieri, a volte dell’esercito, creano un buon mercato. Ma, fuori dalle nostre informazioni, dal contatto con le vittime, scopri che la maggior parte dei clienti sono locali. Hai ragione su questo.
Quello che posso dire è che, sì, la popolazione locale reagisce, e ciò sta aumentando. All’inizio, non sapevano cosa stesse accadendo, è solo prostituzione… è prostituzione, sì ma alla condizione di schiavitù. Non è solo prostituzione. Col tempo, penso che il concetto si stia facendo più chiaro alla gente attorno al paese. Contribuisce inoltre il fatto che ci sono parecchie persone coinvolte, molte più informazioni disponibili. Non ritengo che ciò sia sufficiente, il più deve essere ancora fatto, specialmente nelle strategie per passare le informazioni, che sono differenti nelle aree urbanizzate, come Skopje, e in quelle più rurali, o periferiche. Si ha bisogno di una differente strategia per ulteriori passi avanti. Certamente, c’è la televisione, ma allo stesso tempo, la strategia deve procedere nell’educazione, il messaggio deve arrivare nelle scuole, deve diventare un po’ più informativo.
Perché sto dicendo questo? Non tanto a causa del numero delle vittime che abbiamo qui, ma anche a causa della vulnerabilità di certi segmenti della popolazione macedone stessa. Possono essere trafficati, non solo fuori dal paese, ma anche all’interno del paese stesso. Non dobbiamo dimenticare che esiste un trafficking che passa attraverso le frontiere, ma ne esiste anche uno che procede all’interno, e questa parte è quella più difficile da individuare per tutta una serie di motivi che possono essere facilmente assunti, sociali e tradizionali che lo spiegano con successo. Credo che ci siano stati dei miglioramenti, così come la consapevolezza della popolazione, ma non è ancora sufficiente e molto deve essere ancora fatto. C’è un importante lavoro che va fatto a questo proposito. Le strategie e i modi per coinvolgere la popolazione, non solo fornendo informazioni, ma lasciando che partecipino e capiscano meglio il problema. Certo, lo vedranno dall’esterno, ma possono rimanere coinvolti, come vittime stesse. Questo è ciò che dovrebbe essere considerato.
I precedenti numeri del dossier:
– Trafficking – 11: Montenegro, il caso S.C.
– Trafficking – 10: Bosnia: "La Strada"
– Trafficking – 9: Serbia, intervista con Slobodanka Delic di ASTRA
– Trafficking – 8: Montenegro, traffico di esseri umani e politica
– Trafficking – 7: Bosnia, una vittima racconta il suo calvario
– Trafficking – 6: Albania, transizione e commercio di persone
– Trafficking – 5: Romania, nell’incubo del trafficking
– Trafficking – 4: Le vie slovene del traffico di esseri umani
– Trafficking – 3: La Macedonia contro il traffico di esseri umani
–Trafficking – 2: … e siamo partite! Migrazione, tratta e prostituzione straniera in Italia
– Trafficking – 1: L’industria del sesso in Kosovo
– Dossier: il traffico di esseri umani nei Balcani (Presentazione)