Macedonia del Nord: la politica albanese e il ghetto
Nel nuovo governo guidato da Zoran Zaev i politici albanesi della DUI hanno ottenuto responsabilità ministeriali di rilievo. Ma la loro ascesa non corrisponde ad una migliore integrazione della comunità albanese nel paese, tutt’altro
(Pubblicato originalmente pubblicato da Gazeta Tema, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC Transeuropa)
La Macedonia del Nord avrà, prima o poi, un primo ministro albanese. Più precisamente avverrà negli ultimi 100 giorni di questa legislatura, “se le condizioni lo permetteranno”. È la soluzione abile a pragmatica trovata in risposta alla campagna elettorale del Unione democratica per l’integrazione (DUI) che ne aveva fatto la principale promessa elettorale. Al di là di questa promessa simbolica gli albanesi hanno ottenuto poltrone di rilievo negli accordi per un nuovo governo con l’alleanza social-democratica (SDSM) di Zoran Zaev, che ha vinto le politiche dello scorso 15 luglio: la presidenza del Parlamento (come nel mandato precedente, ndr), il ministero degli Affari esteri, quello delle Finanze e un posto da “vice-primo ministro”.
Ali Ahmeti, l’inossidabile e controverso leader della DUI, veterano della politica albanese in Macedonia, è riuscito a marginalizzare i suoi rivali nazionalisti albanesi incentrando tutta la sua campagna elettorale sulla richiesta di un primo ministro albanese e accusando le altre formazioni politiche di dividere la comunità. Grazie alla forte astensione degli elettori macedoni e alla viva concorrenza tra gli albanesi, questi ultimi hanno guadagnato un numero di deputati mai ottenuto prima e una forte rappresentanza in seno alla compagine governativa.
Tutto questo, tuttavia, non cambierà molto la situazione degli albanesi della Macedonia del Nord, che rimangono una minoranza male integrata, con poche speranze di cambiamento. La DUI ha semplicemente rosicchiato alcune posizioni di alto livello in nome dell’elettorato albanese. Il peso della rappresentanza politica degli albanesi macedoni oggi supera la loro rilevanza demografica nel paese. Il vero cambiamento non potrà derivare però solo da questa progressione dell’élite politica ma, affinché cessino di essere cittadini di seconda classe e finalmente divengano cittadini come tutti gli altri, serve una reale integrazione di tutti gli albanesi e un reale miglioramento del loro status.
Gli albanesi rimangono più poveri dei macedoni, meno integrati nel sistema amministrativo del paese, meno istruiti, meno rappresentati nelle forze armate, nella polizia e nell’istruzione e – perché non dirlo? – meno inclini a integrarsi come cittadini macedoni. In Macedonia del Nord la questione dello status degli albanesi si pone solo a livello politico, senza che si sia affrontata la questione di una loro reale integrazione.
L’élite politica albanese nella Macedonia del Nord vuole il suo ghetto albanese, dove può tranquillamente continuare a mentire in nome della retorica patriottica. Questa élite conta su elettori che possano essere mobilitati solo dicendo loro che un giorno il Primo Ministro sarà albanese, che possano essere illusi da una candidatura albanese alla presidenza della Repubblica e che, in fin dei conti, possano essere strumentalizzati per aumentare le quote di rappresentanza politica, pur allontanandoli sempre più dal loro paese, la Macedonia del Nord. È evidente che la rappresentanza politica degli albanesi e la società albanese della Macedonia del Nord non si stiano muovendo nella stessa direzione. L’élite politica albanese, cercando di conquistare sempre più potere, persiste nel ghettizzare l’elettorato, in nome della sua retorica patriottica.
Ecco perché questa maggiore rappresentanza politica non è sinonimo di cambiamento, è solo un piccolo passo avanti in un sistema politico bloccato, dove gli elettori albanesi devono essere sempre più albanesi, in modo che l’élite politica rimanga più macedone possibile. In poche parole, i politici albanesi hanno un interesse nel mantenere un ghetto albanese non integrato nella società macedone, il cui voto massiccio è utile per rivendicare più poltrone. E questo soprattutto aiuta a rafforzare la divisione della comunità. La campagna elettorale di Ali Ahmeti per un primo ministro albanese, così come quella di Blerim Reka nel 2019 per le elezioni presidenziali, mostrano come ci si possa garantire il voto degli albanesi dicendo loro che devono vivere lontano dai macedoni.
Tutto ciò allontana gli albanesi dall’integrazione, avvicinando i loro eletti al potere. Quindi questo non è un cambiamento qualitativo nello status degli albanesi, ma un cambiamento quantitativo nel potere dei politici albanesi. Il cambiamento inizierà quando gli albanesi voteranno per la convivenza con i macedoni, per una società più ricca, più giusta, più egualitaria e meno corrotta, e non per una società ghettizzata, dove alcuni politici affermano di parlare per gli albanesi e altri a nome dei macedoni.
Questi politici mirano tutti al potere centrale e quindi una volta installatisi nei gabinetti ministeriali smussano gli angoli della campagna elettorale e mostrano una tolleranza sorprendente.
L’accordo tra SDSM e DUI è storico perché rende gli albanesi uguali e degnamente rappresentati nel governo centrale della Macedonia, in questo stato dove gli albanesi sono cresciuti nell’idea che è necessario unirsi contro i macedoni ogni volta che c’è un’elezione. Ma sarà un giorno davvero storico solo quando i cittadini albanesi diventeranno "uguali" ai cittadini macedoni.