Macedonia-Bulgaria, Zaev rilancia il trattato di “buon vicinato”
Dopo la Grecia, il premier macedone Zoran Zaev cerca l’appoggio della Bulgaria per l’integrazione euro-atlantica di Skopje, rilanciando l’accordo di buon vicinato tra i due paesi
Il nuovo premier socialdemocratico macedone Zoran Zaev, al potere da poche settimane, continua la sua politica di rilancio delle relazioni con i paesi confinanti con l’obiettivo di vincere le resistenze all’ingresso del tormentato paese nell’Unione europea e nella Nato.
Dopo la missione del premier a Bruxelles e la spedizione del ministro degli Esteri Nikola Dimitrov ad Atene, Zaev ha rispettato la promessa di fare la sua prima visita all’estero nella vicina Bulgaria, incontrandosi a Sofia con l’omologo bulgaro Boyko Borisov e col presidente Rumen Radev martedì 20 giugno.
Al centro dei colloqui, il rilancio del discusso “trattato di buon vicinato” tra Skopje e Sofia, delineato dalle diplomazie dei due paesi già nel lontano 2002, ma mai ufficialmente finalizzato. La firma dell’accordo viene ritenuta essenziale dalla Bulgaria per assicurare alla Macedonia il proprio appoggio sulla strada dell’adesione a Unione europea e Nato.
Al termine della visita, Zaev ha annunciato che l’intesa è più vicina che mai, e che l’accordo potrebbe arrivare già il prossimo 2 agosto, quando sia Bulgaria che Macedonia ricordano – dandole però un significato storico divergente – la “sollevazione di Ilinden” del 1903 contro l’allora impero ottomano.
Uniti e divisi dalla storia
Sebbene con toni molto più contenuti rispetto all’annosa e irrisolta questione del nome che divide Atene e Skopje, sfociata nell’ostruzione greca al processo di integrazione Ue e col veto all’ingresso nella Nato del 2008, anche Bulgaria e Macedonia hanno questioni bilaterali irrisolte che affondano le radici nel passato.
Dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Jugoslavia del 1991, Sofia è stata la prima capitale a riconoscere il nuovo stato con il nome costituzionale di “Repubblica di Macedonia”. Nonostante il sostegno della prima ora, la Bulgaria continua a non riconoscere l’esistenza di una lingua macedone, considerata da Sofia una variante di quella bulgara.
Fin dalla rinascita della Bulgaria come stato indipendente nella seconda metà del XIX secolo, la Macedonia e i macedoni sono stati considerati da Sofia come parte integrante della storia e del progetto nazionale bulgaro. Ancora oggi, molti storici bulgari considerano i macedoni come parte della nazione bulgara, suscitando forti reazioni negative dalle parti di Skopje.
Proprio per dimostrare la volontà di superare le divisioni e le diverse interpretazioni della storia che “unisce e divide” i due paesi, durante la sua visita Zaev ha deciso di effettuare un gesto simbolico nel centro della capitale bulgara, posando insieme a Borisov una corona di fiori ai piedi del monumento allo zar medievale Samuil, uno dei tanti personaggi contesi dai due lati del confine.
Toni amichevoli
Zaev sembra consapevole della necessità, per la sua Macedonia, di una solida ancora esterna per stabilizzare il paese, che vede nella prospettiva di una rapida integrazione euro-atlantica. La Macedonia, uscita spaccata e ferita dalla lunghissima crisi politica e istituzionale nata con lo “scandalo delle intercettazioni” e sfociata nei mesi scorsi in fortissime tensioni, ha rischiato di arrivare al punto di non ritorno e di riaccendere il conflitto etnico tra maggioranza macedone e minoranza albanese.
Non sorprende quindi la scelta di una politica estera di rottura con quella del suo predecessore, Nikola Gruevski, che aveva portato al muro contro muro con i vicini con politiche culturali e simboliche di “orgoglio nazionale”, culminate nel controverso progetto “Skopje 2014”, non a caso congelato prontamente da Zaev.
“La Macedonia vuole chiudere un capitolo della sua storia fatta di nazionalismo e odio”, ha dichiarato Zaev durante un’affollata conferenza stampa in compagnia di Borisov, ribadendo poi che “la strada davanti al nostro paese è una e una sola, quella dell’integrazione euro-atlantica, come contributo alla stabilità dei Balcani”.
“Se ci lasciamo travolgere dai sentimenti nazionalisti, non ci aspetta nulla di buono”, gli ha fatto eco il premier bulgaro, confermando la volontà di Sofia di sostenere la Macedonia. Resta però un’incognita politica da chiarire: Borisov, recentemente vittorioso nelle elezioni anticipate dello scorso aprile, governa grazie al supporto della coalizione dei “nazionalisti uniti”, storicamente molto attivi nelle rivendicazioni sulla Macedonia.
La VMRO bulgara, parte della coalizione nazionalista (i partiti omonimi in Bulgaria e Macedonia rivendicano entrambi l’eredità dell’Organizzazione rivoluzionaria interna macedone, anche questa contesa), per bocca del deputato Aleksandar Sidi ha definito l’incontro “un passo avanti storico”, ribadendo però che “bulgari e macedoni rappresentano uno stesso popolo, che vive in due paesi diversi” e invitando Zaev a mettere fine “al rabbioso sciovinismo macedone”.
Anche in patria, Zaev è stato criticato dalla stampa vicina alla VMRO-DPMNE di Gruevski. “Zoran Zaev ha ceduto alla Bulgaria la celebrazione di Ilinden!” ha titolato Republika, mentre Vecer ha ricordato ai lettori che il discusso accordo non è stato mai firmato dalla VMRO “perché considerato dannoso per la Macedonia e senza ombra di ‘buon vicinato’”.
Dettagli da definire
Nonostante l’atteggiamento conciliante delle due parti, restano elementi importanti da definire nell’accordo di buon vicinato. Il primo punto sensibile, cioè in che lingua verrà redatto il testo, sembra essere stato aggirato abbastanza agevolmente: secondo le parole di Borisov, “verranno utilizzate le due lingue ufficiali, bulgaro e macedone”.
Tutta da giocare ancora la partita della risoluzione delle polemiche sull’eredità storica, che si trascina da anni e rappresenta forse l’elemento più controverso dei rapporti bilaterali.
Altro problema da affrontare, è la richiesta di Sofia di ottenere assicurazioni che l’attuale costituzione macedone non rappresenta una giustificazione per un’eventuale ingerenza macedone nella politica interna bulgara attraverso la leva delle minoranze nazionali, un impegno che già figura in una dichiarazione congiunta risalente al 1999. L’articolo 49, recita infatti che “la Repubblica [di Macedonia] si prende carico della situazione e dei diritti delle minoranze macedoni che vivono nei paesi confinanti”.
Sofia nega l’esistenza ufficiale di una minoranza macedone nella regione del Pirin (Bulgaria sud-occidentale), e accusa la Macedonia di reprimere chi si identifica come etnicamente bulgaro in territorio macedone. Negli ultimi anni intanto, decine di migliaia di macedoni hanno usufruito della possibilità di acquisire la nazionalità bulgara, basandosi su una legislazione che facilita chi si dichiara “di origini bulgare”. Per molti, la spinta viene dalla possibilità di ottenere un “passaporto Ue” con cui cercare possibilità di lavoro, viaggio e studio in altri paesi dell’Unione europea.