Lungo viaggio verso Bruxelles
Il percorso di integrazione europea della Bosnia Erzegovina dopo la dichiarazione di indipendenza di Pristina e la crisi aperta a Belgrado. La riforma della polizia e le aspirazioni indipendentiste di Banja Luka. Nostra intervista a Osman Topcagic, a capo del Direttorato per l’Integrazione Europea di Sarajevo
Secondo le notizie riportate negli ultimi giorni da diversi organi di informazione, le prospettive europee della Bosnia Erzegovina sarebbero collegate a quanto sta accadendo in Serbia. Bruxelles sarebbe pronta ad accelerare i negoziati con Sarajevo se Belgrado dovesse deviare dalla strada dell’Europa. E’ così?
I diversi Paesi procedono con il proprio ritmo, questa è la politica ufficiale dell’Unione. Sotto questo profilo non c’è alcuna intenzione da parte dell’UE di lasciare che un Paese possa bloccare o rendere più veloce il percorso di adesione di un altro. Però a volte si possono verificare possibilità di questo tipo, condizionamenti o collegamenti tra il progresso di un Paese e quello di un altro. Del resto oltre a Dnevni Avaz di oggi lunedì, ndr, che lei citava, anche l’Economist suggerisce questo tipo di scenario v. Serbia’s politics: Election time, The Economist, 15.03.08, ndr. Io però non ho informazioni ufficiali in questo senso.
Olli Rehn, Commissario europeo per l’allargamento, ha dichiarato il 7 marzo scorso che la Bosnia Erzegovina potrebbe firmare l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’UE entro aprile, se alcune importanti questioni vengono risolte. Di cosa si tratta?
La questione principale è la riforma della polizia. Devono essere adottate due leggi che riguardano la riforma della polizia e che sono all’agenda del nostro Parlamento.
I partiti dell’attuale coalizione di governo avevano trovato un accordo sulla questione nella cosiddetta "dichiarazione di Mostar", che prevedeva di riorganizzare la polizia al livello dello Stato e su base funzionale, sottraendola al controllo delle Entità. Quell’accordo non è più valido?
Ci sono ritardi legati all’interpretazione e alle modalità di implementazione di quell’accordo. Credo però che tutti siano consapevoli dell’importanza che riveste per la BiH la firma dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione (SAA). Spero che non ci saranno chiusure.
Una volta risolta la questione della riforma della polizia non ci sono altri problemi che ostino alla firma dell’Accordo?
Non mi aspetto altre condizionalità, anche se dobbiamo continuare con i progressi in altre aree quali il sistema radiotelevisivo pubblico, la riforma della pubblica amministrazione, una buona e piena collaborazione con il Tribunale dell’Aja. Queste restano questioni cruciali.
Ma non rappresentano delle condizionalità…
Sono state definite come priorità fondamentali per il partenariato europeo nel 2005, quando abbiamo ottenuto l’apertura dei negoziati. In quei settori però ci sono stati dei progressi. Quello che dobbiamo fare ora per arrivare alla firma è la riforma della polizia.
Dopo la dichiarazione di indipendenza di Pristina, il Parlamento della Republika Srpska ha votato una risoluzione sulla possibilità di indire un referendum secessionista nel caso l’indipendenza del Kosovo fosse riconosciuta dalla maggioranza dei Paesi UE. L’attuale clima politico può influire negativamente sul percorso europeo della Bosnia?
Credo che tutti questi eventi dimostrino che è ancora più importante per la Bosnia Erzegovina firmare l’Accordo con l’Unione Europea. Questo ci metterebbe saldamente sulla strada per Bruxelles, e gli esempi che lei fa mostrano che si tratta di una priorità assoluta.
Per il momento dunque questi avvenimenti non influiscono sul processo di integrazione?
Al momento non c’è un legame diretto, no.
Cosa cambierà per la Bosnia Erzgovina dopo la firma dell’SAA, in particolare sotto il profilo degli aiuti economici da parte di Bruxelles?
Si tratta di un Accordo con diverse componenti. Il suo nucleo essenziale è il commercio. Con questo Accordo sarà resa possibile l’importazione di beni dall’UE senza dazi doganali. Significa che ci saranno più prodotti europei sul nostro mercato a prezzi minori. Questo sarà positivo per i consumatori, anche se al tempo stesso rappresenterà una sfida per i nostri produttori, si crea un nuovo ambiente con maggiore competizione. Queste saranno le prime e più visibili conseguenze, che tutti avvertiranno. Inoltre questo Accordo contribuirà alla creazione di un clima più favorevole per gli affari, grazie all’introduzione di una legislazione e di standard europei nel mercato interno. Naturalmente poi i dazi verranno aboliti anche sull’importazione dei macchinari, e questo rappresenterà un messaggio favorevole per tutti i potenziali investitori. Mi aspetto quindi che la situazione economica generale del Paese dopo la firma dell’Accordo migliori, del resto questa è l’esperienza di tutti gli altri Paesi che l’hanno firmato in passato.
Per quanto riguarda gli aiuti economici?
No, in questo Accordo non ci sono strumenti nuovi. Quelli arriveranno solamente quando otterremo lo status di Paese candidato, che è il prossimo passo nel percorso di integrazione europea.
Se l’SAA venisse firmato in aprile, quando potrebbe arrivare la candidatura?
Dobbiamo prima presentare la richiesta di adesione, la Commissione risponderà con un questionario e esaminerà la nostra preparazione per ottenere lo status di candidati. Se il parere della Commissione è favorevole ci vuole poi il consenso ci tutti i Paesi membri. Si tratta di un processo che, nel caso della Macedonia ad esempio, ha richiesto 20 mesi.
Per quanto riguarda la politica dei visti e le possibilità per i cittadini della Bosnia Erzegovina di viaggiare nell’Unione, cosa cambierebbe dopo la firma dell’Accordo?
In questo momento abbiamo un accordo con l’UE di facilitazione per i visti. In base alle decisioni europee ci aspettiamo l’apertura di negoziati con la Commissione su una "road map", che dovrebbe portare alla liberalizzazione dei visti. Altri Paesi della regione hanno già aperto questi negoziati, mi auguro che anche noi lo potremo fare molto presto.
Si tratta quindi di una questione che non ha niente a che fare con la firma dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione…
La firma dell’SAA stimolerà l’UE a prendere questa decisione, ma non c’è un collegamento diretto, non è una precondizione.
Lei guida il Direttorato per l’Integrazione Europea della Bosnia Erzegovina da ormai 5 anni. Quali sono stati i maggiori ostacoli che ha dovuto affrontare?
Il problema principale è che per la Bosnia Erzegovina il percorso di integrazione europea rappresenta allo stesso tempo un processo di costruzione dello Stato. La BiH è stata concepita a Dayton come uno Stato debole con due Entità forti. La Commissione Europea ha reso subito molto chiaro, con la pubblicazione del proprio studio di fattibilità, che un tale Paese non era in grado e non aveva la capacità di entrare nell’Unione. Quello che ci hanno subito richiesto era l’adozione di una legislazione e la creazione di istituzioni a livello statale che ci mettessero in grado di affrontare i negoziati in maniera efficiente, e di rispettare gli obblighi che ne scaturivano.
Quali sono i settori in cui ancora sono carenti istituzioni al livello dello Stato?
In particolare quelli connessi all’ingresso nel mercato interno europeo, quindi tutto quanto attiene alla qualità dei prodotti, al monitoraggio del mercato e poi in generale alle infrastrutture.
Gli osservatori sottolineano sempre i problemi politici che il Paese sta affrontando in questo percorso, mentre lei sostiene che la carenza è soprattutto nelle strutture di carattere tecnico…
Sì, ma l’accordo per la creazione di queste istituzioni naturalmente è politico. Inoltre oggi si parla sempre più spesso di riforma del quadro costituzionale esistente, e questa è anche l’opinione espressa dalla Commissione nel suo ultimo rapporto. Il fatto cioè che la Bosnia Erzegovina debba adottare una nuova Costituzione per migliorare l’efficienza del processo decisionale e il funzionamento di tutte le istituzioni. Su questo avremo bisogno di un grande dibattito politico e della formazione di un ampio consensus.
Il dibattito sulle riforme costituzionali però è allo stallo…
La priorità ora è la firma dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione. Dopo di questo possiamo aspettarci l’avvio di un vero dibattito sulle riforme costituzionali.
Nell’ultimo Peace Implementation Council il mandato dell’attuale Alto Rappresentante è stato prolungato indefinitamente, rovesciando in qualche modo la prospettiva che era stata aperta con il predecessore di Lajcak, Schwartz Schilling. Dal punto di vista del percorso di integrazione europeo, la continua presenza della comunità internazionale nel Paese rappresenta un aiuto o sarebbe più auspicabile una maggiore responsabilizzazione della classe politica locale?
Distinguerei la comunità internazionale in generale dall’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR). L’OHR è parte degli Accordi di Dayton e un elemento specifico della Bosnia del dopoguerra. Noi abbiamo firmato un accordo con l’Unione Europea che ci permette di negoziare l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione pur in presenza dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante, purchè quest’ultimo non faccia uso dei cosiddetti Bonn powers poteri di veto, ndr nelle aree di competenza dell’SAA. Questo è il quadro all’interno del quale lavoriamo con la Commissione. C’è poi una strategia precisa in base alla quale l’OHR verrà trasformato nell’Ufficio del Rappresentante Speciale dell’Unione Europea, e infine anche questa nuova struttura sarà chiusa man mano che il Paese procede verso la piena adesione all’UE. Credo che l’immagine del Paese, una volta che l’OHR sarà chiuso, migliorerà sensibilmente. Molti osservatori credono che la Bosnia Erzegovina sia un Paese governato dalla comunità internazionale. In realtà, almeno per quanto riguarda il percorso di integrazione europea, il lavoro è stato fatto interamente al livello delle istituzioni locali, attraverso le procedure di un qualsiasi altro Paese normale.