Lunga vita alla Serbia

Da Belgrado arriva il riconoscimento dell’esito della consultazione referendaria montenegrina. "E’ ora di concentrarsi sul futuro della Serbia" ha affermato Tadic "il Montenegro potrà sempre contare su Belgrado come amico e come rilevante partner economico e politico"

25/05/2006, Danijela Nenadić - Belgrado

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Bandiere serbe e montenegrine

I risultati del referendum in Montenegro hanno dimostrato che la maggioranza dei cittadini montenegrini desidera vivere in uno stato indipendente, e questo rappresenta da più punti di vista il passo finale della disgregazione della ex Jugoslavia.

In un anno caratterizzato per la Serbia da svariati problemi, il referendum in Montenegro è stato percepito dall’opinion pubblica come un test importante per il governo in carica e per il futuro del paese. Il fallimento dell’Unione Serbia e Montenegro è stato accolto da molti politici serbi come un risultato inaspettato. Ciò che era evidente ai cittadini serbi, e cioè che con tutta probabilità i montenegrini avrebbero votato per l’indipendenza, non lo era evidentemente per il governo serbo.

Una sorta di autismo e senza dubbio la mancanza di una strategia chiara hanno portato alle difficoltà governative e di altre istituzioni statali nel riuscire a spiegare cosa ora accadrà dopo questa consultazione referendaria. Il tutto emerge in modo paradossalmente chiaro dalle dichiarazioni, la notte successiva al voto, di uno dei consiglieri del primo ministro. Slobodan Samardzic ha affermato che il governo aveva cose più importanti da fare che non immaginarsi scenari futuri in merito alle relazioni con il Montenegro. Samardzic ha ricordato che la Serbia si stava concentrando sulle negoziazioni per le definizione dello status finale del Kosovo ed altre priorità e che la questione del Montenegro sarebbe entrata nell’agenda una volta resi noti i risultati ufficiali del voto.

Nonostante l’ovvia delusione di molti politici serbi le prime dichiarazioni sono andate tutte nella direzione del riconoscere la scelta dei cittadini montenegrini.

Uno dei primi ad intervenire è stato il ministro degli Esteri Vuk Draskovic che, domenica notte, ha affermato che finalmente la Serbia ha riguadagnato la propria indipendenza come Stato ed ha auspicato il ritorno alla monarchia (costituzionale naturalmente).

Ma tutti i rappresentanti dei partiti politici serbi hanno detto la loro sul referendum. L’ex vice presidente del Parlamento, Cedomir Jovanovic, e l’ex ministro della Giustizia, Vladan Batic, si sono immediatamente congratulati con i cittadini montenegrini per l’indipendenza ed allo stesso tempo hanno invitato il governo serbo a dimettersi fissando una data per elezioni anticipate. Anche le reazioni di molti altri politici sono state caratterizzate da un taglio fortemente critico nei confronti dell’attività del governo di Kostunica e in molti hanno attribuito la vittoria dei "sì" ad []i commessi a Belgrado.

Vladimir Goati, analista politico, in un commento rilasciato all’agenzia di stampa BETA ha sottolineato come il governo di Belgrado con la sua testardaggine nel non rispondere alle richieste provenienti dal Tribunale dell’Aja ha consegnato l’indipendenza al Montenegro. "Alcuni cittadini che hanno votato per l’indipendenza lo hanno fatto non tanto perché non volessero vivere nello stesso paese con i vicini serbi ma piuttosto perché hanno percepito che il percorso europeo era in stallo e non volevano rimanere ostaggi di Ratko Mladic e degli altri".

Come ci si poteva attendere, il gruppo politico G17 plus ha immediatamente riconosciuto i risultati del referendum mentre il Partito democratico (DS) si è detto soddisfatto di come il referendum sia stato organizzato aggiungendo che ora occorre dedicare più energie possibili affinché l’intero processo si svolga in modo indolore. A questo riguardo sono stati in molti ad affermare che rilevanti questioni rimangono irrisolte, tra queste quelle dei diritti sulle proprietà statali e in merito ai diritti di successione. Tibor Varadi, esperto legale, ha sottolineato che le questioni relative alle proprietà ed alle posizioni debitorie vadano risolte nei prossimi sei mesi, ma non meno rilevanti sarebbero a suo avviso questioni relative alla cittadinanza, ai confini ed alle relazioni di cooperazione tra i due nuovi stati. Varadi ha poi aggiunto che sarà la Serbia ad ereditare il seggio presso le Nazioni Unite mentre il Montenegro dovrà farne richiesta.

I partiti della cosiddetta ala conservatrice del parlamento, e tra questi anche il Partito democratico serbo (DSS) sono ancora riluttanti nel riconoscere la vittoria di Djukanovic ed insistono sul fatto che i risultati non sono ancora del tutto ufficiali. I più estremi sono, come ci si poteva aspettare, i membri del Partitio radicale serbo (SRS) che hanno apertamente attaccato Djukanovic e il "regime montenegrino" per un processo referendario che "caratterizzato da brogli". Tomislav Nikolic, a capo dei radicali, ha affermato che nonostante l’indipendenza del Montenegro esponga la Serbia a numerosi pericoli il suo partito rispetterà il volere dei cittadini montenegrini aggiungendo poi che elemento pregnante della propria attività politica futura sarà lo sforzo di ricostituire uno stato unitario. Ivica Dacic, del Partito socialista serbo (SPS), ha invece affermato che i risultati del referendum devono essere interpretati secondo l’interesse nazionale serbo dato che d’ora in poi un terzo dei serbi vivranno fuori dai confini nazionali. Ha aggiunto poi una considerazione numerica inquietante: a suo avviso i serbi ed i montenegrini avrebbero votato a favore dell’unità mentre albanesi, croati e rappresentanti di altre comunità etniche sarebbero stati i soli sostenitori dell’indipendenza.

Infine, dopo la visita a Belgrado dell’inviato speciale UE in Montenegro Miroslav Lajcak, sia Boris Tadic che Vojslav Kostunica hanno rilasciato le proprie dichiarazioni. Il presidente serbo Tadic ha riconosciuto i risultati preliminari aggiungendo che rispetterà la promessa di essere il primo ad arrivare in visita ufficiale a Podgorica. Nel suo discorso, che molti analisti hanno definito come una delle sue più oculate mosse politiche da quando è salito alla presidenza, ha dichiarato che il Montenegro troverà sempre nella Serbia uno dei più fedeli amici ed un partner sia politico che economico. Tadic ha aggiunto che anche se avrebbe preferito uno stato unitario in modo da percorrere più rapidamente il cammino verso l’Unione europea la Serbia deve rispettare il desiderio espresso dalla maggioranza dei cittadini montenegrini. Tadic ha inoltre ribadito che verranno garantiti tutti i diritti dei montenegrini residenti in Serbia ed ha sottolineato che ora la Serbia deve concentrarsi sul proprio futuro e sul proprio percorso democratico. Ha inoltre anticipato che nei prossimi giorni verranno resi noti i passi ufficiali della Serbia quale stato indipendente.

Kostunica dal canto suo ha ribadito che il governo serbo accetterà i risultati del referendum una volta che saranno ufficializzati. Dopo un incontro con Lajcak Kostunica ha sottolineato che la Serbia era pronta per entrambe le opzioni ma non ha voluto rendere noti i passi futuri del governo ed ha riufitato di individuare responsabilità del governo serbo nella vittoria del "sì" in Montenegro.

Paradossalmente ora anche la Serbia ha guadagnato l’indipendenza, senza però esprimersi in merito. Solo poche ore dopo che erano stati resi noti i risultati tutti i politici serbi hanno sottolineato questo fatto e il Presidente Tadic ha concluso il suo discorso con questa frase: "Lunga vita alla Serbia".

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