L’ultimo imperatore

L’Ufficio dell’Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina chiude. Sarà sostituito dal Rappresentante Speciale dell’Unione Europea. Le reazioni nel paese al comunicato che fissa le date ufficiali del trasferimento di poteri

28/06/2006, Massimo Moratti - Sarajevo

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L'Alto Rappresentante, Christian Schwarz-Schilling

Venerdi’ scorso e’ stata presa una decisione che era gia’ nell’aria da parecchio tempo: la chiusura dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR) e il progressivo trasferimento dei poteri al Rappresentante Speciale dell’Unione Europea (EUSR). L’Ufficio dell’Alto Rappresentante chiudera’ il 30 giugno 2007, ma i preparativi per la chiusura inizieranno fin da ora. Lo ha deciso il Comitato Esecutivo del Peace Implementation Council (PIC), che ogni 6 mesi esamina lo stato dell’avanzamento del processo di pace in Bosnia ed Erzegovina. Alla chiusura dell’OHR fa seguito un rafforzamento della presenza dell’Unione Europea, che rimarra’ impegnata con le autorita’ della Bosnia ed Erzegovina per facilitare il processo di riforme, prima fra tutte la riforma costituzionale. EUFOR, la forza di pace della UE, manterra’ la sua presenza nel 2007 e fin quando cio’ sia necessario per scoraggiare ogni potenziale ritorno al conflitto e mantenere la pace. Lo stesso fara’ l’EUPM, la forza di polizia dell’Unione Europea, che continuera’ a sostenere la creazione di una forza di polizia multietnica e professionale. Nato, OSCE, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e il Consiglio d’Europa continueranno anch’essi ad operare in Bosnia ed Erzegovina.

Il comunicato non dice nulla dei cosiddetti "Bonn Powers", i famosi poteri imperiali di cui l’Alto Rappresentate dispone, cioe’ quello di emanare leggi e decreti e rimuovere funzionari che ostruiscono il processo di pace, ma e’ alquanto implicito che tali poteri scompariranno con la figura dell’Alto Rappresentante stesso. Negli anni scorsi, l’uso di tali poteri da parte dell’OHR e’ stato cruciale sia per l’avanzamento del processo di pace e la creazione delle istituzioni comuni che per la rimozione di funzionari e politici che impedivano l’attuazione degli accordi di Dayton. Ma a lungo andare, e la critica era emersa soprattutto durante il mandato di Paddy Ashdown, cio’ aveva trasformato la Bosnia ed Erzegovina in una sorta di "semiprotettorato" governato per mezzo di decreti da un "dittatore benevolo" come l’Alto Rappresentante. A lungo andare, cio’ ha portato ad una deresponsabilizzazione della classe politica che, in molti casi, ha mantenuto posizioni radicali e fatto ricorso alla retorica degli anni del conflitto senza dar segno di voler scendere a compromessi o a posizioni comuni. Cio’ ha provocato un progressivo scollamento da parte degli elettori e il disinteresse verso la vita politica, dato che l’elettorato piu’ colto e moderato ha compreso la situazione e che in realta’ il deprimente teatrino della politica locale era ininfluente per le sorti del paese.

Il progressivo calo dell’affluenza alle urne nel corso delle varie elezioni politiche ha testimoniato la disaffezione degli elettori verso la vita politica. Cosi’ se da un lato la vita nel paese e’ andata progressivamente normalizzandosi, incluso le relazioni tra i gruppi etnici, i politici della Bosnia ed Erzegovina si sono sempre mantenuti su posizioni vicine a quelle tenute nel corso del conflitto e spesso e’ bastato poco per polarizzare gli atteggiamenti dei vari politici. Una prova di questo e’ stato il recente dibattito sul referendum sull’indipendenza della Republika Srpska, avvenuto in risposta sia al referendum in Montenegro che alle richieste massimaliste di alcuni partiti della Federazione, come il partito di Silajdzic, di abolire la Republika Srpska e stabilire una Bosnia unitaria.

La polemica sul referendum in realta’ e’ stata di relativamente breve durata: gia’ nella dichiarazione finale del Peace Implementation Council, si e’ ribadito che i tentativi di cambiare l’ordine creato a Dayton non saranno tollerati e lo stesso Alto Rappresentante, Christian Schwarz-Schilling ha ribadito durante una conferenza stampa che non vi sono le basi per un referendum della Republika Srpska e che allo stesso tempo i cambiamenti della struttura all’interno del paese potranno avvenire solamente con il consenso di tutti e tre i popoli costituenti. Un colpo al cerchio e un colpo alla botte insomma. Boris Tadic, in occasione della sua visita a Sarajevo, ha chiaramente affermato che e’ nell’interesse strategico della Serbia che la Bosnia continui ad esistere come stato sovrano e che i cambiamenti interni in Bosnia saranno possibili solo col consenso di tutti e tre i suoi popoli.

Le reazioni del mondo politico alla notizia della chiusura di OHR sono state di natura opposta: mentre nella Republika Srpska Dodik e Ivanic hanno salutato con favore la decisione del Peace Implementation Council, vista come un segno di fiducia verso le istituzioni create in Bosnia ed Erzegovina, nella Federazione, soprattutto per voce di Tihic e Terzic, l’annunciata chiusura dell’OHR e’ vista con preoccupazione e Terzic ha ribadito che la chiusura dell’OHR dovrebbe essere collegata alla firma dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione. Incerta la societa’ civile, ma vanno menzionate le posizioni di due movimenti emergenti di cittadini, Grozd e Dosta. Grozd ha affermato che dovranno essere i cittadini a far pressione sui politici come lo faceva OHR, mentre Dosta ha ribadito che OHR non sarebbe necessario se i cittadini si prendessero le proprie responsabilita’. Un po’ piu’ cauto e’ stato invece James Lyon, dell’International Crisis Group, che ha detto che forse questo non e’ il momento piu’ adatto per annunciare il disimpegno della comunita’ internazionale, dato l’anno turbolento che si sta vivendo nella regione.

In realta’, gia’ con l’arrivo di Christian Schwarz-Schilling l’OHR aveva assunto un ruolo decisamente meno interventista dell’onnipresente Ashdown. Nei primi sei mesi del suo potere, Schwarz-Schilling ha utilizzato i "Bonn Powers" in modo estremamente limitato e in gran parte per emanare provvedimenti di natura sostanzialmente tecnica. Il suo approccio e’ stato molto piu’ defilato, iniziando cosi’ il trasferimento dell’autorita’ nelle mani dei politici locali. Schwarz-Schilling ha anche rifiutato di intervenire con mano pesante nella polemica sul referendum: mentre non ha esitato a dichiarare l’incostituzionalita’ di tale referendum, allo stesso tempo non ha dato ascolto alle voci dei partiti nella Federazione che volevano che Dodik e il suo partito fossero sanzionati. Un disimpegno progressivo, senza tanto clamore, in modo da rendere piu’ facile possibile la transizione in Bosnia ed Erzegovina.

Allo stesso tempo pero’ Schwarz-Schilling ha detto chiaramente ai politici locali quali sono i compiti che essi stessi devono svolgere: l’arresto dei criminali di guerra, la riforma della polizia, del sistema televisivo e la legge sull’educazione secondaria. Schwarz-Schilling ha detto chiaramente che si aspetta di lavorare con i politici locali su questa serie di riforme.

I politici della Bosnia ed Erzegovina, si trovano dunque di fronte ad una situazione, per loro, del tutto insolita da alcuni anni a questa parte: governare il paese ed essere responsabili di fronte agli elettori.

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