"Ma sapete quali sono le capitali degli Stati dei Balcani?" Le mani si alzano, le voci si accavallano. "Sarajevo, Belgrado, Zagabria". Poi pian piano i volti divengono più dubbiosi, qualche sorriso imbarazzato. Sofia si ritrova ad essere improvvisamente capitale della Macedonia e c’è un vuoto totale su quale possa essere la capitale della Slovenia, nonostante sia, tra tutte, la più vicina. "E qualche personaggio famoso proveniente da quei Paesi?". Ed è subito un elenco di calciatori, Tare, Mihailovic, Milosevic, Boban ma c’è anche un ragazzino seduto su di un lato della classe, vicino alla finestra, che con voce e sguardo trasognato ricorda che anche Nina Moric, modella, è originaria di quei luoghi. "E madre Teresa di Calcutta?", "beh, lei viene da Calcutta" rispondono questa volta tutti in coro ed alcuni proprio non sembrano credere a Artan che svela loro come la suora in realtà appartenga alla minoranza albanese della Macedonia.
Dario Terzic è giornalista e vive e lavora a Mostar, Artan Puto è stato ricercatore presso l’Istituto Europeo di Firenze ed è da poco rientrato a Tirana, Lusia Chiodi all’Istituto Europeo lavora ancora ed ha in questi anni portato avanti soprattutto ricerche sulla società civile in Albania. Sono stati a Lavarone, in Trentino, dall’11 al 13 novembre scorso – ospiti del comune che ha contribuito alle spese del loro alloggio ed ha messo a disposizione la sala del consiglio municipale per le riunioni – per un incontro di lavoro con gli altri collaboratori dell’Osservatorio sui Balcani.
E’ in questa occasione che hanno incontrato le ragazze ed i ragazzi della scuola media dell’altopiano di Lavarone. "Mi chiamo Jasna, sono croata" dice con un filo di voce una ragazzina mentre risponde a Dario che le parla nella sua lingua. Se da una parte è un po’ imbarazzata, dall’altra la si nota orgogliosa di poter parlare nella propria lingua davanti ai compagni, di far capire che oltre al suo italiano, tra l’altro perfetto, c’è anche "un altro mondo". E incontri di questo tipo aiutano senza dubbio una migliore conoscenza e comprensione reciproca. Perché sono molti anche in Trentino i figli di immigrati da quella parte d’Europa. "Gioco a calcio con due ragazzi albanesi, sono bravi ed alcune volte parlano tra di loro in quella lingua assurda" racconta agli ospiti una tra i ragazzini più vivaci della classe che non ha però distolto gli occhi da Dario, Artan e Luisa un solo minuto. Ed allora Artan prova a parlare un po’ in albanese, insegna ai ragazzi qualche parola, descrive il suo Paese, come arrivarci e perché valga la pena visitarlo.
"E’ proprio questo uno degli obiettivi alla base della nascita dell’Osservatorio" spiega Mauro Cereghini, coordinatore dell’Osservatorio "conoscendo i Balcani conosciamo meglio anche noi stessi. Sono il nostro specchio, il nostro inconscio". Paolo Rumiz, inviato di La Repubblica, tra i giornalisti che hanno contribuito all’iniziativa ‘Montagne di pace’, presentata proprio a Trento lo scorso fine settimana, spesso ricorda nei suoi articoli che i Balcani non differiscono di molto da tutta l’area delle Alpi e ricorda come anche queste ultime siano "confine", luogo di passaggio tra mondi diversi e che "le dissociazioni creano insicurezza, quindi paura, quindi bisogno di nemici e di un uomo forte per affrontarli … gli psichiatri jugoslavi lo hanno capito benissimo, facendo scoppiare la guerra proprio nelle terre "bastarde", le Krajne, le vecchie marche della frontiera asburgica".
Quando si parla con i ragazzi di minoranze e di società multietnica ecco che subito dagli ultimi banchi senza malizia ma con decisione, si indica un ragazzino minuto in prima fila, lo chiamano affettuosamente "il piccolo". "Lui è di Luserna, è un cimbro". Ed allora quest’ultimo racconta a Dario ed agli altri chi sono i cimbri, dove vivono, quale la lingua parlata: "E’ un antico dialetto tedesco". Dalle ultime file continuano gli scherzi. "Figurati se siete in duecento, siete molti meno, tu e qualche cugino". E’ la tipica conta, effettuata in modo innocente da questi ragazzini ma che nei Balcani è stata spesso strumentalizzata ed esasperata portando a tragiche conseguenze. Quanti gli albanesi del Kossovo? Il regime di Milosevic tendeva a minimizzarne falsamente il numero per dimostrare la "serbitudine" del territorio, poi è stata la volta degli albanesi nel minimizzare la presenza della comunità serba nell’area. La stessa complicatissima struttura istituzionale della Bosnia Erzegovina, stabilita negli Accordi di pace di Dayton, è un delicato tiramolla tra i dati emersi dalla pulizia etnica ed i censimenti effettuati prima della guerra. "La conta" diviene paradossale strumento sia della pulizia etnica che della convivenza. I censimenti una Bibbia alla quale difficilmente si può rinunciare.
Ed allora anche in questa classe delle medie ci si rende conto che dopo tutto i Balcani non sono così lontani. Le problematiche che ci ritroviamo ad affrontare sono spesso simili, anche se con sfumature e tempi di maturazione diversi. Ed è proprio per questo importante conoscersi sempre meglio.
Davide Sighele