Le elezioni dello scorso ottobre lo hanno lasciato all’opposizione, ma ora il leader del PDK ed ex-comandante della guerriglia UCK, Hashim Thaci, sembra avere tutto sotto controllo. Thaci insieme agli altri leader politici prenderà parte ad un importante Forum, voluto dall’amministratore internazionale del Kosovo, Soren Jessen-Petersen, con l’obiettivo di raggiungere il consenso del governo e dell’opposizione sulla delicata questione dello status e sulla posizione da assumere al tavolo negoziale con la Serbia, previsto entro quest’anno.
Per la prima volta la politica kosovara sta assaporando il significato dell’opposizione. Dopo quattro anni in cui ha regnato una falsa armonia tra le forze politiche, ora gli scandali vengono a galla.
Qual è la decisione finale del PDK riguardo il Forum politico, parteciperà o no?
Noi pensiamo che il Forum politico sia anche nel nostro interesse, perché la crisi istituzionale sta diventando sempre più profonda. Il parlamento non funziona democraticamente, il governo non è trasparente e il crimine organizzato è ben radicato, ecco perché questo Forum è necessario. Insieme con gli internazionali abbiamo raggiunto questa conclusione, che il Kosovo necessita di una strategia, ed essa può essere realizzata attraverso il Forum. Noi abbiamo inviato le nostre raccomandazioni all’amministratore internazionale Jessen-Petersen, e crediamo che saranno prese in seria considerazione per poter ottenere il necessario consenso.
Cosa avete richiesto in più rispetto a quanto proposto da Jessen-Petersen?
Abbiamo richiesto che in questo Forum si discuta delle questioni più importanti per il Paese. Il Forum sarà composto da quattro leader dei partiti politici PDK, LDK, AAK e ORA. Ci sarà un incontro a settimana, con un regolamento preciso. È necessario che su questioni importanti come lo status, la sicurezza o gli standard, si riesca a trovare il consenso di tutti.
Voi siete stati contrari all’idea di un forum di questo tipo, perché cercavate di ottenere un ruolo da decision-making. Adesso perché avete accettato?
Dall’inizio siamo stati favorevoli all’idea di un Forum politico. È stata un’idea comune del PDK e della comunità internazionale, ed è naturale che anche noi siamo d’accordo.
Ma questo tipo di Forum non è de facto una prova di decision-making,?
È pensato solamente come un Forum politico.
In che senso?
Nel senso di ottenere il consenso, perché su questo il governo del Kosovo ha fallito.
Quindi questo Forum sarà al disopra delle legittime istituzioni, come il governo e il Parlamento?
Si tratta di una strategia per uscire dalla crisi che ha coinvolto le istituzioni del Kosovo.
Sta dicendo che la classe politica kosovara non è in grado di trovare il consenso, senza un intervento esterno?
Sto dicendo che l’attuale coalizione non è capace di arrivare a questo accordo.
Perché il Partito Democratico non ha scelto di fare opposizione in parlamento anche sulle questioni importanti, come lo status?
Il Partito Democratico, ha posizioni molto chiare, nel parlamento e nel Governo siamo all’opposizione, ma non vogliamo che dopo il fallimento del Governo formato dalla coalizione tra LDK e AAK, fallisca anche il futuro del Kosovo.
Cosa ne pensa dell’incontro del Presidente Ibrahim Rugova con il suo omologo serbo Boris Tadic? È necessario che il presidente abbia l’approvazione del parlamento, per fare questo incontro?
È importante che si sviluppi un dialogo interregionale. Il Kosovo deve avere dei buoni rapporti con tutti gli altri Paesi. Ma per quanto riguarda la Serbia, la maggior parte delle questioni hanno un carattere politico e per poterci incontrare con loro dobbiamo avere piattaforme chiare, approvate dal parlamento del Kosovo.
Però, attualmente non esiste un piattaforma sul dialogo politico coi Serbi…
La si dovrà avere il più presto possibile.
Quale sarà la reazione del Partito Democratico se Rugova incontrerà Tadic, senza suddetta piattaforma?
Il Partito Democratico sta seguendo la situazione molto da vicino. Il nostro atteggiamento è chiaro: siamo a favore del dialogo, ma con una piattaforma approvata dal parlamento
Il PDK dichiara continuamente che con la Serbia non ci sarà alcun tipo di dialogo sulla questione dello status. Perché avete cambiato atteggiamento?
Assolutamente no. La questione dello status riguarda solamente la volontà del popolo del Kosovo e noi leader politici abbiamo l’obbligo di implementarla. Lo status attuale non è in accordo con lo stato esistente, ma noi confidiamo nel fatto che si tratti di una questione di tempo.
Allora su cosa si svolgeranno le trattative con la Serbia?
Questo dipende dalla piattaforma che il nostro parlamento deve produrre, altrimenti, può succedere come a Vienna, niente più che un incontro fallito.
Perché il parlamento non sta lavorando a questa piattaforma? non le sembra che siate in ritardo?
Il parlamento attualmente non sta lavorando a ciò, ma sta pensando di farlo. Il problema è che il nostro parlamento non funziona democraticamente.
La Serbia ha già scelto esperti e accademici che si occuperanno della questione dello status, mentre il Kosovo non ha nemmeno cominciato…
Noi dobbiamo orientarci di più alla costruzione delle istituzioni democratiche del Kosovo e alla piattaforma per uno stato indipendente. Dobbiamo collaborare con il Gruppo di Contatto e il Consiglio di Sicurezza per la valutazione degli standard. Naturalmente ogni governo si deve preparare per le questioni che tra Pristina e Belgrado sono oggetto di contesa, ma io ho proposto che in questo Forum ci sia anche un gruppo di esperti che saranno guidati dagli esperti dei partiti politici.
Sembra che i Kosovari ripongano nella comunità internazionale tutte le speranze riguardanti lo status …
Insieme abbiamo liberato il Kosovo e insieme lo renderemo indipendente. Ogni fallimento dei Kosovari è allo stesso tempo anche un fallimento della comunità internazionale. E anche il successo sarà in comune, e io credo nel successo.
Ma lei pensa che la comunità internazionale abbia la medesima volontà di risolvere la questione del Kosovo, che aveva sei anni fa?
Io penso che la volontà di oggi sia superiore a quella di sei anni fa, perché ora tutti sono convinti che non esiste altra soluzione per il Kosovo, che quella di creare un stato indipendente e sovrano.
Però, durante questi anni, la classe politica kosovara molto spesso ha deluso la comunità internazionale…
Le delusioni ci sono state da entrambe le parti, i Kosovari sono rimasti delusi dagli internazionali, e anche loro da noi. Ma l’importante è che abbiamo mantenuto la collaborazione e il comune interesse nel costruire istituzioni democratiche, nella democratizzazione del Paese, nel ritorno dei rifugiati, nel raggiungimento degli standard e nell’aprire una prospettiva di futuro nelle strutture nord-atlantiche.
Si sa che la questione riguardante le minoranze è la più importante ed è in grado di mettere in discussione lo status. Perché i Kosovari, non hanno fatto di più, durante questi anni?
Io penso che gli Albanesi abbiano fatto quello che dovevano fare. Hanno dimostrato una certa maturità, sensibilità, fiducia e tolleranza fra i cittadini. Noi abbiamo fatto un appello affinché tutti i rifugiati ritornino alle loro case, alla loro patria. Naturalmente le istituzioni del Kosovo non possono assicurare posti di lavoro per tutti.
È stato difficile per voi fare questo appello?
Naturalmente, il Kosovo ha passato un grave periodo di genocidio e guerra, però il futuro non devo essere ostaggio del passato.
Voi credete che gli standard saranno valutati positivamente?
Credo di sì, noi abbiamo raggiunto degli standard che i Paesi della regione non hanno potuto raggiungere, per esempio: elezioni libere e democratiche, il ritorno dei rifugiati, buoni rapporti di vicinato, ecc.
Passiamo ad un’altra questione piuttosto importante. In questi giorni il Partito Democratico ha reso noti dei documenti che accusano di collusione col crimine organizzato, sia i leader politici che alcune strutture politiche. Perché adesso questo dossier?
Perché non adesso? Ogni momento è buono per lottare contro il crimine organizzato, specialmente quando in questo crimine è coinvolto anche il Governo
Quali sono gli argomenti del dossier?
Gli argomenti sono forti, e le strutture della polizia e della giustizia internazionale se ne stanno occupando con intensità. I primi effetti sono già visibili. Noi abbiamo avuto la possibilità di vedere che ci sono dei partiti politici che hanno strutture paramilitari che guidano il governo del Kosovo
Se il Partito Democratico avesse fatto parte della coalizione di governo, come lo era prima delle elezioni, cosa sarebbe successo con questo dossier? perché siete stati in silenzio fino ad ora?
Prima di tutto il Partito democratico non farebbe mai parte di un governo in cui sono presenti elementi e persone che fanno capo al crimine organizzato.
Ma spesso si sente dire che questo documento non è altro che un fiasco politico…
Si vedrà. Noi abbiamo istituzionalizzato le preoccupazioni dei cittadini e naturalmente nel dossier abbiamo detto cosa il capo della LDK, Ibrahim Rugova, o le sue strutture paramilitari hanno fatto contro le gente dell’UÇK, dell’opposizione, dell’ambito accademico, della società civile e contro gli uomini d’affari.
Un’ultima domanda: il PDK si è dichiarato fortemente contrario alla decentralizzazione – un processo sul quale la comunità internazionale sta insistendo parecchio – mentre quando eravate al governo non avete mai proposto un progetto serio. Perché?
Il partito Democratico è stato l’iniziatore delle riforme sul potere locale in Kosovo. Noi siamo a favore della decentralizzazione, però prima di questo processo si devono preparare le leggi sui poteri locali e sui finanziamenti, e si devono adottare le raccomandazioni del Consiglio d’Europa. Noi non accettiamo una decentralizzazione su base etnica e politica, una decentralizzazione che non unisce ma divide. Il progetto del Governo causa la separazione del Kosovo, alimenta le divisioni etniche ed è quasi uguale al piano di Kostunica.