Lontano dal Kosovo

Sempre più persone, soprattutto giovani, abbandonano il Kosovo per tentare fortuna nei paesi dell’Unione europea. Il fenomeno, determinato da povertà e mancanza di prospettive desta sempre più preoccupazione

21/01/2015, Violeta Hyseni Kelmendi - Pristina

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Anjan Chatterjee/flickr

Desta preoccupazione il numero dei cittadini kosovari che lasciano il paese diretti in Unione europea, anche illegalmente. Come hanno denunciato le autorità ungheresi alla Tv kosovara KTV, nei soli mesi di novembre e dicembre 2014, circa 16.000 cittadini kosovari si sono registrati come richiedenti asilo in Ungheria. Sconosciuto invece il numero dei tanti che, arrivati in Ungheria, sono partiti alla volta di altri paesi membri dell’Ue senza registrarsi. L’agenzia nazionale kosovara di statistica ha riportato che da gennaio ad ottobre 2014, circa 14.000 persone hanno lasciato il paese con destinazione Europa. Conti alla mano, soltanto nel 2014 almeno 30.000 kosovari sono emigrati in Europa.

Il Kosovo è l’unico paese della regione a cui non si applica il regime europeo dei visti: per cui, per arrivare in Europa, i kosovari di solito si spostano in bus verso la Serbia da dove, con l’aiuto dei trafficanti, entrano in Ungheria. Le principali destinazioni sono i paesi europei più sviluppati: Germania, Francia, Svizzera, Svezia, etc. Secondo le autorità ungheresi, i kosovari costituiscono il numero più grande di richiedenti asilo in Ungheria, seguiti dai cittadini afgani e poi siriani.

Molti migranti kosovari dichiarano di lasciare il paese a causa della difficile situazione economica. Nel piccolo paese balcanico, il più povero d’Europa, hanno infatti perso ogni speranza di trovare un lavoro. Sono disposti a prendere strade difficili e pericolose, pur di entrare – anche illegalmente – nell’area Schengen sperando in un futuro migliore. Qualche giorno fa un kosovaro-albanese di 55 anni è morto assiderato in Ungheria nel tentativo di entrare in Unione europea.

L’ultima speranza

Nessuno poteva immaginare che sette anni dopo l’indipendenza, dal Kosovo sarebbero partiti massicci flussi migratori verso l’Europa. Per i cittadini del giovane paese, le ragioni politiche per ottenere lo status di rifugiato politico sono cessate, mentre persistono e si sono fatte più pressanti le ragioni di natura economica e sociale, come sostiene l’analista Ibrahim Rexhepi.

“Le motivazioni socio-economiche sono ora più rilevanti che mai. In Kosovo si avevano grandi aspettative dopo l’indipendenza, ma ben poche cose sono cambiante nella vita dei cittadini. Oggi i kosovari si sentono certamente più sicuri, ma per loro il welfare è peggiorato. Ora sono indipendenti, ma non hanno un lavoro, e il paese non attira investimenti stranieri. Le persone stanno perdendo la speranza per un futuro migliore in questo paese”, spiega Rexhepi. “I kosovari partono per assenza di prospettive, e questo può essere visto anche come un segnale di protesta sia per la situazione generale in Kosovo che per i leader politici che non stanno offrendo niente al paese”, aggiunge l’analista.

Con un tasso di disoccupazione che sfiora il 45% e una povertà diffusa, la massiccia migrazione non è destinata a fermarsi. La metà della popolazione kosovara (1.800.000 persone) è costituita da giovani di età inferiore ai 25 anni, molti dei quali senza lavoro. Lo stipendio medio è di 260 euro e il costo della vita è piuttosto alto in Kosovo. Confrontando i prezzi del paniere medio in Gran Bretagna e in Kosovo, Lumir Abdixhiku, direttore esecutivo dell’istituto di ricerca economica "Riinvest" di Pristina, stima che i kosovari spendono solo 4 euro in meno rispetto agli inglesi il cui stipendio medio è di 2.786 euro al mese.

Più di 580.000 kosovari vivono con meno di 1,75 euro al giorno e un terzo delle famiglie vive con meno di 260 euro al mese. Per loro lasciare il paese è più che naturale”, racconta Abdixhiku.

Gli economisti spiegano che l’economia kosovara è stata del tutto trascurata, mentre i politici si concentravano sulle questioni politiche come l’indipendenza e il dialogo per la normalizzazione delle relazioni con la Serbia. L’economia del paese è ora in stallo, e si combatte per difendere un tasso di crescita che, partendo da livelli iniziali molto bassi, si aggira oggi intorno ad un insufficiente 2,5%.

“Un potenziale migrante kosovaro sa bene che per sostenere la propria vita ha bisogno di più reddito. Per avere un reddito ha bisogno di un lavoro e di uno stipendio. E per avere un lavoro e uno stipendio che gli consentano di avere una casa, del cibo, salute ed istruzione, il suo paese ha bisogno di quintuplicare la sua performance economica. Oggi il tasso di crescita è del 2,5%. Di questo passo il paese avrebbe bisogno di 50 anni per raggiungere lo standard medio europeo”, analizza Lumir Abdixhiku.

La grande migrazione dei kosovari verso l’Europa è una questione estremamente delicata per il Kosovo. Come avverte l’analista Ibrahim Rexhepi, “è un campanello d’allarme per la disoccupazione e il tasso di povertà, per il malfunzionamento dello stato di diritto, per il nepotismo e l’assenza di professionalità nelle istituzioni pubbliche, per gli (inesistenti) investimenti pubblici principalmente destinati alle infrastrutture stradali e non a migliorare il terreno per l’impresa economica e per attirare investitori stranieri, e per l’arricchimento illecito di singoli individui che occupano posizioni chiave. Tutte queste cose hanno ucciso la speranza dei cittadini kosovari e non è possibile migliorare tutti questi difetti nel breve periodo”, spiega Rexhepi.

La preoccupazione delle istituzioni

Preoccupato per il massiccio incremento del numero di persone in fuga dal Kosovo, il Rappresentante speciale dell’UE in Kosovo, Samuel Žbogar, ha richiamato i leader del paese a reagire per bloccare il flusso di migrazione illegale. “Ovunque le persone, quindi anche in Kosovo, desiderano restare nel proprio paese. Hanno bisogno di vedere come possibile il futuro nel proprio paese piuttosto che altrove. La faccenda è semplice: hanno bisogno di lavorare, di un segnale che possa essere una garanzia per il futuro delle proprie famiglie. Hanno bisogno di un rinnovato segnale di speranza e di una posta in gioco nel futuro. Il Primo ministro Isa Mustafa e il suo governo hanno una grande sfida davanti a sé. Il tempo è scaduto e devono ora tracciare la strada, devono accendere una luce in fondo al tunnel oltre il quale un futuro migliore attende i cittadini del Kosovo”, ha affermato Žbogar durante il meeting del Consiglio nazionale kosovaro per l’Integrazione europea. 

Žbogar ha stimato che, nel caso dei kosovari, sono davvero poche le possibilità di ottenere lo status di richiedenti asilo in Europa. Il rappresentante europeo ha inoltre spiegato che per quanto riguarda il dialogo per la liberalizzazione dei visti, non è nell’interesse del Kosovo se il numero dei richiedenti asilo in Europa cresce in misura massiccia.

Sia la Presidente Atifete Jahjiaga che il Premier Isa Mustafa hanno espresso la propria preoccupazione per i grandi flussi di persone che lasciano il paese. Entrambi hanno ribadito il proprio impegno per migliorare la situazione economica in Kosovo, combattere il crimine organizzato e i traffici illeciti che traggono profitto dalla disperazione e dalle scelte che molti kosovari sono disposti a fare pur di entrare, anche illegalmente, in Unione europea.

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