Lo stato dell’arte sulle questioni ambientali nel quadro dell’allargamento europeo

Philip Weller, direttore esecutivo dell’International Commission for the Protection of Danube

31/12/2003, Redazione -

State viaggiando su uno dei più grandi fiumi d’Europa, un fiume che la unisce culturalmente e politicamente da est a ovest, è un fiume che dal punto di vista biologico e geografico unisce ciò che la politica continua tener diviso.

Un fiume che nasce nelle montagne nel cuore dell’Europa e scorre attraverso le grandi pianure dell’est, fino al Mar Nero. Il fiume è un simbolo di unione tra i popoli e nel caso del Danubio sono 18 i paesi che sono nel suo bacino idrografico inclusa l’Italia che ha un piccolo lembo di terra entro questo bacino. Un territorio in cui vivono più di 82milioni di persone e che riunisce ecosistemi diversissimi tra di loro.

Il Danubio è un grande fiume che riversa 6500 metri cubi al secondo nel mar Nero e continua a subire pesanti ripercussioni ecologiche da parte delle attività umane. Diverse sono le dighe presenti sul Danubio che ne hanno profondamente cambiato le caratteristiche e una, per la produzione di energia idroelettrica, l’avete incontrata viaggiando ieri da Vienna a Budapest. La disomogeneità dei territori che il Danubio attraversa, sia che parliamo di economia, di società e di ambiente, è, certamente, uno dei valori e delle sfortune di questo grande fiume.

E’ una regione, quella attraversata dal Danubio, che include regioni ricche, come l’Austria e la Germania, fino alla Moldavia dove il reddito mensile è sotto i 100 dollari, la disparità economica si riflette anche in una diversa gestione politica che, fino alla fine degli anni ’90, si caratterizzava per una divisione netta a metà del Danubio tra il blocco comunista e l’Europa occidentale che, fortunatamente per tutti noi, non esiste più. Rimangono però le differenze economiche e l’allargamento dell’Unione europea è un tentativo di livellare queste differenze, ma l’allargamento a 8 nuovi paesi dell’Europa dell’est significherà anche un livellamento e un miglioramento delle politiche di gestione del Danubio.

I paesi interessati dall’allargamento e che condividono il bacino del Danubio sono Slovenia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca e altri ancora come Bulgaria e Romania hanno iniziato già i negoziati.

C’è una regione che continua ad essere fuori da una prospettiva comune di gestione del Danubio ed quella Balcanica. Negli scorsi anni, sono stati fatti diversi studi che hanno analizzato la salute ambientale del Danubio, come tanti altri bacini idrografici, ha pesantemente pagato le attività umane che si svolgono nel proprio bacino. Ci sono importanti casi di’inquinamento industriale e anche di modificazioni insostenibili del bacino. Le fonti principali d’inquinamento nel Danubio sono; l’attività industriale, le acque reflue e la gestione dei terreni attigui al bacino. Durante gli anni 90 molti sono stati gli sforzi per frenare o per migliorare la situazione, uno studio dell’ UNEP ha evidenziato una mappa delle priorità e delle emergenze (che trovate nella presentazione in PP) per la Romania per esempio ci sono 70 siti industriale che vengono riconosciuti come pericolosi. Servono risorse e un impegno politico per risanare queste aree e per investire in attività industriali più pulite. Ma l’inquinamento industriale non è l’unico problema, l’altro grande problema è la gestione strutturale del bacino, le canalizzazione per l’irrigazione agricola, l’estrazione di sabbia, hanno mutato profondamente la struttura fisica del bacino (vedere presentazione PP).

La risoluzione dei problemi ambientali del Danubio è tanto complessa, quanto la necessità di cooperazione tra i diversi stati che attraversa, sono molto felice di rappresentare ICPDR che è uno dei meccanismi che sta tentando di risolvere i problemi ambientali attraverso la cooperazione tra i diversi attori, la convenzione per la protezione del Danubio fu firmata nel 1994 da tutti gli stati del bacino, è una struttura legale per la cooperazione, con lo scopo di proteggere la risorsa idrica e biologica del Danubio e per assicurare un uso sostenibile all’interno del bacino.

La convenzione è un accordo legale tra tutti i paesi per assicurare innanzitutto un uso razionale e sostenibile e per controllare il tipo e la qualità delle acque reflue immesse dai singoli stati e per evitare quei disastri industriali che hanno reso tristemente famosa quest’area, come quello che nel 2000 causò il riversamento di migliaia di quintali di metalli pesanti nel fiume Tesza e praticamente ha eliminato qualunque forma di vita nell’arco di 300 km. L’obiettivo è anche quello di diminuire la quantità di inquinanti che ogni anno che il Danubio riversa nel mar Nero, che è l’area dove si depositano tutti gli inquinanti che il fiume trasporta. Le parti che hanno contratto la convenzione sono 40 e tutti i paesi ad eccezione della Bosnia Erzegovina sono membri permanenti della commissione (vedere presentazione PP).

Bisogna dire che sono stati molti i passi in avanti grazie ai tanti investimenti fatti nel bacino del Danubio, ma rimangono alcuni punti critici: protezione delle zone umide, trattamento delle acque dei centri urbani e delle aree industriali, gestione dei terreni agricoli. Un punto chiave rimane il problema dell’eutrofizzazione delle acque del Danubio che contribuiscono in modo consistente all’alta quantità di nutrienti presenti nel mar Nero.

Voglio concludere con una nota sulla direttiva europea sull’acqua che introduce un fondamentale strumento di analisi dei problemi legati alla risorsa idrica: la gestione dei fiumi non può essere separata dalla gestione integrata dell’intero bacino idrico, questo è un punto fondamentale e l’applicazione delle direttive dovrebbe migliorare sensibilmente la gestione dei fiumi e voglio, ancora, sottolineare quanto la gestione partecipata e cooperativa del bacino idrico sia una dimensione necessaria per la sostenibilità ecologica futura.

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