Lo scrittore, un fantasma
Ardian-Christian Kyçyku, classe ’69, è uno dei migliori scrittori albanofoni contemporanei. Vive a Bucarest da circa vent’anni, e scrive contemporaneamente in albanese e in romeno. Un’intervista sul ruolo dello scrittore nell’Albania moderna e sui rapporti tra questa e la Romania
L’opera di Ardian-Christian Kyçyku, estremamente prolifica, è caratterizzata da un linguaggio fortemente creativo con cui l’autore percorre in maniera originale tematiche dell’Albania degli ultimi vent’anni, e del suo essere diviso a metà tra l’Albania e la Romania. Le sue opere sono tradotte in diverse lingue europee.
Cosa significa essere uno scrittore albanese in Romania?
Essere albanese in Romania, credo sia un po’ come essere romeno in Albania… Nel mio caso, però, è stato tutto più facile: mi sono ritrovato in una lunga e consolidata tradizione della cultura albanese che viene coltivata in Romania. Una parte molto importante della letteratura albanese è stata scritta da albanesi che hanno vissuto a lungo in Romania e che sono stati molto legati alla cultura di questo paese.
Perché ha scelto di andare proprio in Romania, mentre per la sua generazione il punto di riferimento culturale era senza dubbio l’Europa occidentale oltre Adriatico?
Forse il mare era per me insostenibile, visto che sono nato in riva al lago di Ohrid. In realtà non avevo intenzione di lasciare l’Albania, ma ho dovuto farlo per via del mio dottorato che ho conseguito a Bucarest. Poi ho scoperto in Romania un posto tranquillo dove poter scrivere, mentre in Albania venivo dimenticato e abbandonato.
In che senso è stato abbandonato dall’Albania?
Non sono stato abbandonato io soltanto. E’ stato l’essere scrittore che veniva percepito in modo ormai diverso. E continua ad essere così tuttora. Lo scrittore è una figura fantasma nella società albanese di oggi. Basti citare il fatto che la professione di scrittore non viene riconosciuta dal codice del lavoro. Quando uno si trova in queste condizioni è naturale che vada a cercare altri ambienti. La realtà albanese è guidata ormai da altri principi, che producono una realtà interessante, che potrebbe fornire ottimi spunti per fare letteratura ma si tratta di un mondo che è ostile alla letteratura stessa.
Perché questa sorta di ostilità?
Perché la gente è cambiata. Con il crollo del comunismo sembra che la gente dedichi sempre meno attenzione alle esigenze dell’anima e della cultura. L’obiettivo principale è sopravvivere o realizzarsi materialmente, trascurando il resto.
In Romania la situazione è diversa?
In Romania la scena culturale è molto ricca e la situazione è a mio avviso molto diversa da quella albanese. Basti pensare che è un paese di 22 milioni di abitanti, mentre l’Albania è un paese di poco più di 3 milioni. Ciò fa si che tutto in Romania sia più grande rispetto all’Albania, in termini di opportunità e di sbocchi culturali. Poi penso incida anche il fatto che la dittatura comunista in Albania è stata molto più ottusa e isolazionista di quella romena. A mio avviso la cultura romena non ha una struttura piramidale, come la cultura albanese.
In che senso piramidale?
Nel senso che le personalità che vi partecipano sono poche, ma allo stesso tempo c’è tanta gente che fa arte e letteratura al di fuori senza partecipare a questa élite, e in questo modo si creano dei piccoli clan, e antagonismi, in cui uno si deve collocare all’interno di uno di questi raggruppamenti, contro un altro, altrimenti rischia di rimare tagliato fuori dal sistema.
Com’è iniziato il bilinguismo nella sua opera letteraria? Come avviene la selezione della lingua per ogni singolo libro?
Non sono io a deciderlo razionalmente, in realtà. Non vorrei generalizzare – non so quali siano le esperienze di altri autori bilingui. Nel mio caso il mio rapporto con le due lingue rimane identico a quello che era nel 1996 quando ho iniziato a scrivere anche in romeno. E’ il soggetto o il tema del romanzo a decidere per me la lingua. Entrambe le mie lingue sono estremamente ricche, ma si prestano meglio a tipi diversi di soggetti. Il romeno per esempio ha un umorismo molto disinvolto, mentre l’albanese è una lingua più solenne – il romeno esprime meglio il grottesco, mentre l’albanese si presta meglio al sarcasmo – per cui è il libro a scegliere la lingua. E’ difficile scrivere lo stesso libro in entrambe le lingue.
C’è chi dice che l’albanese e il romeno siano una stessa lingua dal lessico diverso… Lei che percezioni ha al riguardo?
Sicuramente ci sono legami molto stretti tra le due lingue, come molti linguisti sostengono. Probabilmente sono lingue che affondano le radici in un passato comune. Ma nel mio caso è la lingua viva, la complessità culturale e spirituale della lingua attuale che conta. E’ evidente che ci sono dei legami molto forti, ma preferisco utilizzare queste due lingue, piuttosto che studiarle. Per me è molto più importante cogliere la comunanza dello spirito romeno, e di quello albanese, che sono simili, probabilmente per lo stesso motivo alla base della comunanza linguistica. Oggi però queste due culture hanno subito influssi diversi e quindi i legami continui e storici tra il romeno e l’albanese, e rispettivamente tra queste due culture, si sono molto affievoliti.
Ma qual’è il livello di conoscenza reciproca?
La cultura albanese è relativamente conosciuta in Romania, ed è anche molto apprezzata. Più che ai rapporti diretti tra Albania e Romania, questo è dovuto alla comunità albanese in Romania, che è stata nel secolo scorso la comunità albanese più importante fuori dal paese d’origine. Nicola Iorga, un grande intellettuale romeno, che ha contribuito tantissimo negli studi albanologici, diceva che i romeni e noi albanesi siamo cugini dello stesso sangue. Questo è vero. Nel mondo romeno gli albanesi sono sempre stati accolti con enorme benevolenza. Grandi scrittori albanesi come Mitrush Kuteli, e Lazgush Poradeci hanno passato una parte importante della loro vita in Romania. Inoltre io a Bucarest , al mio arrivo, ho trovato una folta comunità di intellettuali della mia città, Pogradec.
Quali sono i suoi rapporti con l’Albania oggi?
Cerco di non fare una letteratura a scadenza definita. Questo implica che il mio vissuto in Albania, e la realtà albanese vengano fuori anche a distanza di anni, nonostante io viva a Bucarest da molto tempo. La realtà albanese rimane molto interessante, offrendo numerosi spunti. Mancando la quotidianità, posso vedere certe cose in maniera più complessiva. Sull’Albania "quotidiana" di oggi , però, non penso di aver il diritto morale di esprimermi.
D’altra parte, c’è chi dice che Tirana è troppo provinciale per accorgersi di quello che succede fuori il territorio albanese…
L’Albania non ha ancora risolto molti problemi degli scrittori del suo territorio. Si usa sostenere o colpire gli scrittori secondo criteri arbitrari. Ritengo comunque che noi che siamo all’estero non possiamo pretendere l’attenzione di Tirana.