L’Italia dell’uranio

A Sesto Fiorentino, nel quadro delle iniziative della giornata internazionale per la messa al bando delle armi all’uranio impoverito, è stato presentato il libro "Uranio. Storia di un’Italia impoverita" del Maresciallo Domenico Leggiero. Nostra intervista all’autore

10/11/2006, Nicole Corritore -

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Un proiettile arricchito all'uranio

Questo libro denuncia la vicenda di militari italiani ammalatisi di tumore dopo essere stati in missione in luoghi dove è stato usato munizionamento all’uranio impoverito. Quali sono i motivi che la hanno spinta a scriverlo?

Verba volant, scripta manent. Volevo che il ricordo di questi ragazzi rimanesse vivo, quindi c’è un libro e c’è una testimonianza. Inoltre io ero carico, carico di emozioni che questi ragazzi mi avevano trasferito e che in qualche modo dovevo esprimere. L’ho fatto quindi con un libro, qualcosa che resta. Purtroppo, in base ai dati che abbiamo raccolto come Osservatorio Militare, dall’uscita del libro ad oggi sono morti altri tre soldati e il numero dei deceduti è salito a 42, mentre sono 492 quelli che fino ad ora si sono ammalati di tumore.

Nel libro lei fa denunce molto dure, raccontando i retroscena delle storie dei singoli soldati con un unico filo conduttore: quello di un apparato, non solo militare, che ha voluto in tutti i modi nascondere la verità, attraverso falsificazione e omissione di dati, minacce, informazione censurata o pilotata. Quali sono state le reazioni a queste sue denunce?

L’ho detto e l’ho scritto nel libro, affinché qualcuno di questi signori si degni di rispondere, un giorno. Anche se penso che i casi siano due: o non hanno letto il libro e quindi non mi arrestano perché non sanno che ho scritto tante sciocchezze, oppure sanno che sciocchezze non sono e non leggono il libro per non arrestare i veri responsabili.

Voglio fare l’esempio di una trasmissione di Costanzo, che credo sia emblematica di un’informazione pilotata. La delusione, in questo caso, è stata enorme. Era appena morto un soldato, e nell’arco di sei ore hanno organizzato una puntata del Costanzo show facendo un addestramento dei miei colleghi. Il messaggio che doveva partire dai soldati in missione in Bosnia era: "Mamma, babbo, stiamo bene… venite qua, stiamo tutti bene".

Stiamo tutti meglio, si mangia bene, c’è il sole, qui non piove mai e l’uranio fa bene perché rinforza i tessuti… Questo era il messaggio che Costanzo ha voluto dare, a causa dei legami con Mandelli e con un sistema militare con il quale bisogna trovare il modo di convivere. Perché non ci si può mettere contro determinati militari…

Il suo libro è uno specchio dell’attività del vostro Osservatorio Militare, che dal momento della sua istituzione segue questi ragazzi malati. Che cosa è cambiato dopo un anno di vostra attività?

L’unica cosa che è cambiata è stata lo stanziamento in finanziaria di una piccola somma, che è stata aperta a tutti e non solo a questi ragazzi. Cioè non solo a quelli morti per leucemia, ma a tutti quelli che hanno avuto delle cause di servizio, che vanno dal dito slogato alla gamba rotta. Si tratta di dieci milioni di euro, da dividere tra le decine di migliaia di persone che hanno i requisiti, un’elemosina. Ma io lo considero comunque un primo segnale, la giustizia vera arriverà nei tribunali. Il 25 novembre ci sarà a Roma la prima udienza sul procedimento civile avviato dall’avvocato Tartaglia. Ogni procedimento è singolo, per evitare che un unico giudice possa decidere per tutti. Si tratta di una tecnica utilizzata dal legale per dar modo alla magistratura di dare un giudizio più allargato, nel senso che saranno molti i giudici destinati a giudicare e valutare.

Il libro ha messo in movimento anche il ministero della Difesa. Infatti, al di là dell’ostruzionismo che c’è stato, il ministero sta utilizzando anche le informazioni contenute nel libro per preparare le contromosse. La cosa che il libro ha più evidenziato è che ancora non ci vuole essere collaborazione. La Difesa tende a voler nascondere le proprie colpe, mentre il mio libro voleva favorire una presa di coscienza e una chiarezza nel capire chi ha sbagliato e quindi tutelare, per assurdo, il ministero stesso. Perché nel momento in cui sappiamo che si lavora per individuare immediatamente il colpevole e c’è collaborazione da parte dell’intera istituzione, abbiamo la certezza di lavorare in un’istituzione, quella militare, più pulita, più chiara e corretta. Non va colpevolizzata l’intera istituzione, essa va salvaguardata. Si deve però capire se la politica ha la forza di salvaguardare le istituzioni e se le stesse hanno voglia di guardarsi all’interno ed eliminare le mele marce.

Come Osservatorio Militare avete rapporti di collaborazione con vostri omologhi di altri paesi europei e americani? Avete ottenuto dei dati significativi al convegno internazionale di Hiroshima sul bando delle armi all’uranio impoverito dell’agosto scorso?

Abbiamo rapporti di collaborazione con la "Avigolfe" francese ma anche con le associazioni di reduci americani e inglesi. Con i giapponesi, seppure ci sia stato un grande e importantissimo scambio di informazioni, è diverso perché non hanno la realtà e la dimensione di quello che è il caso uranio in Italia. Da un lato è fatto addirittura divieto ai militari di parlare di questioni militari, e dall’altro non c’è ancora un caso uranio, perché il Giappone opera solo da poco in ambito internazionale. Rispetto alla nostra collaborazione con Aigolfe e le associazioni americana e inglese non possiamo fornire pubblicamente alcun dato. Questa è stata la loro espressa richiesta e inoltre abbiamo intenzione di far presente tutti insieme la situazione. Vorremmo farlo entro breve a Strasburgo anche se, purtroppo e con grande dispiacere, le uniche forze politiche che si sono rese disponibili ad organizzare un incontro con la Commissione Difesa europea sono forze identificate come estremiste sia a destra che a sinistra… e non vorremmo essere strumentalizzati.

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