L’Iran: niente forze straniere in Karabakh

L’Iran è l’unico Paese terzo – oltre a Armenia e Azerbaijan – a confinare con la zona del conflitto in Nagorno Karabakh. E lungo quel confine non vuole nessuna forza di peacekeeping internazionale. Un’analisi

26/05/2011, Gegam Bagdasaryan - Stepanakert

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Dettaglio del ministero degli Esteri iraniano, Tehran (siposoft/flickr )

Il 14 maggio scorso dall’ambasciata iraniana in Armenia è arrivata una dichiarazione senza precedenti. Due, in particolare, i punti di rilievo. La dichiarazione sottolinea che la posizione ufficiale dell’Iran su tutte le questioni di politica estera si esprime esclusivamente attraverso il presidente, il ministro degli Esteri e il suo portavoce. Di conseguenza, ogni altra opinione viene espressa a titolo personale. L’ambasciata annuncia anche che, in merito al conflitto fra Armenia e Azerbaijan, l’Iran si è sempre espresso per una  risoluzione del conflitto basata sul dialogo, il non uso della forza e il rispetto del diritto all’autodeterminazione. Quindi l’Iran, l’unico paese confinante con la zona di conflitto, esprime preoccupazione rispetto alle provocazioni in corso nella regione e vuole evitare che queste diventino un pretesto per far arrivare forze militari di Paesi terzi in prossimità dei confini iraniani. Del perché l’Iran abbia ritenuto necessario ricordare chi ha la facoltà di esprimere la posizione ufficiale del Paese parleremo fra poco. Ma ciò che è davvero senza precedenti è il chiaro e inequivocabile riferimento al diritto all’autodeterminazione.

Il giorno prima, il 13 maggio, il presidente armeno Serzh Sargsyan aveva ricevuto l’inviato speciale del presidente iraniano Mohammedreza Rauf Sheiban, con cui aveva discusso temi di comune interesse. Lo stesso aveva fatto il ministro degli Esteri armeno. Ma come si è riflesso tutto questo sui media armeni? Sia la visita che il comunicato sono stati interpretati alla luce della politica interna armena e dei legami con la possibile “svolta” nella gestione del conflitto del Karabakh e il dispiegamento di forze di pace sul confine fra Iran e Karabakh.

Il confine tra Iran e zona del conflitto in Karabakh

In verde è indicato il territorio che la regione autonoma del Nagorno Karabakh occupava in epoca sovietica, in giallo i territori occupati dalle autorità de facto di Stepanakert al di fuori di quell’area – Mappa OBC

 

Secondo l’analisi del quotidiano online “Lragir”, questa disputa diplomatica si svolge sullo sfondo di importanti eventi. Il confine fra Iran e Karabakh, che si estende da Meghri a Horadis per 170 chilometri, è di vitale significato per l’Iran, che è soddisfatto dell’attuale status quo nonché dell’assenza di altre forze sul confine. Eppure, come suggeriscono gli esperti armeni, l’Iran avrebbe motivo di preoccuparsi.

Il fatto è che sia il partito d’opposizione di Ter-Petrosyan e il Partito repubblicano attualmente al governo non escludono la possibilità di cedere all’Azerbaijan i territori controllati da Stepanakert ma situati al di fuori dei confini del Karabakh sovietico, compresi i quattro distretti confinanti con l’Iran [la parte sud della zona in giallo nella mappa].

“Questa soluzione fa nascere la questione della disposizione delle forze di pace nella zona di conflitto”, scrive “Lragir”. “La composizione di queste forze è un problema cruciale: saranno russe, occidentali o congiunte? Nessuna di queste opzioni soddisferebbe l’Iran, che vede la presenza di qualsiasi forza di pace come una minaccia per la propria sicurezza, con particolare riferimento al separatismo delle province settentrionali”.

L’Iran cerca in Armenia dei partner che condividano la sua visione geopolitica. Gli esperti armeni si trovano quindi di fronte ad una situazione piuttosto curiosa: l’Iran cerca di convincere l’Armenia a non cedere i propri territori.

Politica interna iraniana

Ma ora torniamo alla prima parte della dichiarazione dell’ambasciata, dove si sottolinea che la posizione ufficiale iraniana si esprime solo attraverso il presidente e il ministero degli Esteri, mentre ogni altra opinione è espressa a titolo personale. Queste parole suonano come un chiarimento rispetto ad un recente incidente, segno inequivocabile del conflitto interno fra l’ayatollah Khamenei e il presidente Ahmadinejad. Sahid Hasan Ameli, imam-jumu’ah e rappresentante ad Ardabil del leader spirituale dell’Iran, l’ayatollah Khamenei, aveva dichiarato che l’Iran aveva aiutato l’Azerbaijan durante il conflitto del Karabakh.

Visita il dossier di Osservatorio sul rischio di nuovo conflitto in Nagorno Karabakh (2011)

“Finora i politici iraniani non ne hanno parlato e tuttora evitano questo discorso, probabilmente per considerazioni diplomatiche. Ma io no. Sono un imam-jumu’ah e nei miei discorsi devo rispondere alle domande e ai sospetti dei fratelli musulmani. Noi abbiamo fornito armi alle truppe che combattevano per Shusha e si trovavano in difficoltà. Con il consenso del governo e su richiesta di Rahim Gazijev (ministro della Difesa azero nel 1992-93), abbiamo creato uno stato maggiore della difesa congiunto, nelle cui fila generali di Tebriz e Ardabil hanno aiutato i fratelli azeri facendo tutto il possibile, giorno e notte, per contrastare l’aggressione armena”.

Secondo l’imam, l’Iran avrebbe anche fornito sostegno logistico inviando sul fronte, ove necessario, migliaia di soldati dall’Afghanistan. “Noi non abbiamo dato uomini e armi agli armeni, ma ai fratelli azeri. Le nostre basi di addestramento non erano in Armenia, ma in Azerbaijan”, dice in una dichiarazione riportata da SalamNews e ripresa dall’agenzia Arannews.

Il ministro della Difesa armeno Sejran Oganjan, in una tribuna parlamentare, ha confermato che durante la guerra del Karabakh soldati afgani combattevano al fianco di quelli azeri, ma non ha menzionato l’Iran. Secondo fonti vicine all’ambasciata iraniana a Yerevan, i rapporti fra Iran e Armenia sono così stretti e positivi che un’informazione di questo tipo non ha bisogno di commenti. La stampa armena assicura anche che proprio l’Iran, unico paese confinante con la zona di conflitto, ha garantito approvvigionamenti alimentari all’Armenia durante la guerra. Allo stesso tempo, sulla stampa è circolata una notizia non confermata secondo cui Manouchehr Mottaki, ex-ministro degli Esteri iraniano, avrebbe visitato Karabakh e regioni confinanti con l’Iran nell’autunno 2010.

Secondo alcuni esperti, al presidente iraniano rimane un solo partner nella regione, ed è l’Armenia. Le dichiarazioni del rappresentante dell’ayatollah avrebbero quindi lo scopo di privare Ahmadinejad del suo unico alleato.

Cosa si dice a Baku?

Anche in Azerbaijan si è provato a confutare queste sensazionali dichiarazioni, ma il quotidiano “Eni Musavat” si è rivolto a Sardar Khamidov, il comandante delle truppe azere che durante la guerra aveva guidato l’attacco in direzione di Agdam. Khamidov ha raccontato di mercenari afgani e di altre nazionalità portati dall’Iran in Azerbaijan.

Jagub Mamedov, ex-portavoce del parlamento azero, ha confermato ai media locali le affermazioni del rappresentante dell’ayatollah Khamenej, e così hanno fatto anche l’ex-ministro della Difesa azero Rahim Gazijev e l’ex-leader del Partito islamico repubblicano azero Khadzhi Nurijev. In particolare, Nurijev ha dichiarato ai media azeri: “E’ ora che sia reso noto il sostegno che l’Azerbaijan ha ricevuto dall’Iran, senza il quale ci saremmo trovati in una situazione ancora più pesante”. Fedele alla propria linea tradizionale, l’Iran oscilla fra Armenia e Azerbaijan. Secondo Rauf Mirkadyrov, osservatore politico del quotidiano azero “Zerkalo” (Specchio), l’Iran dichiara di sostenere il diritto all’autodeterminazione quando si trova in Armenia, mentre parla a favore dell’integrità territoriale quando interloquisce con  il governo azero.

Sul tema è arrivata anche una dichiarazione ufficiale di Teheran. La posizione iraniana sul conflitto del Nagorno Karabakh non è cambiata, ha annunciato Ramin Mehmanparast, rappresentante ufficiale del ministero degli Esteri: "Come in precedenza, l’Iran sostiene una risoluzione pacifica del conflitto in conformità con il diritto internazionale”. Quale sarà davvero l’ultima parola? Lo dirà il tempo.

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