Tra gli eurocrati di Bruxelles c’è una lobby che crede sia meglio per l’Europa favorire l’integrazione dei Balcani, anziché ghettizzarli ai propri margini. E’ vero che il Patto di Stabilità non ha ancora fatto granché, ma è incoraggiante già solo il fatto che l’Europa inizi ad occuparsi di questo problema. In Bosnia Erzegovina il pensiero più diffuso riguardo all’integrazione è che sarà un percorso molto lungo e molto lento, e che i paesi balcanici entreranno in Europa come paesi singoli anziché tutti insieme su base regionale. Così la pensa ad esempio Maria Todorovna, nota sociologa bulgara, in un’intervista
rilasciata il 10 agosto scorso a Slobodna Bosna.
Ma la gente comune si augura che non sia proprio così, cioè che la strada per l’Europa sia meno lunga e che si riesca ad entrarci assieme, o per lo meno prima della (attuale) Jugoslavia e non dopo la Croazia. La nuova/vecchia competizione prosegue…
Il Consiglio d’Europa, almeno…
Proprio in questi giorni doveva giungere la risposta alla richiesta della Bosnia di entrare nel Consiglio d’Europa. Ma la persona incaricata di scrivere il rapporto sulle condizioni del paese per l’entrata nel Consiglio d’Europa, Laslo Surjan, non ha potuto partecipare alla riunione del 3 e 4 settembre a Tbilisi. Il suo rapporto perciò è pronto, ma non è ancora stato presentato ai membri
della ‘giuria’ e sembra addirittura che la decisione definitiva si possa avere solo nel gennaio del 2002. Nel frattempo, tutti i tre presidenti della Bosnia, il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Presidenti dei Parlamenti faranno una dichiarazione scritta, nella quale si assumeranno la responsabilità di garantire tutte le condizioni imposte dal Consiglio d’Europa.
A questo proposito sembra che un passaggio molto importante sia stato compiuto pochi giorni fa. Dopo vari tentativi, infatti, il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale, condizione essenziale per potersi candidare al Consiglio d’Europa. Certo, non tutti sono rimasti soddisfatti, alla fine ha vinto il compromesso, ma quello che conta è soprattutto il risultato: l’approvazione della legge elettorale. Questo, per quanto riguarda le istituzioni politiche e il loro impegno.
Cosa ne pensa la gente?
Ma la gente in Bosnia, cosa pensa dell’integrazione? Si interessa soprattutto dei risvolti pratici e
non vede l’ora che cadano le tante barriere ancora esistenti. "Quello che ci disturba sempre di più – dicono i cittadini bosniaci – sono i visti. E’ una umiliazione: devi andare a fare la fila per 200 metri, aspettare giorni e giorni, e poi chi sa se te lo danno, il visto. Prima, nel periodo di Tito potevamo viaggiare in tutta l’Europa senza il visto. Oggi ci sentiamo così piccoli!". E poi c’è la rabbia perché, ad esempio, con il passaporto croato si può entrare nei paesi Schengen senza visto, mente con quello bosniaco serve il visto.
La difficoltà di muoversi crea molti altri problemi, anche economici. Gli imprenditori di tutti i paesi entrano in Bosnia Erzegovina senza problemi, mentre un imprenditore bosniaco fatica ad uscire dal paese per realizzare i suoi affari. In questi ultimi mesi, poi, la situazione è peggiorata. I pochi consolati (come quello italiano) che, ancora un paio di mesi fa, non erano così rigorosi, ora lo sono
diventati. "Ti chiedono l’impossibile" si lamentano i cittadini.
Certo, la gente pensa alle cose pratiche. E per questo ci vuole l’Europa: per non essere allo sbando, per non sentirsi isolati. I paesi ex jugoslavi sono stati devastati dalla guerra ed hanno un’economia a terra. Oggi per la gente di qui Europa significa soprattutto benessere, prospettiva, vita normale. E’ quello che manca. Ma il viaggio verso l’Europa per i Bosniaci è ancora molto lungo. E non dimenticate il visto, vi prego!