L’inizio della fine del potere di Đukanović

La coalizione dell’ex premier Milo Đukanović ha vinto le elezioni parlamentari del Montenegro lo scorso 14 ottobre, ma non può governare da sola. Decisivo ora il ruolo dei partiti delle minoranze nazionali

19/10/2012, Mustafa Canka - Ulcinj

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Piano inclinato

La coalizione guidata da Đukanović, che oltre al suo Partito democratico dei socialisti (DPS) è composta dal Partito socialdemocratico (SDP) di Ranko Krivokapić e dal Partito liberale (LP) di Andrija Popović, dovrà per la prima volta condividere il potere con altri.  Ha infatti ottenuto 39 seggi nel parlamento del Montenegro, due in meno di quella desiderata maggioranza assoluta che le avrebbe garantito un esecutivo stabile per i prossimi quattro anni.

Da sottolineare inoltre che Đukanović ha perso a Nikšić, sua città natale. Qui, infatti, come anche a Budva e Kotor, insieme alle elezioni parlamentari si sono tenute anche le amministrative. La perdita di Nikšić, seconda città più grande del Montenegro, è sicuramente un duro colpo per la coalizione governativa.

Ma anche questi risultati Đukanović li ha bollati come una netta vittoria convincente, e come prova ha riportato il fatto che “il governo montenegrino è uno dei pochi in Europa che nonostante il peso della crisi economica non se ne è dovuto andare”.

Gli unici partner possibili della coalizione “Montenegro europeo” sono ora i partiti delle minoranze (bosgnacchi, albanesi e croati), che complessivamente hanno vinto sei mandati e sono considerati i veri vincitori delle parlamentari.

Decisivi i partiti delle minoranze nazionali

Per la direttrice del Centro per la formazione civile, e analista dei fenomeni politici in Montenegro, Daliborka Uljarević, i partiti delle minoranze ora si trovano a fare l’ago della bilancia . “Non credo che nell’attuale costellazione di rapporti si aggreghino ai partiti di opposizione, piuttosto appoggeranno la coalizione di governo. Ciononostante questa situazione è sicuramente un importante indicatore dell’indebolimento di quello che finora sembrava un forte e intoccabile governo DPS e SDP, in queste elezioni alleati con il Partito liberale”, sottolinea Uljarević.

L’analista politico Svetozar Jovićević afferma che è giusto che chi ha sopportato più ingiustizie all’inizio degli anni novanta e che ha dato un grande contributo alla riforma della statualità del Montenegro possa ora intervenire in modo decisionale anche sul cambiamento dell’attuale situazione montenegrina. “Sarebbe un bene anche per loro stessi. Questi partiti si trovano di nuovo davanti a una questione storica, decidere se stare con i loro vecchi alleati riuniti attorno alla coalizione di governo oppure trovare le forze per formare una maggioranza parlamentare con l’opposizione”, dice il professore Jovićević.

Lekić chiama ad un governo di unità nazionale

Le elezioni hanno portato anche ad una ridefinizione  delle forze politiche dell’opposizione. Ora la maggiore forza dell’opposizione, secondo i risultati elettorali è il Fronte democratico di Miodrag Lekić, composto dal partito filoserbo Nova (Nuova democrazia serba) e dal Movimento per i cambiamenti di Nebojša Medojević. Il Fronte democratico ha guadagnato 20 seggi in parlamento, sottraendone sette al Partito socialista popolare (SNP) di Srđan Milić, fino a ieri principale forza di opposizione.

Miodrag Lekić, ex capo della diplomazia montenegrina e ambasciatore jugoslavo a Roma, è convinto che questo sia l’inizio della fine del governo di Đukanović e annuncia colloqui con tutte le “forze antiregime che vogliono impegnarsi per la democratizzazione del Montenegro”, nel tentativo di formare un governo di unità nazionale. “Si tratta di un atto di pubblica responsabilità. Siamo tutti di fronte ad un esame di maturità e di responsabilità per quel che riguarda le scelte che faremo durante questi colloqui”, dice Lekić.

Il parere degli analisti

Gli analisti nel dopo voto hanno innanzitutto sottolineato che l’unione di Đukanović dopo due decenni di dominio non ha più la maggioranza assoluta,  fatto a cui ha contribuito l’insoddisfazione dei cittadini oppressi dalla crisi, ma anche la comparsa di nuovi partiti sulla scena politica. Innanzitutto il partito “Montenegro positivo” di Darko Pajović, che ha ottenuto sette mandati alle elezioni di domenica scorsa. In “Montenegro positivo” è finita la maggior parte dei giovani indipendentisti insoddisfatti, i quali credono che tanto il governo quanto l’opposizione non siano maturi per le sfide del tempo. Il suo leader Darko Pajović ha subito pubblicamente chiesto l’appoggio ad altre forze politiche per formare un governo di minoranza che guiderebbe il paese nei prossimi 12 mesi "per preparare le prime elezioni libere del Montenegro".

Questo scenario è naturalmente poco probabile. In ogni caso “Montenegro positivo” è l’ago della bilancia per la formazione di una maggioranza nel comune di Nikšić, gli accordi presi qui potrebbero definire anche i futuri andamenti politici del paese.

Ma cosa farà Đukanović? Per contrastare il declino è probabile affidi incarichi importanti a persone nuove, non compromesse con l’attività di governo sino ad ora, nel frattempo però non si esclude la possibilità di un suo ritorno a qualche incarico di peso.

“Đukanović probabilmente si trova davanti a un gran dilemma: ritornare per la terza volta in politica, cioè far parte del governo, oppure, e credo che sia lo scenario meno reale, ritirarsi del tutto. La situazione meno probabile è che lui si trovi a capo del partito senza coprire nessun incarico importante. Ma se dovesse decidere di fare il premier, credo che sarà difficile per il suo partito trovare un candidato alternativo alla presidenza che abbia possibilità di vittoria”, commenta Zlatko Vujović, direttore del Centro per il monitoraggio, un’Ong montenegrina che si occupa di diritti umani e stato di diritto. Le elezioni presidenziali si terranno a marzo dell’anno prossimo.

A quanto pare il Montenegro sta entrando in un periodo molto intenso. La crisi economica continua ad imperversare e lo scorso giugno sono stati avviati i negoziati di adesione con l’UE. E sono sempre più pressanti le richieste di Bruxelles per una decisiva resa dei conti con la criminalità organizzata e la corruzione.

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