L’influenza dei media globali in Serbia
Un’indagine del South East Europe Media Observatory esplora la penetrazione sul mercato serbo delle catene di media internazionali Sputnik e United Group
(Originariamente pubblicato e realizzato nell’ambito del progetto South East Europe Media Observatory . Traduzione a cura di Marco Sala per OBC)
Tre anni dopo l’arrivo di Al Jazeera nei Balcani, primo media globale ad aver intrapreso questa strada, nell’ottobre 2014 è stata lanciato N1, partner regionale del gruppo CNN ora attivo in Serbia, Croazia e Bosnia Erzegovina tramite un canale televisivo via cavo parte di United Group, la più potente società di telecomunicazioni nel territorio della ex Jugoslavia. Nello stesso mese, Rossiya Segodnya, l’agenzia di stampa internazionale russa, ha lanciato Sputnik, un servizio di informazione online che trasmette in 30 lingue e in 34 paesi. Nel gennaio 2015, Sputnik ha lanciato un servizio informativo in serbo e un canale radio a Belgrado. Questo articolo esamina le condizioni di ingresso e il funzionamento nel mercato del media in Serbia dell’emittente americana N1 e del servizio stampa russo Sputnik.
I paesi sorti dalla dissoluzione della ex Jugoslavia, grazie alla compatibilità linguistica e allo spazio culturale condiviso, rappresentano a quanto pare un "terreno fertile" in cui ripristinare quello che in passato era un unico spazio di informazione e per stimolare la rinascita di un pubblico regionale.
Qual’è la posta in gioco? Si tratta di un puro interesse economico o di un desiderio di influenza politica e culturale? Nel contesto di crisi economica e di instabilità politica, in che modo questi media globali influenzano il panorama mediatico nei paesi della regione? Come e perché la regolamentazione giuridica ha contribuito al posizionamento di questi organi di informazione? La loro presenza promuove migliori standard professionali, e come?
In merito alle condizioni che hanno contribuito alla diffusione di grandi media stranieri in Serbia e, più in generale, nello spazio della ex Jugoslavia, Snježana Milivojević, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado, commenta: "Cinicamente si potrebbe dire che, nello stesso modo in cui i media ideologizzati hanno contribuito in passato a smantellare la Jugoslavia tramite l’appoggio incondizionato alle agende dei rispettivi governi nazionali, questi nuovi mezzi di comunicazione "non ideologici” contribuiscono oggi a connettere la regione, e lo fanno attraverso modalità innovative."
Barriere all’entrata: le relazioni con il governo
Il quadro normativo che definisce lo status dei gruppi editoriali internazionali e le loro relazioni con alcuni attori politici è controverso e indica la presenza di interessi legati alle loro operazioni in Serbia e nella regione.
Poco prima del lancio di N1, in Serbia è stata adottata la nuova legislazione sui media. L’analisi pubblicata nel 2014 da South East Europe Media Observatory indica come le modifiche contenute nella legge sui media, in particolare quelle che prevedevano la possibilità per i distributori di essere anche fornitori di contenuti, fosse il risultato diretto delle attività di lobby a Bruxelles e Belgrado da parte del distributore United Group e KKR.
Secondo Jugoslav Ćosić, direttore di N1 in Serbia, l’obiettivo di United Group – di proprietà del fondo di investimento americano KKR – è quello di offrire "un canale di notizie solido, professionale e rispettabile". L’emittente N1 è stata registrata in Lussemburgo ed è di proprietà della società Adria News che in Serbia produce contenuti per il proprio finanziatore lussemburghese che poi si fa carico di trasmettere la programmazione.
In merito alle difficoltà incontrante nel lancio dell’emittente in Serbia, Ćosić afferma: "Ci sono stati dei tentativi di bloccare il lancio di N1 in Serbia. Alcune proposte legislative sembrano puntare chiaramente in quella direzione". Ćosić ribadisce che alcuni componenti del governo e dei media filo-governativi sono stati apertamente ostili nei confronti di N1 fin dall’inizio del suo funzionamento. "N1 è stata etichettata come filo-americana, anti-governativa, pro-opposizione, addirittura accusata di essere il portavoce della CIA", aggiunge Ćosić.
In diverse occasioni, i giornalisti di N1 sono stati il bersaglio dei commenti pungenti del Primo ministro serbo Aleksandar Vučić. La conferenza stampa dell’11 maggio 2016 ne è un esempio: in quell’occasione Vučić ha attaccato pubblicamente uno dei giornalisti del network, affermando tra le altre cose: "Voi di N1 avete spesso torto, mentre io sbaglio solo una volta ogni tanto".
Pochi giorni prima di quella conferenza stampa, Vučić ha incontrato David Petraeus, presidente di KKR Global Institute ed ex direttore della CIA. I due si erano incontrati già nel 2014 per discutere gli aspetti "problematici" della riforma della legge sui media. Nel recente incontro, tenutosi a maggio 2016, i due hanno affrontato il tema dei potenziali nuovi investimenti di KKR in Serbia.
Il primo ministro, nonostante i rapporti d’affari e il notevole interesse nei confronti dei dirigenti di primo piano di KKR, utilizza toni decisamente meno amichevoli per comunicare con i giornalisti di N1. La professoressa Snježana Milivojević osserva: "Siamo di fronte ad un paradosso. In presenza di interessi fortemente intrecciati, ciò che in superficie appare come dissenso e critica verso i giornalisti e la programmazione di N1, produce di fatto uno strumento di influenza durante le trattative d’affari e le negoziazioni politiche con i proprietari della televisione, per cui N1 viene usato come merce di scambio".
Mentre N1 è un media privato, Sputnik è un’emittente radio russa di proprietà statale. Sputnik opera legalmente in Serbia come branca di Rossiya Segodnya, un’agenzia di stampa internazionale con sede a Mosca di proprietà del governo russo. Ljubinka Milinčić, caporedattrice di Sputnik in Serbia, afferma: "Ci siamo semplicemente adattati al quadro legale locale, e credo che le leggi qui siano, in linea di principio, abbastanza buone".
Rispetto ai numerosi ostacoli che Sputnik deve affrontare per operare normalmente in altri paesi europei (divieti e proibizioni, difficoltà ad ottenere accrediti, ecc…), secondo Milinčić il lancio in Serbia è avvenuto senza interferenze da parte del governo e la rete funziona ora senza difficoltà: "A parte i problemi posti dalla Commissione europea, qui non abbiamo avuto altre difficoltà", commenta la giornalista.
L’Ue ha infatti recentemente adottando linee guida per rispondere all’impatto crescente dei media russi nei paesi del Partenariato orientale e dell’Allargamento. La questione non si dibatte solo a Bruxelles: il Polish Institute for International Affairs, considerato uno dei think-tank più influenti in Europa, ha analizzato "la propaganda russa" in un recente studio nel quale vengono formulate raccomandazioni su come contrastarla.
Il dibattito sull’influenza russa è aperto anche in Serbia. Il Comitato di Helsinki per i Diritti Umani ha da poco organizzato una serie di discussioni pubbliche a Belgrado, Niš e Novi Sad dal titolo "La Serbia nel posizionamento geo-strategico della Russia". Il Centro per gli Studi Euro-Atlantici, fra i cui finanziatori c’è anche la Commissione europea, ha pubblicato un ampio studio intitolato "Occhi ben chiusi: la soft power russa sta guadagnando forza in Serbia – obiettivi, strumenti ed effetti".
Sputnik e N1 non esitano a mostrare le loro tendenze politiche e ideologiche nella loro copertura degli affari internazionali e della politica interna in Serbia.
Per Zoran Ćirjaković, giornalista e docente presso la Facoltà di Comunicazione e Media a Belgrado, il problema chiave sembra essere lo "squilibrio ideologico" che ha caratterizzato il parlamento serbo e i media nel paese negli ultimi anni: "I media filo-russi sono quasi inesistenti in questo paese, pertanto l’integrazione euro-atlantica viene presentata come vincolante, l’unica politica accettabile e di buon senso".
La nuova composizione dell’Assemblea Nazionale in Serbia, risultante dalle elezioni di aprile 2015, include però diversi partiti "filo-russi". Variazioni nella rappresentanza politica si ripercuotono inevitabilmente sul settore dei media. La domanda che si pone è se i media riflettano direttamente i rapporti di forza tra i gruppi politici. Questo è il vero problema secondo Snježana Milivojević, dal momento in cui nell’attuale discorso sul pluralismo dei media, questo sembra basarsi su un mero parallelismo politico inteso nella sua accezione più ristretta: "Nei paesi della regione, il pluralismo si basa purtroppo solo sulla proporzionalità con la rappresentanza parlamentare. Ci si limita a garantire che alle quote ottenute dai partiti politici in parlamento corrisponda un numero adeguato di cariche nelle aziende pubbliche e una quantità corrispondente di spazio nelle trasmissioni televisive. Ciò costituisce una volgare parcellizzazione dello spazio pubblico ed è un indicatore di come la politica domini i media”, conclude.
Contesto: al posto giusto al momento giusto
L’ingresso dei media globali nei mercati della regione pone una sfida anche per quanto riguarda il quadro normativo dei paesi coinvolti. L’Autorità di Vigilanza dei Media Elettronici in Serbia (REM) infatti, non ha concesso alcuna licenza di trasmissione a N1 e Sputnik. Interrogata in merito, l’agenzia in questione fa sapere che la normativa non richiede che vengano rilasciate tali licenze e precisa che nel caso di N1 "è stata l’Autorità di Regolamentazione dei Servizi di Radiodiffusione del Lussemburgo (ALIA) a concedere alla United Media s.à.rl, un fornitore di servizi di media, la licenza per trasmettere la programmazione di N1 nel territorio della Repubblica di Serbia".
Per quanto riguarda Sputnik, REM fa sapere che "il provider fornisce servizi attraverso una rete di informazione globale e non è quindi tenuto ad acquistare una licenza per fornire servizi informativi nel nostro paese". Questa situazione giuridica dimostra l’importanza di riesaminare la normativa nazionale per quanto concerne l’operatività dei media globali. La dimensione transfrontaliera e globale dei media non sta semplicemente testando la capacità di regolamentazione, ma l’intero sistema nazionale dei media.
Da questo punto di vista, Milivojević ritiene che "questi media siano semplicemente un’altra dimostrazione dell’impreparazione della classe politica locale e della loro mancanza di comprensione dei mutamenti che riguardano i media. La legislazione sui media, che ha tenuto in sospeso il paese durante il periodo 2010-2014, è stata descritta come “positiva” e “completamente in sintonia con le richieste da parte dell’Unione europea”, ma ha dimostrato, dopo la sua adozione, "di non essere sufficiente a stabilire alcun tipo di ordine né a regolare adeguatamente potenziali nuovi sviluppi come l’emergere di nuove piattaforme".
Il produttore Stanko Crnobrnja aggiunge che il recente afflusso di media stranieri nel mercato è stato consentito dalla nuova legislazione sui media adottata nel 2014. "Queste leggi permettono la completa mancanza di trasparenza per quanto riguarda la proprietà, e hanno permesso alle aziende di media stranieri di operare in Serbia con totale segretezza", afferma Crnobrnja.
Milivojević ricorda inoltre che quella in corso al momento è la seconda ondata di penetrazione di media stranieri in Serbia e nella regione, dopo una prima fase aveva riguardato soprattutto la stampa: ”L’ingresso dei media regionali in Serbia è successivo alle modifiche alla regolamentazione e alla privatizzazione del settore”. Secondo Milivojević si possono quindi individuare quattro fattori che hanno stimolato la "seconda ondata di penetrazione di media stranieri in Serbia."
Il primo elemento riguarda la capacità tecnologica, che permette a questi media globali di essere molto influenti nei paesi della regione, senza però dipendere da loro.
Altri due fattori che hanno influenzato l’arrivo di media stranieri sono i cambiamenti nella cultura dei mezzi di comunicazione e, soprattutto, nel giornalismo. L’evoluzione sia dei media che della specializzazione settoriale della produzione di contenuti ha profondamente cambiato il funzionamento degli organi di informazione mainstream. "Quella che è stata tradizionalmente considerata "la funzione di watchdog" del giornalismo si è spostato dai grandi media alle piccole organizzazioni, specializzate in giornalismo investigativo. Di conseguenza il giornalismo tradizionale, il genere praticato dalle televisioni e dalla stampa, ha perso la propria funzione di controllore del potere. Questi cambiamenti sociali all’interno del mondo dei media sottolineano l’importanza di garantire fonti di finanziamento indipendenti per consentire la sopravvivenza dei media che mantengono standard d’integrità elevati".
Questi fattori hanno provocato cambiamenti anche all’interno del pubblico che ora ha nuove esigenze e nuove modalità di fruizione dei servizi informativi. "I media che operano tramite nuove piattaforme e offrono contenuti diversi sembrano essere più in linea con il nuovo pubblico e le sue sensibilità", nota Milivojević.
Performance: i media bi-angolari
Il mercato comune della regione e i nuovi appetiti dell’opinione pubblica rappresentano un’opportunità per i grandi conglomerati dei media stranieri, offrendo loro la possibilità di espandere la propria influenza sulla programmazione e sulla politica.
Alla richiesta di spiegare cosa differenzi N1 dalle altre emittenti televisive, Ćosić risponde che oltre a trasmettere dalle tre maggiori città della regione, il vantaggio principale dell’emittente è la sua capacità di rispondere agli sviluppi imprevisti in modo estremamente rapido, e di regolare di conseguenza la propria programmazione. "La nostra programmazione ha notevolmente innalzato il livello di inchiesta e l’approccio critico al lavoro del governo". Il lavoro di informazione che collega la dimensione locale con quella regionale è una delle caratteristiche principali di N1.
L’emittente impiega poco più di 200 professionisti. "Le nostre condizioni di lavoro sono eccellenti, grazie alla serietà e alla forza del nostro investitore. Giornalisti, tecnici e personale amministrativo pongono attenzione esclusiva ai loro compiti specifici, alleggeriti dai numerosi problemi che affliggono le operazioni nella maggior parte degli altri media", sostiene Ćosić. A riprova del proprio successo e della fiducia di cui gode, in occasione dell’annuncio dei risultati delle elezioni politiche avvenute il 24 aprile 2016 N1 ha raggiunto la seconda quota di ascolto più alta tra i canali di distribuzione via cavo, compresi i canali dell’emittente nazionale.
Nel mese di aprile 2016 il sito ha ricevuto 2.282.464 visite, mentre rs.sputniknews.com ne contava 510.360. N1 utilizza il proprio account di Facebook per raccogliere spettatori da tutti i tre principali centri regionali. L’account ha 119.630 followers, mentre 27.394 utenti seguono l’account di Sputnik Srbija.
Sputnik, non commerciale
Sputnik conta attualmente 40 impiegati a Belgrado. La caporedattrice Ljubinka Milinčić spiega che l’emittente riceve finanziamenti statali dalla Russia e non necessita di fare affidamento sulle entrate commerciali. "Questo ci svincola dal dover fare affidamento su sponsor, inserzionisti, o sullo stato", precisa Milinčić, aggiungendo che nell’attuale scenario questo è un privilegio.
La direttrice di Sputnik inoltre chiarisce che l’espansione all’interno della regione è una priorità per l’emittente. "Attualmente, 20 stazioni radio in Serbia, Montenegro e nella Republika Srpska in Bosnia Erzegovina sono in attesa di poter mettere in onda la nostra programmazione", dice. L’influenza dell’emittente può essere misurata dal numero di persone che accedono al sito web e dal numero di volte in cui viene citata da altri media. Su base giornaliera il numero di citazioni arriva a 200 e 350. Milinčić sottolinea che "difficilmente passa un giorno senza sentire che RTS (emittente pubblica della Serbia) o altri media abbiano ripreso qualcosa da Sputnik".
L’argomento prevalente nei programmi di Sputnik in Serbia è la politica estera. "La Russia sentiva semplicemente la necessità di lanciare un mezzo di comunicazione attraverso il quale poter esprimere le proprie posizioni riguardo certe questioni", spiega la caporedattrice, notando che ciò che separa Sputnik dagli altri media è il diverso punto di vista e aggiungendo che, la differenza fra organi di informazione quali The Voice of Russia e Sputnik è paragonabile alle differenze tra l’Unione Sovietica e la Russia: "Mentre The Voice of Russia esponeva il punto di vista di Mosca, la nostra agenzia rappresenta una prospettiva dall’interno. Viviamo in Serbia, e sappiamo che quali argomenti sono d’interesse per i serbi. Nessuno ci obbliga ad abbracciare la linea di Mosca".
Mettendo a confronto i contenuti della programmazione di N1 e Sputnik, è evidente come entrambe le emittenti seguano criteri fra loro divergenti nella scelta dei loro argomenti e dei loro intervistati, e che favoriscono atteggiamenti diversi nei confronti del governo e alle questioni sociali e politiche, nazionali ed internazionali.
I risultati di uno studio condotto dalla Scuola di Giornalismo di Novi Sad nell’ambito del monitoraggio dei media in Serbia durante la campagna elettorale del 2016 include osservazioni sulle politiche editoriali di N1. Secondo la docente Dubravka Valić Nedeljković, "sulla base di queste analisi abbiamo stabilito che N1 lavora in un modo più equilibrato rispetto ad altri media. Una volta che si raggruppano i soggetti, gli oggetti, e la valutazione dei programmi giornalieri di N1, si scopre che il rapporto governo-opposizione è stato più o meno equilibrato che sembra confermare l’adozione di un approccio molto più bilanciato rispetto ad altri media, in particolare rispetto a RTS".
Confrontando la programmazione di Sputnik con quella di N1, il caporedattore del portale “Nuovo pensiero politico serbo” (NSPM) Đorđe Vukadinović rileva come Sputnik sia meno incline a dare voce a critiche nei confronti del governo serbo. Questo, secondo Vukadinović, si deve in parte al retaggio di una cultura politica che incide sul ruolo attribuito ai media e all’atteggiamento che da questi ci si aspetta nei confronti del governo. Anche se Sputnik da molto più spazio di quanto non facciano i media nazionali a osservazioni critiche rispetto all’operato dell’esecutivo serbo, “si limiterà a farlo in ambiti circoscritti, nello specifico in merito alle politiche di integrazione euro-atlantica, alle relazioni con la Nato e l’Unione Europea” sottolinea Vukadinović, aggiungendo che entrambe le emittenti rispecchiano la linea politica dei rispettivi paesi di origine. "Per Sputnik il collegamento è più chiaro e immediato. Nel caso di N1, l’apparentamento è più articolato ma questo non significa che non ci sia".
Đorđe Vukadinović ritiene che entrambi gli organi di stampa abbiano un impatto sostanzialmente positivo sul panorama dell’informazione in Serbia e sostiene che, tutto sommato, la prontezza di N1 a criticare il governo ha contribuito a rendere i cittadini più informati. "Dal momento che il firmamento dei media serbi, specialmente per quanto riguarda la televisione e i media digitali, è del tutto estraneo a qualsiasi tipo di critica al regime e della figura di Aleksandar Vučić, i media con una politica editoriale equilibrata finiscono per sembrare delle oasi di libertà e obiettività" commenta Vukadinović.
N1 trasmette programmi prodotti da Voice of America (VOA), Radio Free Europe (RFE), e Deutsche Welle (DW). Anche la trasmissione Insajder senza limiti, prodotta dal gruppo Insajder e da RFE rientra nella programmazione di N1. La docente Snježana Milivojević sottolinea che, mentre i media tradizionali riducono l’offerta di servizi informativi e scivolano progressivamente verso la categoria dell’infotainment, queste nuove emittenti riuniscono in una singola piattaforma contenuti diversi prodotti in modo indipendente. "Questo sta contribuendo sia alla varietà dei contenuti che allo sviluppo del pluralismo interno ai singoli media, che è un aspetto di notevole importanza".
Sono proprio i media che ricevono donazioni dall’estero e quelli lanciati dai conglomerati mediatici globali a sollevare questioni finora ignorate dai media locali. In proposito, Miloš Teodorovic, redattore capo per l’ufficio di Belgrado di Radio Free Europe, commenta: "La differenza è abissale. I media nazionali non hanno né la capacità né la libertà di affrontare questioni che sono vitali per la società. Difficilmente si occupano di questi problemi, o li ignorano del tutto. Siamo al punto in cui tutte le questioni chiave vengono affrontate ‘da bordo campo’".
Prospettive: l’autonomia ha radici economiche
Di fronte alla questione se sia possibile per i media nazionali competere con i conglomerati globali, l’instabilità finanziaria sembra essere il principale ostacolo. L’autonomia dei media si fonda sulla loro indipendenza finanziaria. Da questo punto di vista, Al Jazeera, N1, Sputnik, Radio Free Europe e altri media che godono di un finanziamento stabile dall’estero godono di una relativa libertà da questioni di politica e finanza locale. La stabilità finanziaria consente loro di mantenere reti di uffici e mette a loro disposizione tecnologie avanzate; mentre la maggiore indipendenza editoriale può servire come base per informare il pubblico in modo più obiettivo.
L’influenza dei media di proprietà straniera nella regione è destinata ad aumentare, se si considera la mancanza di posizioni critiche e gli argomenti di interesse pubblico nei media nazionali. In un certo senso, questo sviluppo mette in pericolo le comunità dei media locali. "Nella situazione attuale, i proprietari dei media si stanno globalizzando, mentre la categoria dei giornalisti e le associazioni professionali che li rappresentano sono sempre più frammentate e quindi facilmente marginalizzate" nota Snježana Milivojević, aggiungendo: "I proprietari dei media globali sono in grado di far entrare in concorrenza tra loro i giornalisti che operano in paesi con lingue simili, provocando la diminuzione dei diritti, delle libertà e degli stipendi di questi lavoratori".
Stanko Crnobrnja ritiene che il dominio indiscusso di Serbia Broadband (SBB) nel campo dell’offerta di servizi internet e telefonia rappresenti un grave pericolo per la sostenibilità dei media in Serbia. In concreto, la mancanza di tutele legali minaccia seriamente la sopravvivenza e la creatività dei media nazionali indipendenti e della radiodiffusione pubblica. "Se gli arabi e i russi decidessero di competere seriamente nel mercato serbo, sarebbero in grave svantaggio rispetto agli americani. Tuttavia, una volta deciso, questo segnerebbe la fine dei media nazionali, in particolare quelli digitali", pronostica Crnobrnja.
"N1 e Sputnik hanno grandi ambizioni e un impatto significativo. La loro influenza è destinata a crescere. Al momento Sputnik è solo un sito e un servizio di notizie radio con una portata notevolmente inferiore ad N1, che trasmette attraverso l’operatore via cavo più influente. Non si possono comparare perché N1 è decisamente più influente, ma Sputnik ha fatto passi da gigante in quanto prima seria iniziativa russa in ambito mediatico nella regione", osserva il capo redattore di NSPM, Đorđe Vukadinović.
Non ci sono dichiarazioni ufficiali in merito al potenziale lancio di un canale televisivo russo nella regione, e Vukadinović elenca una serie di condizioni che devono essere soddisfatte prima che RT possa entrare nel mercato regionale. "Una penetrazione più ampia da parte di RT, di proprietà russa, comporterebbe una serie di requisiti in termini di infrastrutture, logistica e disposizioni legislative. Sarebbero necessarie condizioni e tecnologie specifiche, che in parte già esistono e sono in fase di sviluppo, ma un aumento significativo dell’influenza russa sarebbe una sorpresa".
Allo stato attuale, l’interesse commerciale è ugualmente insignificante sia per Sputnik, organo di stampa statale russo in Serbia, che per N1, canale televisivo americano privato i cui proprietari perseguono i propri obiettivi finanziari nella regione attraverso altri canali. I vantaggi di cui godono questi due media si riflettono principalmente nelle condizioni di lavoro che offrono ai loro giornalisti, e nella maggior indipendenza di cui godono rispetto alle condizioni commerciali e di politica interna. La posizione di privilegio permette loro di portare avanti la loro missione fondamentale, che è comune a entrambi: diffondere l’influenza culturale e politica. Questo, in maniera diretta o meno, gioca a favore degli interessi economici dei loro proprietari o dei governi dei loro paesi di origine.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto