LGBT: in Cecenia è caccia alle streghe

In Cecenia è in atto una drammatica e violenta repressione delle persone LGBT. Ora un rapporto di una Ong russa contribuisce a far luce sui crimini che vengono sistematicamente commessi

10/08/2017, Giuseppe Lauricella -

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Screenshot/Russian LGBT Network)

(Pubblicato originariamente da OC Media, il 1 agosto 2017)

La rete russa LGBT Network ha diffuso le testimonianze di una serie di persone LGBT coinvolte nella sistematica persecuzione in corso in Cecenia. Secondo un rapporto pubblicato dal gruppo il 31 luglio, 64 persone sono state evacuate dalla Cecenia negli ultimi quattro mesi dagli attivisti e 130 cittadini del Caucaso settentrionale hanno chiesto aiuto. Le persecuzioni, dice il gruppo, sono ancora in corso.

Il rapporto è stato redatto sulla base di interviste con chi è riuscito a scappare ed è stato curato dall’associazione e da Yelena Milashina, corrispondente speciale di Novaya Gazeta, che in aprile ha portato alla luce le detenzioni di massa e l’uccisione di uomini gay in Cecenia. Vi si presentano tre distinte ondate di persecuzioni: la prima da dicembre 2016 a febbraio 2017; la seconda da marzo fino all’inizio del Ramadan (maggio); la terza ondata, iniziata alla fine di luglio, sarebbe ancora in corso.

Il rapporto esamina anche la pratica del ricatto di persone LGBT nel Caucaso settentrionale: si dice che la polizia richieda somme che vanno da un equivalente di 330 dollari a 16.000 in cambio del silenzio sull’orientamento sessuale della vittima del ricatto.

Testimonianze

Il rapporto include le testimonianze di una serie di persone LGBT che si sono rivolte all’organizzazione. Alcune di loro sono fuggite dalla Cecenia e si nascondono dalla polizia e, in molti casi, dalle loro famiglie.

"Ci hanno detto apertamente: ‘Siete stati portati qui perché siete froci. Siete una vergogna per la nostra gente; Non dovreste esistere. Vi prenderemo tutti. Combatteremo l’omosessualità nella Repubblica Cecena", ha raccontato un testimone sotto lo pseudonimo C D.

"[A febbraio] un mio amico mi ha chiamato a tarda notte e si è offerto di venirmi a trovare. Ho accettato. Quando è arrivato, sono uscito e l’ho visto con altre persone, ho capito subito che era una trappola. Le persone che erano con lui indossavano tute mimetiche. Mi hanno detto che mi avrebbero portato via. Hanno iniziato a picchiarmi e dire cose umilianti. Dicevano che non sono un uomo, ma un animale, che non sono niente. Che sarebbe stato meglio essere un t[]ista che un frocio. Che un panno sporco vale più di me", ha detto il testimone A B.

A cercare aiuto dal Russian LGBT Network sono anche donne. L’organizzazione riporta di aver ricevuto numerosi messaggi allarmanti da donne nel Caucaso settentrionale anche prima dell’inizio della ben nota campagna anti-LGBT in Cecenia. Le donne venivano principalmente da Daghestan, Cecenia e Inguscezia.

"Dovevo nascondere il fatto di essere lesbica, quindi ho sposato un uomo per non rovinare la reputazione della mia famiglia. Ho abbandonato presto la regione, mia madre mi ha rinnegata, e tutti nella famiglia sapevano che era un matrimonio di facciata. Da allora sono oggetto di minacce da parte dei miei parenti maschi, che vogliono punirmi per la mia menzogna e il mio stile di vita", racconta Q R.

"Mio fratello è entrato nella mia stanza, si è seduto davanti a me con una pistola e mi ha chiesto di uccidermi da sola. Ha detto che aveva promesso a mio padre che non lo avrebbe fatto lui stesso e che sarebbe stato più facile spiegare agli altri che era stato un incidente se mi fossi sparata. Ho risposto che non mi sarei suicidata e che, se voleva uccidermi, era il momento", ha detto R S, che aveva cercato di fuggire da casa diverse volte. La donna è stata uccisa una settimana dopo il suo ultimo tentativo di fuga senza successo.

I responsabili

Nelle conclusioni del rapporto, l’organizzazione elenca i nomi di coloro che, secondo le testimonianze delle vittime, hanno direttamente supervisionato la campagna anti-LGBT in Cecenia. L’elenco comprende Magomed Daudov (portavoce del Parlamento ceceno), Ayub Katayev (capo della polizia di Argun) e Abuzaid Vismuradov, comandante dell’unità di reazione rapida (SOBR Terek).

"Non solo la polizia cecena non intende proteggere vittime e testimoni in questa situazione, ma fa di tutto per mettere a tacere loro e le loro famiglie. Hanno tutti i dati necessari per esercitare facilmente pressione su queste persone anche al di fuori della Cecenia. È noto che per ricercare vittime e testimoni la polizia cecena si reca in altre regioni della Russia e gode del sostegno del ministero degli Interni sul terreno. In tali circostanze, vittime e testimoni non hanno la possibilità di presentarsi alle forze dell’ordine", si legge nel rapporto.

Secondo la rete LGBT russa, il report è solo un lavoro preliminare, in quanto continuano ad arrivare messaggi allarmanti da persone LGBT nel Caucaso settentrionale.

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