L’Europa non s’immischia, e Croazia e Slovenia abbassano i fucili

Contenzioso di confine tra Croazia e Slovenia. Quest’ultima chiama Bruxelles ma Javier Solana risponde picche: "I due paesi sapranno risolvere i loro problemi da soli". Ed una certa ragionevolezza sembra prevalere sui muscoli

19/09/2006, Franco Juri -

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Il fiume Mura

"Slovenia e Croazia sono due paesi responsabili e saranno in grado di risolvere i propri problemi da soli". Lo ha detto a mo’ di bilanciato rimprovero Javier Solana dopo la raffica di lettere che il ministro degli Esteri sloveno Dimitrij Rupel aveva mandato a vari indirizzi europei in seguito all’acuirsi della tensione tra Slovenia e Croazia a ridosso del fiume Mura.

In gergo diplomatico Solana ha risposto picche all’appello di Lubiana che già da tempo insiste nel voler europeizzare il contenzioso di confine con Zagabria rifiutando però ogni ipotesi di arbitrato internazionale.

Ai due paesi vicini, anche questa volta, non è rimasto altro che trarre le somme del proprio operato e constatare che uno scontro armato non gioverebbe a nessuno, nemmeno in piena campagna elettorale come quella, dai forti connotati politici, in cui è immersa la Slovenia che il 22 ottobre eleggerà i nuovi poteri locali.

I due paesi hanno ritirato le proprie unità speciali dalla linea di confine (catastale) ed hanno ripreso le consultazioni per un approccio congiunto al tema degli argini necessari per evitare delle inondazioni lungo il fiume Mura.

Dei tentativi in questo senso erano stati fatti già prima, in seguito ad un accordo tra i due premier Janša e Sanader, ma alcune forze politiche di governo avevano ostacolato nella prassi il compromesso, creando delle circostanze favorevoli allo scontro.

Lo stesso Janša non ha risparmiato critiche al proprio ministro dell’Ambiente Janez Podobnik i cui burocrati certo non hanno ostentato particolare zelo nell’accelerare le pratiche formali per l’inizio dei lavori insieme ai croati lungo il Mura.

Le ruspe slovene e croate scavavano da sole e le polizie si alternavano nel fermare i lavori. La tensione era culminata con il fermo di alcuni giornalisti sloveni per mano della polizia croata e l’arrivo nella zona contesa di alcune unità speciali slovene in tenuta da combattimento.

Il ministro degli Esteri sloveno Rupel, rivolgendosi all’UE, ha cercato di dimostrare che la Slovenia è minacciata dalla Croazia, ma il drammatico allarme è stato recepito a Bruxelles molto tiepidamente e sia a Lubiana che a Zagabria hanno dovuto fare dietro front.

Secondo il nuovo accordo a sistemare gli argini lungo un percorso di 6 kilometri, tra Hotiza e Kot e gli insediamenti di Benica e Petišovci, sarà un consorzio sloveno-croato. Le pratiche stanno procedendo anche se i lavori ritardano. Il sindaco di Lendava, nativo di Hotiza, si dice però insoddisfatto degli accordi e continua a rivendicare la sovranita’ slovena su tutta la sponda sinistra del Mura.

Attualmente la linea di confine segue quella catastale e attraversa il fiume sia sul versante sloveno che su quello croato. Lubiana aveva accettato tale delimitazione sancita al momento dell’indipendenza, anche se solo provvisoriamente, sperando di arrivare ad un accordo che portasse il confine sul fiume stesso. Dopo i fatti della scorsa settimana una soluzione di questo tipo diventa ancor più difficile. L’ uso delle unità speciali, che ha scoperto il fianco della Slovenia anche verso l’Europa, si è così rivelato un madornale []e politico. La Croazia ha avuto l’occasione di nascondere la mano che aveva scagliato la prima pietra; allo schieramento dei poliziotti in tenuta antisommossa sloveni ha risposto con qualche decina di militi in maniche corte e armati di solo revolver. Poi Ivo Sanader ha lanciato un appello alla moderazione e a evitare qualsiasi provocazione o uso della di forza. Dal punto di vista territoriale nessuna delle due parti ha guadagnato nulla.

E la stampa nei due paesi si è astenuta dal prendere posizioni nazionalisticamente barricadere e troppo sbilanciate. Con l’eccezione delle radiotelevisioni di stato. Il nuovo redattore responsabile della TV slovena Jože Možina ha lanciato un allucinante appello al patriottismo e all’impegno della TV di stare fermamente a fianco dei difensori della patria. Ma ben diverso è stato il tono delle due associazioni giornalistiche, quella slovena e quella croata, che in un comunicato congiunto hanno stigmatizzato sia lo scontro nazionalista che i tentativi di limitare l’informazione e il lavoro dei giornalisti.

Dello stesso tono molti rinomati opinionisti sloveni e croati che tacciano ambedue i governi di primitivo provincialismo sostenendo che a questo punto è forse ora di accordarsi su un civilissimo arbitrato internazionale.

Rimane ora da capire come si muoveranno le due diplomazie, fino ad ora incapaci di fare un solo passo nella giusta direzione. Le accuse reciproche scagliate in questi giorni dai due capi diplomazia, Dimitrij Rupel e Kolinda Grabar Kitarović, hanno aumentato la sfiducia tra i due ministri. Rupel, che ha cercato di usare la tensione di questi giorni per replicare ai propri critici in casa, accusandoli spesso di defezione, ha dichiarato che gli incidenti presso Hotiza rappresentano "una svolta nelle relazioni tra Slovenia e Croazia" e ha continuato ad alludere ad un condizionamento dell’ ingresso della Croazia nell’ UE con le concessioni territoriali. Ma dopo la doccia fredda di Bruxelles anche il sanguigno ministro sembra essersi calmato, lasciando il campo alla mediazione e alla supervisione dei due premier in persona.

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