L’enciclopedia della discordia

Un lavoro amatoriale, connotato da incongruenze storiche e interpretazioni poco professionali. Già ritirata dagli scaffali, l’Enciclopedia macedone ha sollevato una serie di proteste tra gli albanesi, offesi per come veniva trattata la questione dell’identità. Il dibattito e le reazioni degli intellettuali

31/12/2009, Marjola Rukaj - Tirana

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(Abstract seba/flickr)

Per lunghi mesi i media albanofoni hanno posto all’ordine del giorno la questione dell’Enciclopedia macedone che tendeva a denigrare e diffamare diversi aspetti della storia e dell’identità albanese in Macedonia. L’enciclopedia, ritenuta anche in Macedonia un lavoro amatoriale fortemente caratterizzato da incongruenze storiche e interpretazioni poco professionali, è stata ritirata in seguito ai dibattiti e alle proteste. Ma per i media albanofoni la questione ha continuato ad essere all’ordine del giorno, anche dopo la soluzione del problema.

Ciò che ha profondamente offeso gli albanofoni era in particolar modo la voce riguardante gli albanesi in Macedonia. Tra le principali ragioni vi era la definizione degli albanesi come una popolazione immigrata nei territori macedoni dalle montagne del nord albanese, verso la metà del XIX secolo, occupando e albanizzando i territori abitati dagli slavo-macedoni. Hanno indignato non di meno le denominazioni "arbanasi", "arnauti", e in seguito la definizione degli albanesi come "montanari". Senza dubbio il testo dell’enciclopedia macedone non brilla di criteri scientifici e non fa riferimento a fonti storiche, ma si colloca nella folta letteratura passionale degli intellettuali nazionalisti balcanici che interpretano la storia per plasmare determinate identità nazionali.

La pubblicazione dell’enciclopedia e i contenuti riguardanti gli albanesi, che non erano però gli unici difetti del testo, sono stati accolti dagli albanesi in Macedonia, Albania e Kosovo con pressoché lo stesso linguaggio passionale. I politici e gli analisti albanesi hanno iniziato puntualmente a chiamare lo stato vicino con il suo nome provvisorio Fyrom, ricordandogli i suoi problemi identitari e di riconoscimento internazionale che lo pongono – secondo gli albanesi – in posizioni decisamente più svantaggiose rispetto ai vicini di lingua albanese.

L’enciclopedia macedone è diventata bersaglio di un’unanime comunità di intellettuali e politici indignati, che per contraddirla hanno scelto di usare lo stesso linguaggio di denigrazione dell’altro. Alla protesta hanno partecipato ampiamente varie personalità, tra cui i politici albanesi all’opposizione in Macedonia – che chiedono tra l’altro le dimissioni dei loro avversari politici della stessa etnia che ora si trovano al potere – nonché giornalisti e nomi illustri della cultura provenienti da tutte le terre albanesi.

La logica delle proteste animate contro l’enciclopedia è stata per lo più basata sulla superiorità degli albanesi rispetto ai macedoni, in termini di identità ben definita, autoctonia e antichità – il tutto illustrato con speculazioni diffuse nell’immaginario comune dell’albanese medio. Mentre gli argomenti e le risposte hanno seguito per filo e per segno le affermazioni poco ortodosse contenute nella voce "albanesi", dell’enciclopedia macedone, tanto che il dibattito ha preso le sembianze di una disputa da bar di provincia.

"Solo una nazione ha cambiato tre volte identità: fino agli anni ’40 erano definiti come serbi, poi dal ’41 al ’44 sono stati bulgari, e dopo il ’45 sono diventati macedoni", afferma una nota di protesta pubblicata sul sito del partito albanese DUI in Macedonia. "Questo surrogato politico ed etnico è stato creato sui territori usurpati degli albanesi, dei greci e dei bulgari, usurpando altrettanti elementi dell’identità culturale e storica dei popoli albanese, bulgaro e greco", continua il testo.

Non è mancato all’appello degli indignati il premier albanese Sali Berisha, sempre più attento e preparato in questioni balcaniche. "Si tratta di un attacco razzista – ha commentato – un’esplosione razzista contro gli albanesi dimostrando che quell’istituzione è rimasta indietro ai tempi di Vasa Cubrilovic. Ma gli albanesi non hanno ragione di preoccuparsi dagli interventi di coloro che hanno problemi con la propria identità".

Ma non è solo la destra albanese a cedere alle passioni nazionaliste e alle vecchie frustrazioni balcaniche. Mentre in varie città albanesi, in Albania e in Kosovo, avevano luogo diverse manifestazioni di protesta spesso culminate bruciando la bandiera macedone, sono arrivate le affermazioni dell’ex premier della sinistra Pandeli Majko, in un’intervista alla TV Klan di Tirana. "Gli albanesi hanno il sacrosanto diritto di bruciare la bandiera macedone nel centro di Skopje, dopo tutto quel che hanno fatto loro i macedoni. Il presidente e il premier macedoni devono chiedere scusa in pubblico. Anche se l’enciclopedia è stata ritirata, e i macedoni fingono di aver capito l'[]e, noi non possiamo fare finta di perdonare", ha affermato con forza Majko.

Non sono stati meno radicali gli storici di professione, che hanno risposto ai colleghi macedoni con la stessa retorica, ma in senso opposto. Definendo gli albanesi come il popolo più antico ed autoctono dei Balcani, lo studioso Dritan Egro commenta: "Mi sembra fuori luogo oggi, che una nazione come i macedoni assuma queste posizioni nei confronti degli albanesi, mentre dal XV secolo i macedoni non vengono più menzionati dalle fonti storiche. Questo stato venne creato per soddisfare determinati interessi delle grandi potenze".

Nel suo blog elitario "Pejsazhe te Fjales" (Paesaggi della parola), l’analista Ardian Vehbiu, controbatte le tesi di Egro, col fatto che nell’epoca menzionata dallo studioso non erano ancora stati menzionati neanche gli albanesi in senso moderno, e anche il riconoscimento dello stato albanese non si salva dagli schemi degli interessi internazionali dei primi del ‘900, mentre prima l’Albania era un’espressione geografica non necessariamente definita secondo i criteri etnici, e relativa a zone spesso non coincidenti con l’odierno territorio albanese.

Dritero Agolli, noto scrittore albanese, commenta con indignazione: "L’imperatore Giustiniano, di origine albanese, costruì una serie di centri urbani nei pressi di Skopje. Risulta che dal XI al XV secolo tutta la Macedonia occidentale era abitata interamente da albanesi".

Come già in passato, sono stati sfidati i criteri della scienza storica e si è ricorso ampiamente alla retorica nazionalista, legittimata dai miti nazional-romantici. Ma le speculazioni sembrano relativizzare anche alcuni miti, come l’enorme significato delle montagne nell’identità nazionale albanese, da sempre ritenute come "fortezze naturali che hanno conservato intatta la nazione albanese e hanno fatto sì che gli albanesi non si estinguessero". Per la prima volta nel discorso nazionalista albanese, l’essere montanari e le montagne assumono una connotazione negativa.

Mentre in molti hanno paragonato l’Accademia delle scienze macedone alla SANU serba, molto attiva negli anni ’80 e ’90 nell’istigazione al nazionalismo, è ritornato alla ribalta il ruolo che le accademie nazionali assumono per le nazioni balcaniche in quanto laboratori delle identità nazionali e attori attivi nelle politica internazionale balcanica. Lo scrittore Dritero Agolli, esprimendo la sua indignazione ha affermato tra l’altro: "Ecco a cosa servono le accademie ed ecco perché dobbiamo continuare ad averne una."

Negli ultimi anni in Albania ha avuto luogo un dibattito sull’esistenza e sulla riforma dell’Accademia nazionale delle scienze. Il governo Berisha, aveva proposto di sciogliere l’Accademia e attribuire le sue attività alle singole facoltà dell’Università statale di Tirana. Ora, gli intellettuali albanesi ritengono che l’Accademia non debba essere toccata, in quanto paladina della nazione o "esercito armato di carta e penna" da far scendere in campo contro le accademie dei vicini. Seguendo tale logica i veterani dell’UCK, indignati anche essi, hanno fatto appello all’Accademia delle scienze in Albania, a scrivere anch’essa un’enciclopedia per mettere i puntini sulle i, secondo il punto di vista albanese. E l’idea non sembra dispiacere a Tirana. Mentre, sempre nella logica delle accademie, sono stati individuati anche i traditori di turno che in questo caso sarebbero i membri albanesi dell’Accademia macedone, i quali sono stati a più riprese invitati dai loro connazionali a dimettersi in forma di protesta.

In risposta all’enciclopedia macedone, negli ultimi giorni di dicembre a Tetovo, ha avuto luogo la promozione del libro "La Macedonia Albanese" (Maqedonia shqiptare), scritto da uno storico di etnia albanese Njazi Muhamedi. Il testo che sarebbe solo il primo volume di una serie di pubblicazioni, è stato finanziato, a detta dei media albanesi, grazie al contributo dei cittadini di Tetovo. Il libro è stato scritto per correggere quanto pubblicato sugli albanesi nell’enciclopedia macedone di qualche mese fa, sostenendo l’autoctonia degli albanesi nel territorio macedone. "Gli albanesi ortodossi sono stati costretti dallo stato macedone a cambiare etnia" – afferma Muhamedi. Tra le personalità interpretate in favore degli albanesi, non manca Alessandro Magno, che Muhamedi sostiene debba essere conteso tra greci e albanesi, e non dai macedoni.

E’ preoccupante il fatto che l’enciclopedia macedone sia diventata la maggiore preoccupazione dei media albanesi per molti mesi, mentre la situazione politica ed economica nel paese è a dir poco incerta. Molto è da attribuire alla facilità con cui i politici e i media riescono a seguire tali questioni facilmente inquadrabili negli schemi del nazionalismo albanese, scaturendo enorme interesse presso il pubblico, molto sensibile alla percezione degli albanesi all’estero, come hanno dimostrato anche casi più banali e non necessariamente politici negli ultimi anni. Ma ora che la comunicazione mediatica tra gli albanesi nei Balcani si è notevolmente intensificata, le frustrazioni tipiche degli albanesi dell’Albania, sembrano assumere sempre più un carattere nazionalistico.

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