Le nostre vite senza Ratko

La giustizia dell’Aja e i nuovi strumenti per affrontare il passato quali la REKOM o il Tribunale delle Donne. Un commento da Sarajevo alla notizia dell’arresto di Ratko Mladić

27/05/2011, Valentina Pellizzer - Sarajevo

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Sarajevo (Foto Michel27, Flickr )

Quando ieri hanno arrestato Mladić, o dovrei dire quando la verifica del dna ha detto che Ratko era Ratko, io prendevo un caffè con un’amica, a Sarajevo.

Ci siamo incontrate all’una e, mentre Tadić comunicava al mondo una notizia attesa e pretesa per anni, noi camminavamo lungo la soleggiata ed affollata Vase Miskina e ci concedevamo un caffè ed una chiacchierata fra lavoro e vite personali.

Naturalmente sapevo quello che stava accadendo, come non saperlo… Messaggi, chiamate. Nello stesso tempo, devo ammettere di non aver cercato, di non avere acceso la rete sul mio telefonino per bere in diretta la notizia. E, devo ammetterlo, ancora adesso non riesco a “sentire la notizia”. La mia logica mi dice che è una notizia importante, la mia esperienza mi dice che siamo ad una svolta, il mio cinismo balcanico e meridionale mi dice che si è definito “il prezzo per la consegna”. E, mentre aspetto di vedere l’arresto e l’arrestato, ascolto battute sul nuovo arresto alla Osama, il cui scenario prevede che l’identità del ricercato-arrestato si accerti con il DNA, il corpo si sfiguri ed in fretta sparisca nell’oceano di un funerale secondo una non meglio accertata tradizione musulmana… O su come la Serbia batterà la Croazia nell’accesso all’Ue dato che quest’ultima non ha nessuno da consegnare…

Il dolore, il disgusto

Ironia, sarcasmo, ed in fondo, nascosto ma autentico ed evidente, il dolore. Mentre scrivo vedo montare la marea, sms, status su facebook, articoli e retoriche. È tutto un’elegia del bene e del male. Fiamme di fuoco eterno per gli/le uni/e e canti di gloria per gli/le altre/i. La retorica della giustizia, della cooperazione con il Tribunale dell’Aja e la retorica del giusto processo, dell’arresto degli altri criminali intendendo con questo letteralmente i criminali degli altri, cioè dei croati, dei musulmani…

Che disgusto. Una fabbrica della giustizia che oggi ha lanciato sul mercato il prodotto di punta, quello che verrà ricordato fra le cose accadute nei riepiloghi di fine anno.

Ma per le persone violate, per le loro perdite, per il quotidiano misconoscimento delle migliaia e migliaia di vittime civili questo giorno di fuoco è una ben misera scintilla. Certo avranno un secondo di intervista per dire al mondo che la giustizia alla fine ha segnato un punto nel grande tabellone del bene e del male.

Maxigas

E allora preferisco sorridere insieme al mio amico Maxigas, arrivato dall’Ungheria, che quando gli spiego cosa è successo annuisce e mi spara un sorriso. L’ultima volta (che era anche la prima) che è venuto a Sarajevo avevano arrestato Karadžić.

E finalmente tutto mi è chiaro. Ecco perché è accaduto. È tutta colpa/merito (nel rispetto della tradizione bypartisan italiana e balcanica) di Maxigas. Non c’entrano niente la giustizia, le forze d’intelligence. È lui la vera forza del cambiamento. Ed eccoci qui seduti l’uno di fronte all’altra a fare la lista di quante altre visite dovrà fare, e con che ritmo, per dare finalmente giustizia a questi tormentati Balcani.

REKOM

Nel frattempo, per chi pensasse che manco di rispetto, vorrei dire che la mia giustizia si chiama REKOM, si chiama Tribunale delle Donne. Spazi simbolici e reali che mettono al centro le persone che in maniera ammassata chiamiamo vittime.

La mia giustizia, quella per quale sono pronta ad impegnare il mio corpo, è quella della pace. Sono stanca di queste toppe centellinate messe alla guerra. Voglio la restituzione della voce alle vittime alle M, S, L, T, A, H, che vivono quotidianamente la vicinanza con la negazione. Per questo: Tribunale delle Donne, storie digitali, racconti in prima persona e riconoscimenti simbolici e reali alla piccola gente, la mia.

Per questo, la lista da fare con Maxigas è molto più lunga della lista dell’Aja!

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