Le elezioni anticipano la primavera in Armenia
L’opposizione di Raffi Hovannisian rifiuta di accettare i risultati ufficiali delle presidenziali, contestando la rielezione di Sargsyan. L’ex ministro degli Esteri prepara la “rivoluzione del ciao”, mentre i suoi sostenitori reclamano una primavera come nei paesi arabi
Ci si attendevano poche sorprese dalle presidenziali armene del 18 febbraio. Analisti, politici e giornalisti sembravano concordare sul fatto che il presidente in carica Sargsyan avrebbe vinto comodamente. I principali rivali del partito di governo, tra cui tre dei cinque partiti rappresentati in Parlamento, si erano astenuti dal concorrere , e quelli che l’hanno fatto, tra cui l’ex ministro degli Esteri Raffi Hovannisian, erano poco accreditati dagli osservatori. Hovannisian, armeno della diaspora nato negli Stati Uniti e rimpatriato nei primi anni novanta, si è distinto per un’innovativa campagna porta a porta, ma non ha avuto il sostegno di una forte macchina di partito, e alcuni commentatori hanno ridicolizzato la sua strategia come imitazione di tecniche politiche occidentali inutilizzabili nell’Armenia post-sovietica. A parte alcuni incidenti, come un attentato fallito contro uno dei candidati , l’ex dissidente sovietico Paruyr Hayrikyan, la campagna è sembrata per lo più calma e persino noiosa.
I risultati delle elezioni, dunque, hanno sorpreso molti. I risultati ufficiali hanno assegnato la vittoria al presidente uscente Sargsyan con il 58% dei voti, ma Hovannisian ha ricevuto quasi il 37%. Questo è un risultato notevole per l’opposizione in un paese post-sovietico: nel 2008, nel vicino Azerbaijan, il presidente in carica Aliev ha vinto con l’87%. Un altro risultato notevole per Hovannisian consiste nel fatto che i risultati ufficiali gli hanno riconosciuto la vittoria in diverse città importanti, tra cui Gyumri, seconda città dell’Armenia. I suoi sostenitori, tuttavia, ritengono che il numero effettivo di voti ricevuti fosse molto più alto. Hovannisian ha quindi rifiutato di accettare i risultati ufficiali, proclamandosi vincitore e invitando i suoi sostenitori a scendere in piazza.
Se rimane difficile valutare la veridicità delle affermazioni di Hovannisian, il livello di fiducia verso le elezioni nella società armena è comunque estremamente basso. In precedenza, le elezioni in Armenia sono state segnate da accuse di frode, e da massicce proteste post-elettorali represse con la forza. Le ultime proteste hanno portato ad una violenta repressione, il primo marzo 2008, con dieci morti e decine di feriti e arrestati.
Una scheda per colazione
In questo clima di sfiducia, migliaia di elettori hanno invalidato il proprio voto, talvolta in modi curiosi. Alcuni giovani disillusi hanno "votato" per star pop come Chuck Norris o per la diva dei reality statunitensi Kim Kardashyan, un’attrice di origine armena. Un elettore scontento si è mangiato la scheda presso il seggio, spiegando che "è più facile inghiottire un pezzo di carta che digerire altri cinque anni di regime". Un gruppo di attivisti ha espresso la propria protesta ballando al ritmo della hit globale "Gangnam Style" davanti alla sede centrale della Commissione elettorale. Dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali, i social network si sono riempiti di accuse di frode in specifici seggi, con post provenienti per lo più da membri dei comitati elettorali, delegati od osservatori.
Hovannisian ha indetto diverse manifestazioni nel centro di Yerevan e in varie regioni dell’Armenia, cui hanno partecipato migliaia di persone. A lui si sono uniti alcuni importanti personaggi non solo politici, fra cui Ruben Hakhverdyan, uno dei più celebri cantautori armeni. Il 21 febbraio Hovannisian ha incontrato il presidente Sargsyan per negoziare una via d’uscita dalla crisi politica, un’azione criticata dai sostenitori della linea dura dell’opposizione. Tuttavia, i due politici non sono riusciti a raggiungere un compromesso e Hovannisian, che continua a tenere comizi, si è spinto fino ad affermare che il movimento ha rappresentato una rivoluzione pacifica, e coniando il nome di "rivoluzione del ciao", alludendo alla sua campagna elettorale.
Congratulazioni internazionali
A dispetto di tutto ciò, la valutazione delle elezioni da parte della comunità internazionale è stata per lo più positiva, anche se con alcune critiche: Sargsyan ha già ricevuto le congratulazioni per la rielezione non solo da Putin, Ahmadinejad e altri leader post-sovietici, ma anche da parte dei governi occidentali di Francia e Italia. I rappresentanti dell’UE e del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti hanno dato valutazioni generalmente positive, pur criticando alcuni aspetti delle elezioni. Tale valutazione è stata probabilmente alla base della dichiarazione della missione di controllo dell’OSCE, che ha elogiato le elezioni come "ben gestite […] nel rispetto delle libertà fondamentali", ma ha criticato la mancanza di concorrenza e l’abuso di "risorse amministrative" da parte del governo. Come ha osservato l’analista armeno Martirosyan, la relazione degli osservatori “sembra essere stata scritta prima delle elezioni: alla luce dei risultati elettorali e degli sviluppi post-elettorali, l’accusa di mancata concorrenza sembrava un po’ prematura”. Gli osservatori internazionali, tuttavia, già accusati di attribuire giudizi positivi per elezioni piuttosto dubbie, hanno perso la fiducia di molti armeni. Giovani attivisti hanno tentato di interrompere la conferenza stampa degli osservatori, il 19 febbraio, e hanno manifestato davanti agli uffici dell’OSCE/ODIHR nei giorni seguenti.
Il campo filo-governativo sembra essere stato colto di sorpresa dagli sviluppi post-elettorali. Secondo l’analista Gegham Baghdasaryan, il governo pensava di avere tutto sotto controllo: "Se il precedente presidente Robert Kocharyan era apertamente autoritario, Sargsyan ha sperimentato, consentendo maggiori libertà dei media e libertà di riunione, pensando che il governo avesse ancora modo di controllare la situazione. La realtà, tuttavia, si è rivelata più complicata". Anche in assenza dei pesi massimi dell’opposizione, come il primo presidente armeno, Levon Ter-Petrosyan, le elezioni hanno dimostrato l’esistenza di un consistente elettorato antigovernativo pronto a mobilitarsi attorno a nuovi leader. Paradossalmente, infatti, la decisione presa da diversi esponenti dell’opposizione di non partecipare al voto si è rivelata dannosa per il governo, dal momento che ha permesso all’elettorato contrario al presidente in carica di consolidarsi intorno ad un unico candidato.
Cautela da parte di governo e polizia
In ogni caso, la risposta del governo alle proteste è stata finora molto contenuta, sia rispetto agli standard post-sovietici che ai precedenti dell’Armenia. Naturalmente, i commenti di alcuni membri del partito al potere sono stati condiscendenti e sprezzanti, quando non offensivi. Lo sdegno è esploso nei social network di fronte ai commenti del parlamentare del partito di governo Hayk Babukhanyan, che ha detto che "solo omosessuali, eretici e persone non consapevoli hanno votato per Hovannisian". Tuttavia, tali osservazioni sono state finora espresse da rappresentanti secondari del partito al potere, mentre i più importanti sono rimasti in silenzio o si sono limitati a commenti relativamente rispettosi. Anche la polizia armena è stata finora più professionale e meno violenta nel gestire le proteste, soprattutto rispetto agli eventi del 2008.
A questo punto è difficile prevedere gli ulteriori sviluppi. Da un lato, sembra che i manifestanti non abbiano una strategia chiara. Hovannisian ha promesso di lottare fino alla fine con metodi pacifici, ma non è del tutto chiaro quali metodi di lotta pacifica abbia in mente a parte le manifestazioni che, come dimostra l’esperienza, tendono ad esaurirsi con il passare del tempo. Il governo in carica ha ricevuto dichiarazioni di sostengo da Est e Ovest, mentre la stampa internazionale sembra del tutto indifferente agli sviluppi in Armenia. D’altra parte, è anche chiaro che mobilitazioni di questo tipo non svaniscono semplicemente. Se il movimento cresce, potrebbe creare crepe nel campo del governo. Come ha dichiarato un sostenitore dell’opposizione, "loro [il governo] ci devono una primavera e noi ce la prenderemo, in un modo o in un altro".