Le barche di Milan
Una chiacchierata con Milan Simić, giovane artista serbo che da anni disegna barche lungo la Sava e il Danubio. Una delle sue barche fa capolino nella mappa interattiva danubiana, realizzata da ViaggiareiBalcani.it
(Intervista pubblicata originariamente su ViaggiareiBalcani.it )
Milan Simić è nato a Belgrado nel 1984. Ha studiato grafica nella capitale serba presso l’Accademia di Belle Arti e nel 2012 ha ottenuto a Sombor il suo primo riconoscimento pubblico, all’interno della colonia d’artisti “Elan”.
L’universo da cui trae ispirazione è rappresentato dal paesaggio urbano a ridosso di fiumi – il Danubio e la Sava della sua Belgrado – e mari, in particolare il golfo del Quarnero che si apre davanti alla città di Fiume, dove da molti anni trascorre lunghi mesi estivi ad osservare e disegnare in solitudine.
Porti, banchine, fari, cantieri navali, ma soprattutto barche: vogatori su imbarcazioni a remi, lunghi cargo dall’incedere indolenzito o agili barche a vela che sfidano la mano del disegnatore a farsi catturare sul foglio di carta.
Da dove deriva il tuo interesse per le imbarcazioni?
Gli eventi della prima infanzia, è risaputo, si inscrivono in noi lasciando tracce indelebili anche negli anni successivi. Col tempo, ci sono sempre meno cose che vediamo per la prima volta.
Mio nonno era un macchinista della marina fluviale jugoslava (JRB). E’ morto quando ero molto piccolo, avevo sette o otto anni. Non ricordo molto di lui, ma sono rimasti gli aneddoti e le storie, che mi hanno accompagnato mentre crescevo e detengono oggi un posto importante nella mia vita. In quegli anni ho anche dormito per la prima volta su una barca, una chiatta ormeggiata su un’isola lungo la Sava. Quello è stato il mio primo incontro con le barche di fiume. Durante la notte vedevo le loro luci rosse e verdi, mentre all’alba prendevano forma i colossi metallici pieni di ghiaia, con bandiere annerite dal fumo, quasi irriconoscibili.
Scivolavano lungo la corrente verso la città; o controcorrente, in mezzo al forte rombo del motore, a formare onde che giungevano sino alla chiatta, facendola sobbalzare così tanto che mi sembrava stesse salendo in cielo… quei fremiti, quelle emozioni, mi sono rimaste dentro. Nelle barche che disegno vado alla ricerca di qualcosa che ho lasciato quel giorno, oramai più di vent’anni fa…
I fiumi e le barche si inseriscono sempre in paesaggi urbani. Qual’è il rapporto tra gli uni e gli altri?
Ho conosciuto il fiume come un corso d’acqua che attraversa la città. Le sue rive, in città, sono di cemento. Il fiume in campagna profuma, avvicina alla natura e ingentilisce l’uomo. In città, ci rende selvaggi. E’ in conflitto con essa, e ciò si ripercuote su di noi, che trascorriamo molto tempo lungo le rive.
Quando facciamo ritorno sull’autobus, per le vie, nelle kafane, sembriamo irrequieti e spaesati, e vorremmo fuggire indietro sulla riva restandoci per sempre. Qualche fortunato lo ha fatto.
Le regole di condotta sul fiume sono diverse da quelle cittadine, e siccome il fiume attraversa la città, il tragitto dalla riva alla strada è breve, dunque non c’è abbastanza tempo per tornare alle norme comportamentali urbane. Quando si vuole parlare di un uomo dalla vita sregolata, si dice che “sembra come uno travolto da un’inondazione”: così mi sento anch’io quando rimetto piede in città dopo una giornata trascorsa al fiume.
L’uso del bianco e nero, lo stile minimalista, i paesaggi appena tratteggiati, la quasi totale assenza di essere umani. I tuoi disegni sembrano stasi contemplative su luoghi pressoché disabitati. Da dove derivano queste urgenze espressive?
Il processo creativo nell’arte è una questione molto intima. L’artista per poter lavorare deve essere solo, inoltre bisogna imparare ad isolarsi dall’ambiente circostante e concentrarsi sul proprio lavoro. Le persone, il frastuono, spesso portano effetti negativi. Per finire un disegno talvolta trascorro un’intera giornata da solo sul fiume. Questa solitudine penso si rifletta poi sul foglio di carta.
Esiste in Serbia una tradizione artistica legata ai paesaggi fluviali? Ti senti parte di qualche corrente?
Se intendi una specifica scena artistica, no. Ma esiste qualcos’altro: un microcosmo di persone che ha trascorso la propria vita lungo il fiume, remando, pescando, nuotando, pedalando a ridosso dell’argine… la cosa più importante di un disegno è quello che lo precede, ossia il tempo trascorso sul fiume, e questa è l’unica appartenenza che accetto. Un’artista importante nei cui lavori svolge un ruolo di primo piano il fiume, è Momo Kapor. I suoi disegni di fiumi, barche, pescatori hanno illustrato numerose parti di suoi libri, in particolare il romanzo Ada, ma si possono contemplare anche isolatamente, poiché conservano una grande forza evocativa.
Sulle magliette che produci, accanto agli inevitabili motivi “acquatici” appare sempre la scritta di Belgrado, ma in lingua tedesca. Perché?
Il tedesco è da sempre la lingua dei naviganti danubiani, e dato che Belgrado è sul Danubio, il legame mi sembra chiaro. Sfortunatamente non parlo questa lingua.
Da qualche mese ti sei trasferito a vivere fuori Belgrado, a Ivanovo – un paesino della Vojvodina sempre sul Danubio. Questa nuova prospettiva sta influendo sui tuoi disegni?
Oltre al fatto che mi sono spostato dalla città a un villaggio, son passato anche da una riva dominata dal cemento e l’acciaio a un’altra punteggiata unicamente di verde e alberi. Ovviamente tutto ciò rappresenta un cambiamento, e penso che si vedrà anche nei miei disegni futuri.
Progetti futuri?
Sto lavorando su alcune idee, la prima è legata alla Szent Istvan, una corazzata della marina autro-ungarica affondata al largo della Dalmazia da un motosilurante italiano il 19 giugno 1918; la seconda si ispira al Commento a Sumatra di Miloš Crnjanski; un’altra alla nave mercantile Durmitor e l’imprigionamento del suo equipaggio nell’oceano indiano per mano di pirati tedeschi, nel 1940 … tutto questo forse finirà in un fumetto.
E’ possibile contattare Milan scrivendo in lingua inglese al seguente indirizzo mail: milanbnns@gmail.com