Lavitola-Frattini-Meta, il triangolo visto dall’Albania
Come hanno interpretato i media albanesi la vicenda che ha visto recentemente coinvolti l’ex ministro degli Esteri albanese Meta, il suo omologo italiano Frattini e l’ex direttore de "L’Avanti!" Valter Lavitola? Un nostro approfondimento
Non è stato facile spiegare agli albanesi la parola “faccendiere”. Il caso Lavitola-Frattini-Meta ha suscitato interesse anche in Albania dove la stampa più vicina all’opposizione socialista non ha perso l’occasione di riprendere le intercettazioni pubblicate in Italia da La Repubblica e il Fatto Quotidiano.
Gli albanesi hanno saputo così che un tipo, il quale oltre a fare il giornalista si occupava anche di altri affari per conto di personaggi importanti a Roma, insisteva che il ministro degli Esteri Frattini lo presentasse all’omologo albanese Ilir Meta. “Questione di un’importanza straordinaria”, diceva. Niente di eccezionale, comunque, se non fosse che Meta in patria è sotto processo per corruzione dopo che uno dei suoi più stretti collaboratori rivelò ai media una videocassetta che riprendeva i due mentre l’ex ministro degli Esteri (che ai tempi era anche vicepremier) cercava di corromperlo.
Da Roma Frattini aveva intanto dichiarato che quel personaggio non aveva mai partecipato a incontri istituzionali ma la vicenda è diventata quasi un giallo quando l’emittente albanese Top Channel ha smentito il capo della diplomazia italiana pubblicando una foto del suo incontro con Meta alla Farnesina il 21 ottobre 2009: accanto ai due ministri degli Esteri anche Valter Lavitola, giornalista, faccendiere. A quel punto è la stampa italiana che cita i media di Tirana dove Top Channel nei suoi servizi sottolinea gloriosa di aver smentito e messo Frattini in difficoltà.
Interessi e interessati
Le informazioni provenienti da Roma spiegano agli albanesi che il motivo di questo innamoramento di Lavitola nei loro confronti è racchiuso in tre lettere che formano la sigla TAP: Trans Adriatic Pipeline, ossia il gasdotto da 10 miliardi di metri cubi all’anno che dovrebbe collegare Turchia e Italia passando per l’Albania e che prevede un investimento di almeno 1,5 miliardi.
Come se l’odore di marcio non bastasse, i media di entrambi i Paesi hanno collegato a questa storia altri famosi protagonisti come Giampaolo Tarantini, Silvio Berlusconi e il premier albanese Sali Berisha. Secondo ricostruzioni giornalistiche pubblicate sia al di qua che al di là dell’Adriatico, che si rifanno ai documenti di varie inchieste in Italia, Tarantini si fa spiegare da un certo Roberto De Santis, altro imprenditore pugliese come lui, che “presso il ministero dell’Industria è stata istituita questa pratica” riguardante il TAP, che “c’è tutto pronto” e che “bisogna soltanto firmare l’intesa tra Albania e Italia” per sbrigare più velocemente le procedure burocratiche.
L’11 febbraio 2009, seconda la stessa ricostruzione, Tarantini incontra Berlusconi per convincerlo a intervenire: “Non ci vuole niente”. Infatti, a marzo Italia e Albania siglano a Tirana l’accordo intergovernativo che porta le firme dei ministri Claudio Scajola e Genc Ruli.
Il progetto TAP a quanto pare interessa anche in Albania visto che il 20 ottobre 2010, in una lettera riservata che il Fatto Quotidiano ha potuto leggere, il premier Berisha scrive all’omologo Berlusconi: “Sono convinto che il Suo sostegno […] creerà il fondamento necessario per far diventare il progetto TAP una realtà e quindi ad ottenere così una visione storica del corridoio di gas a favore d’Italia, Albania e dell’Unione Europea”. Berlusconi non ha mai risposto, precisa il Fatto.
Lasciate in pace Franco!
Da Roma Franco Frattini faceva spallucce, diceva che ai tempi del famoso incontro nessuno sapeva chi fosse Lavitola e che comunque quest’ultimo “conosceva il ministro albanese molto meglio di me”. Da Tirana, invece, Ilir Meta faceva il vago e alla Repubblica diceva: “Ricordo bene l’incontro, ma non ricordo chi ci fosse oltre al ministro Frattini. La foto è ufficiale, quell’uomo è presente. Qualcuno lo avrà autorizzato a restare con noi”.
In seguito Meta rilascia un’altra dichiarazione nella quale sembra aver riacquistato la memoria. “La persona in questione (Lavitola, ndr) era da tempo a me conosciuta come direttore del quotidiano L’Avanti”, ha detto all’emittente Tv News24. “Per quanto riguarda le insinuazioni di alcuni organi di stampa per il presunto coinvolgimento di terze persone nel corso della mia visita ufficiale a Roma, il 21 ottobre 2009, chiarisco che la presenza di un direttore di un quotidiano italiano nella foto presentata dai media, scattata nel corso di una conferenza stampa con l’omologo Frattini, è completamente casuale e non ha alcun collegamento con qualsiasi aspetto ufficiale o istituzionale della visita”.
Dal partito di Meta hanno fatto sapere che l’ex vice premier intende fare causa al quotidiano Repubblica e chiedere 50 mila euro di danni. Perché, spiegano, i tentativi di “manipolare la verità, con lo scopo di danneggiare la figura di Frattini, sono inaccettabili per Meta, poiché Frattini ha dato un contributo particolare per l’ingresso dell’Albania nella Nato” e per la “liberalizzazione dei visti per tutti gli albanesi”.
Supercolonia di Roma
Le conoscenze e gli interessi di Lavitola in Albania non si limitavano al progetto TAP o a Ilir Meta, tuttavia. In un’altra telefonata intercettata tra l’ex giornalista e Roberto Guercio (del 21 giugno 2011) quest’ultimo gli chiede di intervenire presso il primo ministro Berlusconi perché questo “chiami Berisha e gli dica che vado lì a parlare per la questione delle dighe”. Ma secondo il faccendiere non sarebbe il caso di disturbare il Cavaliere e consiglia a Guercio di chiamare Tirana lui stesso fingendo di aver avuto l’autorizzazione da Berlusconi per fissare un appuntamento.
“L’influenza di premier stranieri sul governo albanese spesso ha fatto in modo che l’Albania si ritrovi a prendere accordi troppo importanti che l’opinione pubblica però non ha mai capito perché andavano presi. Uno dei casi più flagranti sono le relazioni con i vicini italiani”, scriveva qualche giorno fa il quotidiano Shekulli. “Le inchieste che riguardano il primo ministro italiano Silvio Berlusconi da parte della procura di Bari hanno chiarito l’altra faccia di questi accordi”.
Forse per la prima volta in modo così palese gli albanesi hanno visto l’Italia non più come “il più grande avvocato dell’Albania nel mondo” ma come parte dei poteri forti che su entrambe le sponde dell’Adriatico giocano con il suo futuro.
Non hanno dubbi su questo gli americani che il 31 dicembre 2008 inviano un cablogramma (pubblicato pochi giorni fa da WikiLeaks) dal titolo molto eloquente “Superpotenza energetica o supercolonia?” che riguarda la visita di Berlusconi a Tirana quello stesso mese. Nel definire Berisha “vertiginosamente vanitoso” per aver annunciato che gli accordi siglati – dal valore di 2,7 miliardi di dollari – avrebbero fatto diventare l’Albania una superpotenza in campo energetico, i diplomatici Usa affermano che il resto del Paese è stato “scettico” al riguardo.
Durante quella visita si era parlato anche di una centrale nucleare situata in Albania che avrebbe fornito energia a entrambi i Paesi ma “se dobbiamo stare alla realtà – si legge nel cablogramma – questi progetti possono essere definiti un miraggio nel deserto”.
Gli americani vedono un “aumento del dissenso presso l’opinione pubblica” poiché “invece di una superpotenza energetica, nella mente delle persone, faranno diventare l’Albania una colonia del loro vicino”.