Laura Kövesi, la Cedu e la procura europea
Ad inizi di maggio la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) ha condannato la Romania sul caso dell’ex procuratrice capo Kövesi. Un importante precedente, ha commentato quest’ultima, a tutela dell’amministrazione della giustizia nei paesi Ue
Per Emerging Europe è il personaggio pubblico dell’anno. Per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è un magistrato destituito ingiustamente. Oggi procuratrice capo europea, Laura Codruța Kövesi ne ha fatta di strada da quel 1989, quando perse il titolo alla finale di basket juniores a Timișoara. Ma da allora ha (quasi) sempre vinto. A 33 anni divenne la più giovane procuratrice generale presso l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia, organo supremo in Romania. "Figlia d’arte", già esperta di criminalità organizzata e antit[]ismo, Laura Codruța Kövesi porta efficienza in ogni organo che dirige: ottimo CV per l’incarico di capo dell’autorità nazionale anticorruzione che ricoprirà dal 2013 per cinque anni. Le sue indagini condannano un migliaio di esponenti di ogni colore politico, tra ministri, parlamentari e sindaci. In un paese che, secondo Transparency International, è tra i più corrotti dell’Ue, la pm Kövesi diviene un’icona dello stato di diritto e conquista riconoscimenti internazionali. Perché allora la Corte Costituzionale romena la licenzia?
Nemica numero 1
È il 9 luglio 2018. Da quasi due anni il governo romeno cerca di modificare il codice penale con provvedimenti salvacorrotti. I cittadini protestano in tutto il paese. È in corso una crisi istituzionale tra il presidente Iohannis, leader dei liberali conservatori, e la socialdemocratica Viorica Dăncilă, ennesimo primo ministro nel giro di pochi mesi. Quest’ultima, prima donna premier in Romania, governa su input di Liviu Dragnea, capo del partito che non può governare per i suoi problemi con la giustizia.
Già da tempo i socialdemocratici, con il ministro della Giustizia in testa, invocano la destituzione di Laura Kövesi. La sua lotta costante alla corruzione e il suo opporsi alle famigerate riforme del codice penale la rendono sempre più sgradita. È accusata di plagio, abuso di potere, collaborazione con i servizi segreti, persino di non avere i titoli per esercitare. Anche a fronte dell’impegno per ammodernare il sistema giudiziario e difendere l’indipendenza della magistratura. Prima dell’estate il presidente aveva già opposto il suo veto alla revoca di Laura, ma la Corte Costituzionale decreta che non può farlo. Iohannis chiede inutilmente alla premier di dimettersi. La società civile, gli intellettuali, i romeni all’estero sono al suo fianco nelle tante proteste di piazza. Persino l’Ue interviene con numerosi richiami al governo. Come va a finire? Nulla di fatto: la pm anticorruzione deve abbandonare il suo incarico e Iohannis firmarne il decreto di revoca, secondo la costituzione. La decisione della Corte è irrevocabile. Non solo: a Laura Kövesi non è consentito difendersi, e questo è uno dei maggiori elementi di gravità. Il paese e il sistema giudiziario ne sono sconvolti. Il 10 agosto scoppia un’altra grande protesta, portata avanti dalla diaspora che accorre in massa nel paese.
Ricorso alla Cedu
Cosa fa a questo punto Laura Kövesi? Fa ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Il ricorso viene accolto, la decisione finale è del 5 maggio scorso. La Cedu condanna la Romania per aver privato il pm Kövesi del diritto alla libertà di espressione e del libero accesso alla giustizia. La decisione, sottolinea la procuratrice, costituisce una garanzia per l’intera magistratura romena ed europea. Essendo valida per tutti gli stati aderenti alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, tutti i procuratori e i giudici d’Europa sono d’ora in poi coperti dal precedente creato dal suo caso.
Una decisione che ha un significato enorme, se pensiamo ai recenti tentativi di intimidazione del terzo potere in altri paesi Ue. La decisione Cedu invia un messaggio forte e chiaro: i magistrati che compiono il loro dovere non devono temere abusi e ingerenze e nessuno può rimuoverli dall’incarico per ragioni politiche. Laura Kövesi non ha chiesto risarcimenti allo stato romeno, ma gli effetti della sentenza Cedu dovranno essere applicati in caso di revoca di un magistrato da una posizione apicale.
Procuratrice europea
E la procura europea? Un’altra storia non facile per Laura, che nel 2019 arriva nella shortlist finale dei candidati a procuratore capo. Dati i precedenti, non stupisce che proprio la Romania si opponga con ostinazione alla sua candidatura, votandole contro in sede di Consiglio. Imbarazzante per il paese che detiene la presidenza di turno dell’Ue (da gennaio a giugno, primo ministro sempre Dăncilă). Un accanimento che deriva anche dalle prerogative in capo al futuro pm europeo, come la nomina dei procuratori europei delegati per ogni paese. E poi la giurisdizione su un’importante inchiesta sull’appropriazione indebita di fondi europei.
Non basta: Kövesi viene incriminata per corruzione da una sezione della procura romena creata ad hoc. Per diverse settimane non può lasciare il paese né comunicare con i media. La Commissione esorta più volte il governo di Bucarest a tornare sui suoi passi. Infine l’Alta Corte di Giustizia annulla il divieto di espatrio e Laura può recarsi a Bruxelles per difendere la sua candidatura. Nella shortlist è la favorita sin dall’inizio. Ha l’appoggio del presidente Tajani e di tutto il Parlamento europeo. Il Consiglio appoggia inizialmente il candidato francese Jean-Francois Bohnert, ma in fin dei conti è lei a prevalere.
L’Eppo
Perché oggi è necessaria una procura europea? Perché ci sono reati penali di grande rilevanza che i pm nazionali non possono gestire per via di evidenti limiti territoriali. Come si è arrivati alla dimensione europea? Un gruppo di stati membri (16) ha deciso di muoversi in modo più rapido e integrato per obiettivi di giustizia penale che non è possibile realizzare con procedure comunitarie. Lo ha potuto fare grazie allo strumento della cooperazione rafforzata, voluta dal trattato di Amsterdam, senza aver dover “aspettare” altri stati. Ben presto il loro numero è arrivato a 22 su 27. L’Eppo (European Public Prosecutor’s Office) è stata istituita da un regolamento del 2017 e comincerà ad operare a fine 2020, con un livello centrale a Lussemburgo e procuratori delegati negli stati membri. Le sue prerogative saranno avviare indagini, perseguire e promuovere azioni penali per i reati contro il bilancio comunitario, come le frodi a danno dell’IVA transfrontaliera oltre i 10 milioni di euro, ma anche corruzione e riciclaggio di denaro. La procura europea svolgerà inoltre le funzioni di pubblico ministero presso gli organi competenti degli stati membri.
Cosa c’è nel futuro di Eppo? Molto lavoro secondo Laura Kövesi, e anche esigenza di risorse e personale in più. A quanto pare già nei primi giorni la procura potrebbe ricevere tremila casi dagli stati membri. Elemento chiave del modus operandi sarà garantire che le frodi commesse in uno stato membro siano indagate da pm di altri stati Ue (sistema delle camere permanenti), per preservarne l’indipendenza evitando ingerenze nazionali.
Le misure finanziarie che l’Ue sta allestendo per gestire la pandemia e il nuovo bilancio pongono un altro problema: più fondi a disposizione e flessibilità di utilizzo faranno aumentare i casi di frode e corruzione. Europol in un recente studio avverte che i gruppi criminali organizzati sono scaltri nell’anticipare le “opportunità”.
Nel lungo periodo Eppo dovrebbe affermare un modello europeo di trasparenza ed efficienza, una “pietra angolare della nostra lotta contro la frode e la corruzione ai danni delle finanze dell’Ue”. Sono le parole di Anna-Maja Henriksson, ministra della Giustizia dell’ex presidenza finlandese. Tanto da attirare anche quegli stati membri ancora fuori da questa cooperazione rafforzata. Un tassello in più verso la creazione di uno spazio di giustizia penale comunitario.