L’Albania delle riforme
In gran fretta il parlamento albanese ha votato a maggioranza una serie di riforme costituzionali, tra queste la riforma elettorale, l’elezione del presidente della repubblica e il mandato del procuratore della repubblica. Polemiche e dibattito nel Paese delle aquile
In Albania negli ultimi anni, le riforme necessarie a raggiungere i traguardi euro-atlantici sono uno slogan costante della politica sia di destra sia di sinistra. Finora, nonostante la centralità del tema delle riforme, non si era visto alcun impegno serio ad implementarle. Nel corso delle ultime settimane, però, sembra che il lento e litigioso parlamento albanese abbia trovato la forza di fare miracoli votando a maggioranza sorprendente una riforma costituzionale nata da un altrettanto sorprendente accordo tra i due poli della politica albanese il Partito democratico (PD) del premier Berisha, e il Partito socialista (PS) di Edi Rama.
Il cambiamento è stato evidente sin dai giorni del summit NATO di Bucarest, durante il quale i due leader hanno promesso di superare i loro storici attriti e scendere a compromessi sulle dovute riforme. In Albania la promessa venne considerata inizialmente come una tra le tante, fatte zelantemente davanti agli esaminatori internazionali che poi si trascinano lungo i farraginosi dibattiti dei politici locali. Questa volta, invece, la promessa è stata mantenuta e il risultato è maturato niente meno che in un armonico tete à tete tra i due leader antagonisti. E la riforma finisce in parlamento a meno di un mese dalla sua proposta. "L’abbiamo promesso alla NATO – ha commentato Berisha per i media albanesi – la NATO non è una questione estetica, è un impegno, e la nostra maggiore conquista dai tempi di Skanderbeg" .
Diversi gli articoli da riformare, quasi tutti delicati, e forieri di accesi dibattiti. Si partiva da esperienze problematiche del passato, che più di una volta hanno portato il paese a un bivio. Prima fra tutte, la tanto agognata riforma elettorale, che da un sistema misto porterà l’Albania a un sistema proporzionale regionale senza una soglia di sbarramento predefinito, con liste chiuse per eliminare, secondo molti, il rischio di avere un’incompatibilità tra candidati e partiti eletti. Si darà quindi l’esclusività ai partiti nell’elezione dei rappresentanti, mentre "i candidati non dovranno più recarsi di persona nei più sperduti paesi tra fango e polvere", ha spiegato Edi Rama.
La riforma elettorale ha sollevato un polverone nel mondo politico albanese e ha sciolto le alleanze tra piccoli e grandi partiti dello stesso orientamento. Secondo diversi analisti e politici, il sistema proporzionale è stato preferito per far salire al potere chi realmente vince, ma paradossalmente discriminerà i piccoli partiti che nel mondo politico albanese, piuttosto conformato, hanno scarsissima visibilità. Nel nuovo sistema elettorale albanese non è prevista una soglia di sbarramento a livello nazionale ma si è preferito optare per il proporzionale regionale che determina una soglia di sbarramento in base all’elettorato di ogni unità amministrativo-territoriale, decisione criticata dai partiti minori che l’hanno trovato ancora più svantaggiosa della legge in vigore. Si sono trovati invece in piena sintonia i leader del PD e del PS che sembrano gli unici a trarne vantaggio. Tuttavia tale sistema non cambierà di molto il panorama politico albanese che, dall’avvento del pluralismo, è sempre caratterizzato da un bipolarismo marcato tra il PD di Berisha e il PS di Fatos Nano, o di Edi Rama dal 2005.
Ora, però, in Albania si vive in un’atmosfera quasi pre-elettorale, avviata dal leader del PS Edi Rama, dopo la tragedia irrisolta di Gerdec, e continuata da Berisha che in vista delle elezioni politiche del 2009 ha intrapreso un tour per il paese, con l’intento di illustrare i risultati del suo governo, inaugurando strade e varie opere pubbliche. Anche Ilir Meta, leader del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI), si trova impegnato in una vera e propria campagna per convincere che nessuno dei due grandi leader – che Meta definisce puntualmente despoti di pari livello – merita i voti degli elettori nel 2009.
La riforma potrebbe indebolire ulteriormente la sinistra poiché Meta, che aspira a diventare primo ministro nel 2009, ripetendo più volte di non considerare suo rivale Edi Rama, ma solo Berisha, si è opposto alla riforma elettorale dato che anche il suo partito fa parte dei penalizzati. Meta non ha votato in parlamento e ha intrapreso un’azione anti-riforma mettendo in piedi anche una "Commissione per la salvezza della costituzione" in cui si sono accomunati piccoli partiti politici sia di destra che di sinistra e diversi intellettuali socialmente impegnati. L’obiettivo è quello di raccogliere le firme necessarie per sottoporre la riforma costituzionale a un referendum.
"Raccoglieremo più di 500 mila firme", ha promesso Meta, mentre ha intenzione di estendere la sua iniziativa anche agli albanesi residenti all’estero che finora sono stati solo dei cittadini fantasma nelle liste elettorali albanesi. Le proteste di Meta continuano, mentre il PS lo ha più volte definito come "un arrivista che mira solo a conquistare il potere nel 2009". A più riprese i due partiti si sono mandati degli ultimatum a scadenza definita per cambiare strada e ritrovarsi in un percorso comune ma per ora le posizioni sembrano oltremisura divergenti. Dal canto suo Berisha ha cercato di calmare i suoi alleati, altrettanto irritati, con la possibilità di formare delle coalizioni che salvino in blocco i piccoli partiti.
Un altro punto debole, che solo un anno fa ha paralizzato la politica albanese, riguardava l’elezione del presidente della repubblica. Si è discusso a lungo sulla possibilità di fare eleggere il presidente col voto diretto, e per un momento sembrava che tutta la classe politica si fosse trovata in sintonia su tale opzione. Nei giorni del dibattito si è recato in visita a Tirana il presidente croato Stjepan Mesic, che dall’aula del parlamento albanese ha spiegato i vantaggi dell’elezione diretta del presidente, in vigore in alcuni vicini balcanici tra cui anche la Croazia.
L’elezione diretta del presidente è un’opzione da tempo ben vista da parte degli albanesi, che, infastiditi dalla cronica paralisi del sistema e dalle tendenze autoritarie del premier, preferirebbero venir chiamati a eleggere da soli il presidente della repubblica. Ma alla fine non si è fatto niente di tutto ciò. Alcuni analisti di destra hanno commentato che l’introduzione di un’altra tornata elettorale sarebbe stata per l’Albania una spesa inutile e anche un impegno altrettanto superfluo della Commissione centrale elettorale.
Per riuscire invece a smaltire le procedure di elezione del presidente della repubblica il nuovo articolo 87 della Costituzione albanese prevede la possibilità di votare fino a 5 volte e l’ultima volta l’elezione avverrà per maggioranza semplice di 70 deputati più uno. Da molti tale mossa stata commentata come un rafforzamento del potere del premier che potrà far prevalere la propria volontà senza grandi difficoltà.
Un’altra riforma altrettanto discussa è stata la mozione di sfiducia che nella nuova formulazione comporta anche lo scioglimento del parlamento, mettendo a tacere i deputati socialisti che insistevano sulla mozione di sfiducia di Berisha e la sua assunzione delle responsabilità per Gerdec.
Inoltre tra le novità della riforma c’è anche l’introduzione di un mandato limitato per la carica del procuratore generale, che si prevede della durata di quattro anni. Una riforma cui si mirava sin dai conflitti tra l’ex procuratore Theodhori Sollaku e il premier Sali Berisha. E’ sicuramente una misura che contribuirà, almeno in principio, a salvaguardare l’indipendenza e l’imparzialità politica del procuratore generale. Nella stessa riforma è stata anche sciolta la Commissione Centrale Elettorale, l’ente che passava al setaccio i processi elettorali in Albania. Rimane poco chiaro l’utilità dello scioglimento di tale organo, mentre circolano diverse ipotesi sulla sua integrazione all’interno del ministero dell’Interno.
Diversi punti della riforma riguardano delle novità su cui non si era discusso prima. Ma ciò che ha più stupito è stata la fretta con cui si è proposto di riformare la Costituzione e altrettanto di rendere tutto realtà nel giro di un mese. Ha notevolmente contribuito a tale velocità anche la clemenza dell’articolo 177 della Costituzione albanese che per la revisione della stessa prevede delle procedure solo poco più complicate di quelle necessarie per le leggi ordinarie. Diversi analisti e anche i fondatori della costituzione albanese hanno sottolineato il fatto che nessuno ha preso in considerazione il parere della Corte costituzionale o almeno di una commissione di costituzionalisti formata ad hoc. Tale fatto è stato denunciato anche dal presidente della repubblica che però ha controfirmato senza pensarci due volte dopo che il progetto aveva ottenuto i 117 voti dei 140 deputati del parlamento albanese.
Il dibattito sulla riforma costituzionale, e la raccolta delle firme per il referendum indetto da Ilir Meta continua a occupare i primi piani dei media albanesi. In molti però si sono accorti che quasi nessuno parla più della tragedia di Gerdec, mentre le sue vittime, e i suoi responsabili sono stati spinti nel dimenticatoio proprio dal peso ingombrante delle improvvise e sbrigative riforme costituzionali.