Serbia | | Unione europea
La zavorra Milošević nella strada verso la Ue
L’eredità dell’ex uomo forte di Belgrado ha ritardato clamorosamente il percorso europeo della Serbia. Che ha impiegato un decennio a completare adempimenti per cui servono di solito due anni e mezzo. E si è arenata troppo a lungo sui nodi Montenegro, Ratko Mladić e Kosovo
Un giorno dopo la caduta di Slobodan Milošević, la mattina del 6 Ottobre 2000, la Serbia era ad un anno di ritardo rispetto la Croazia e cinque anni dietro la Slovenia nel processo di integrazione europea.
Oggi, dieci anni dopo, la Serbia "democratica" ha accumulato 6 anni di ritardo nei confronti della Croazia e almeno 14 anni della Slovenia.
La Croazia aderirà all’Ue nel 2012 o 2013, la Slovenia fa parte dell’Ue dal 2004 e la Serbia, nel miglior scenario possibile, potrebbe entrare nella famiglia europea solo tra il 2018 e il 2019.
Belgrado penultima nella fila balcanica degli aspiranti Ue
Malgrado le buone capacità amministrative, per alcuni aspetti migliori di quelli della Croazia e di gran lunga più efficienti degli altri Paesi dei Balcani Occidentali, la Serbia, a parte il Kosovo, sta in coda alla fila balcanica per l’adesione all’Unione. Dietro Macedonia, Montenegro e anche dopo l’Albania.
Anzi, nel frattempo Belgrado ha perso il passo nella road map verso Bruxelles anche rispetto al Montenegro, che si è staccato dalla Serbia a primavera 2006, diventando di nuovo indipendente dopo quasi 90 anni. Oggi Belgrado è in ritardo anche rispetto a Podgorica sulla strada per l’adesione alla Ue.
La mancata lustracija istituzionale ed economica nel dopo Milošević
A parte ragioni interne, la mancata ‘lustrazione’ (l’epurazione dei vertici dello Stato compromessi) dopo la caduta del regime autoritario di Milošević, la mancata pulizia in attività finanziarie di riciclaggio e la mancata pulizia delle biografie di molti uomini vicinissimi o fedeli negli anni ’90 alla coppia Slobodan Milošević e Mira Marković, comporta oggi che la Serbia, secondo i cosiddetti "Progress report" della Commissione europea, non ha ancora un’economia di mercato funzionale.
E la democrazia, i diritti civili e la libertà dei media non soddisfano ancora gli standard europei.
Va detto però che il ritardo sul percorso europeo degli ultimi dieci anni, in cui la Serbia ha completato adempimenti per cui servono di solito due anni e mezzo, è stato dovuto a tre nodi che Belgrado non è certo riuscita a gestire al meglio: il Montenegro, Ratko Mladić ed il Kosovo.
Persi due anni e mezzo nel testa a testa col Montenegro
Poco convincenti e pragmatici tentativi di salvare l’unione con il Montenegro sono costati alla Serbia due anni e mezzo nel processo dell’integrazione europea.
Belgrado e Podgorica non riuscivano a concordare il sistema unitario delle tariffe doganali, che rappresenta una delle condizione sine qua non per ottenere lo studio della fattibilità per l’apertura dei negoziati dell’Accordo di stabilizzazione e l’associazione con l’Ue.
Anzichè di ottenerla nel 2002 o almeno nel 2003, la luce verde Ue è arrivata solo nel primavera del 2005.
Promesse non mantenute al Tribunale dell’Aja
Il nodo numero due per le aspirazione europee della Serbia è la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY) o per evitare i giri delle parole: l’arresto di Ratko Mladić, ex comandante dell’esercito serbo-bosniaco, accusato per il genocidio e crimini di guerra.
Diversi leaders politici serbi hanno promesso ai partners occidentali che Mladić sarebbe stato arrestato in tempi brevi.
Le promesse erano puntuali come il fatto che non sono state mantenute fino ad oggi.
Dall’altra parte la leadership serba ha sottovalutato la posizione di principio del governo olandese sulla questione della cooperazione con l’ICTY.
Questa trascuratezza di valutazioni mescolata con la percezione sbagliata che sarebbe stato possibile compensare la piena cooperazione con il Tribunale con un atteggiamento costruttivo sul Kosovo o la Bosnia, ha divorato, fino ad ora, altri tre anni e mezzo nel processo di integrazione europea .
Kosovo, la contropartita si allontana
Terza gatta da pelare, la questione del Kosovo. Belgrado non ha ancora perso un solo giorno sulla strada europea a causa del Kosovo.
Ma d’altra parte la Serbia ha mancato diverse opportunità nel 2007 e 2008 di sfruttare la questione kosovara come rampa di lancio per la propria integrazione Ue. Una volta sciupata questa opportunità, il Kosovo si è trasformato per la Serbia da una rampa di lancio ad una pesante tegola.
I maggiori Paesi occidentali non sono più disposti a premiare Belgrado per un atteggiamento costruttivo, al contrario sono pronti di punirla se continuerà ad ostacolare la normalizzazione dei rapporti con il Kosovo, con l’unica concessione che nessuno chiederà al Belgrado di riconoscere ufficialmente l’indipendenza di Pristina.