La violenza in casa
In Azerbaigian la violenza domestica è un argomento tabù e di conseguenza nessuno ne parla. Tutte le questioni riguardanti la sfera privata, ovvero la famiglia, vengono viste come un tentativo di modificare l’identità nazionale
La violenza domestica è una tema che desta grande preoccupazione, specialmente in quei paesi che non dispongono di leggi specifiche in materia. L’Azerbaigian è uno di questi paesi, e finora non è mai riuscito a mettere in atto delle politiche che fossero in grado di contrastare la violenza domestica. Sembra che il paese sia spaccato in due fra quanti sono a favore della proposta di legge e quanti sono completamente contrari, in quanto sostenitori della tesi che una volta in vigore la legge la percentuale dei divorzi si impennerà, che l’istituzione della famiglia andrà in mille pezzi e che le donne non porteranno più avanti i ruoli culturali a loro finora attribuiti.
La questione
In Azerbaigian la violenza domestica è un argomento tabù e di conseguenza nessuno ne parla. Generalmente lo si considera una questione privata, e che come tale debba essere risolta privatamente all’interno dell’istituzione della famiglia. Nel caso in cui una donna sia vittima di violenze, preferisce rimanere a casa e affrontare il problema da sola (il che di solito implica l’auto convincersi di aver fatto qualcosa di sbagliato), evitando di parlarne persino alla sua stessa famiglia. La base di questo ragionamento è molto semplice: il capofamiglia in Azerbaigian è sempre l’uomo (per lo meno nel 99% dei casi), il che lo mette sotto pressione e lo rende un potenziale bersaglio delle critiche, mettendo allo stesso tempo a rischio la donna e i suoi figli, perché una volta svelato il segreto si scatena una serie di altri problemi, fra cui ulteriori percosse e umiliazioni, al fine di far capire alla donna che non deve più denunciare il marito.
In altri casi, se la donna decide di denunciare il caso, viene ulteriormente vessata alla stazione di polizia locale. La risposta che le viene data generalmente è sempre la stessa: "devi aver fatto qualcosa di sbagliato, altrimenti perché ti avrebbe picchiato?". Così, con un ulteriore senso di vergogna e di umiliazione, la donna se ne torna a casa a patire altre sofferenze nel migliore dei casi, o altre percosse nel peggiore, e anche se il suo caso dovesse raggiungere le aule di tribunale, non avrebbe nessun posto dove andare (a meno che la sua famiglia non la riprenda indietro), perché non esistono case di accoglienza. Inoltre deve affrontarne le conseguenze: il divorzio (che è considerato la fine della vita di una donna, perché non si può risposare, una prassi molto diffusa in tutto il paese) e gli sguardi di disapprovazione dei vicini e della comunità.
La normativa penale vigente in materia di violenza fisica in generale non si occupa però di violenza domestica in particolare. Né la normativa, né il sistema legale in generale prevedono l’esistenza di ordini di restrizione, di case di accoglienza o di reparti di polizia specializzati, addestrati a trattare con le vittime di determinati atti criminali.
Non esistono nemmeno statistiche in grado di fornire la misura delle violenze perpetrate. Il Ministero degli Interni tiene traccia di quello che riceve dai distretti di polizia in tutto il paese. Da tali dati (i più recenti risalgono al 2006) emerge che sono stati registrati 4823 casi di reati commessi contro le donne e che 1983 donne sono state registrate come vittime di violenze.
La bozza di legge
Le ONG locali, così come lo State Committee for Family, Women and Children Issues (l’istituzione statale che si occupa di mettere in atto le politiche in materia di parità dei sessi), concordano sulla necessità di una legge che serva a contrastare questo problema. Tuttavia, il processo per il raggiungimento di questo traguardo è piuttosto lento. Sebbene sia stata inclusa nel piano di lavoro del Parlamento nazionale nella sessione autunnale e anche in quella primaverile del 2008 (è stata inviata al Parlamento nel 2007), la bozza non è stata discussa. Parlando con gli esperti locali nelle ultime settimane, l’atmosfera che si respira è di convinzione generale che la legge passerà nella sessione del Parlamento dell’autunno 2009.
La mancata discussione della legge: i motivi
Sebbene ci siano diverse ragioni per cui questa legge deve ancora essere approvata, un fattore fondamentale è rappresentato dal problema della mentalità, che esiste tanto nella capitale quanto nelle varie province del paese. "Tutte le questioni riguardanti la sfera privata, ovvero la famiglia, vengono viste come un tentativo di modificare l’identità nazionale … La legge contro la violenza domestica viene percepita come qualcosa che intaccherà la nozione di famiglia, così importante in Azerbaigian", afferma Aysel Vezir, ricercatrice ed esperta di parità dei sessi in Azerbaigian.
Unendo tutto ciò all’arretratezza dei rappresentanti uomini del Parlamento, il quadro si fa molto più chiaro. Durante la sessione parlamentare dedicata alla discussione della dichiarazione sulla violenza sulle donne e alla lotta alla violenza domestica sono stati espressi molti commenti negativi. "Io non vedo il problema della violenza domestica in Azerbaigian. Mi scuso per il mio linguaggio, ma i nostri uomini non sono così disonesti e disumani da picchiare le loro mogli", ha affermato Valeh Aleskerov. Un altro parlamentare, Xanhuseyn Kazimli, pur accettando la realtà dell’esistenza della violenza domestica nel mondo, ha affermato di credere fortemente che "anche se oggi stiamo discutendo questa questione, non significa per forza che l’Azerbaigian abbia bisogno di tale discussione".
Tuttavia, in Parlamento c’è anche chi sostiene fortemente questa legge e sta facendo pressione affinché venga approvata. Purtroppo, la mancanza di dialogo fra i parlamentari e le ONG e la scarsa consapevolezza dell’opinione pubblica stanno rendendo il processo quasi impossibile. "C’è poca consapevolezza e anche poco lavoro pratico portato avanti perché le ONG non hanno l’esperienza e le conoscenze necessarie a portare avanti un’azione di lobbismo … In pratica non esiste un movimento unitario delle ONG in grado di intrattenere un dibattito coi parlamentari e fare pressione affinché la legge venga approvata", afferma Mehriban Zeynalova, responsabile di Clean World, una ONG locale che si occupa delle vittime del traffico di esseri umani, di violenze e di molestie sessuali.
I prossimi passi
Nella sua ultima relazione la Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Contro le Donne ha chiesto al Governo di agire con tempestività, e data l’importanza che il governo dell’Azerbaigian dà alla propria immagine all’estero, la legge passerà al più tardi quest’anno. Tuttavia, sebbene ci siano ancora pochi dubbi sull’approvazione della legge, la sua implementazione desta comunque preoccupazione, dal momento che non si sa se la nuova legge sulla violenza domestica farà davvero la differenza o se sarà l’ennesima legge approvata solo per togliersela di mezzo.