La verità sulla guerra…
Intervista a Drinka Gojkovic, Direttrice del Centro di Documentazione "Guerre 1991-1999" di Belgrado, traduttrice e curatrice di diversi saggi tra cui l’edizione serba di "Orientalism" il celebre saggio di Edward Said
OB: Ci può dire qualcosa sul centro di documentazione? Come ha cominciato a lavorare e come è nata l’idea di fondo?
Il Centro di Documentazione "Guerre 1991-1999" è stato istituito nel maggio del 2001. Significa che siamo attivi già da un anno, ma l’idea è nata in realtà tempo addietro, più esattamente durante la conferenza tenutasi a Ulcinj nell’anno 2000. In occasione di tale conferenza si era parlato appunto di verità, responsabilità e riconciliazione. La decisione di organizzarla proprio a Ulcinj era stata presa per cercare di attirare più ospiti possibili a livello internazionale, ma allora l’emissione di permessi di entrata in Jugoslavia era ancora molto severa. Fu deciso per Ulcinj, anche se sarebbe stato meglio tenerla a Belgrado.
Vi parteciparono cittadini di Sarajevo, di Zagabria, Montenegrini, Kossovari – anche se in realtà dal Kossovo giunsero solamente gli avvocati che lavoravano per il Centro Umanitario per il Diritto, poi statunitensi, israeliani, finlandesi, polacchi, ecc. Per la maggior parte si trattava di intellettuali che si occupavano di argomenti come la verità e la riconciliazione, ma c’erano pure altri ospiti, provenienti da varie istituzioni, che comunque trattavano le stesse tematiche. In quel periodo, nel maggio del 2000, era già evidente che temi come la verità, la responsabilità e la riconciliazione dovessero essere supportati da un background istituzionale. La mancanza di interesse al riguardo da parte delle autorità fu quasi ovvia.
La nostra idea iniziale prevedeva la realizzazione di una biblioteca e di una videoteca, ma anche l’organizzazione di dibattiti pubblici, per proseguire l’attività e non lasciar svanire quanto era stato fatto. E il rischio che ciò succedesse era probabile, vista la filosofia disfattista vigente che dice" c’è stata la guerra, non rimane nulla e dunque niente ha più importanza".
La biblioteca doveva includere testi di letteratura locale e testi stranieri, testi riguardanti il nostro conflitto e tematiche simili, come l’Olocausto, la questione della pulizia etnica, le problematiche riguardanti il Ruanda, il Sud America, ecc. E’ importante sottolineare che il numero di libri e testi della biblioteca aumenta ogni giorno di più.
La videoteca ha perfino più importanza perché vi si trovano documentari e altri filmati che trattano sempre lo stesso argomento di cui sopra. Va però sottolineata l’importanza di includere negli archivi più materiale locale, indispensabile per descrivere noi stessi, e non essere più solo oggetto di analisi. Credo infatti che l’essere sempre stati oggetto di analisi e descrizione si sia rivelato per noi fatale.
Rimane molto importante che il tentativo venga sostenuto anche dalle strutture dell’attuale governo, attraverso la realizzazione di partnership o il sostegno finanziario, oppure entrambi, a tutti i livelli del progetto. Ma anche per far fronte a situazioni occorse come nel caso di Milosevic, in cui le autorità, una volta consegnatolo a L’Aja, hanno dichiarato che ora il problema è demandato al Tribunale Internazionale e noi non abbiamo più alcun problema da risolvere.
La visita del filosofo Henry Levi a Belgrado avvenuta qualche tempo fa, ha dimostrato che solamente un personaggio molto noto ai mass media, quale Levy, risulta il miglior catalizzatore dell’attenzione e del dibattito. Quando il film di Levi venne proiettato e prima che il confronto avesse luogo, la sala Rex era già affollata, e questo non si verifica facilmente in altre occasioni.
Attraverso una sorta di campagna pubblicitaria, abbiamo chiesto di fornirci qualsiasi documentazione sulla guerra a chiunque ne avesse a disposizione. Nella maggior parte dei casi la gente chiama dicendo di avere materiale riguardante gli attacchi NATO in Jugoslavia, tra questi anche molti stranieri, ma i più interessanti sono quelli che dicono "guarda, ho qualcosa di molto importante, ma non voglio darvelo così…" cioè senza niente in cambio. In situazioni simili non sai bene come reagire, non sei sicuro che si tratti di qualcosa di veramente importante. In alcuni casi ci hanno chiesto grosse somme di denaro.
Innanzitutto non disponiamo di somme simili, e comunque non ci pare il caso. Per cui la raccolta di questo materiale dovrà aspettare finché la gente si sentirà più libera, mentre ora ci succede di venire accusati di aver raccolto materiale per aiutare il TPI a costruire le incriminazioni. In realtà, la gente ha paura e si preoccupa dell’utilizzo che facciamo oggi della loro documentazione, temendo l’eventuale pubblicità a riguardo. Comunque spero sinceramente che l’atmosfera diventi più tranquilla, e che un giorno la gente sarà più motivata a portarci materiale del genere.
Un’altra importante iniziativa che abbiamo lanciato è quella della "storia orale".
Noi non eravamo presenti durante la guerra, non abbiamo documentazione sui crimini di guerra che sono stati commessi. E non vogliamo che testimonianze di altri vengano a noi riportate da terzi, perché non ha senso.
Ecco perché stiamo raccogliendo frammenti di "storie raccontate a voce" da chi è stato direttamente coinvolto o ha partecipato alla guerra. E’ fondamentale ascoltare le motivazioni di chi vi si è trovato in mezzo, e sapere se oggi tali motivazioni sono cambiate o meno, se le esperienze sono simili, ecc.
Un altro aspetto essenziale è che queste persone che raccontano vengano rese note al pubblico, che non vengano emarginate. Perché se è vero che hanno partecipato alla guerra, è pur vero che non sono stati loro a volerla e che è stato qualcun altro a iniziarla per loro.
E’ necessario inoltre che la società sia consapevole, che si sappia chi ha partecipato alla guerra, come questi l’hanno vissuta e cosa queste persone hanno da raccontare oggi sulla loro vita, a guerra finita. La volontà di rimuovere emerge infatti dal trattamento riservato dalle autorità a veterani, rifugiati ecc. Come se non esistessero. Tuttora, specialmente nell’ambito del Governo Federale la topografia del nazionalismo è molto forte.
Insomma, prima di criticare chi ha partecipato alla guerra forse va invece biasimato qualcun altro, cioè coloro che mantengono e incentivano un atteggiamento lontano dal raggiungimento di una situazione normale.
In realtà esiste una volontà diffusa tra la gente a parlare della guerra, ma sarebbe di primaria importanza riuscire a contattare i testimoni degli episodi peggiori, come quelli di Srebrenica. Probabilmente proprio queste sono le persone che rischiano di rimanere anonime.
Riteniamo quindi necessario passare al setaccio tutta la Serbia – dalla popolazione semplice fino alle elite – per verificare cosa la gente pensa della guerra, per scoprire chi è meno consapevole degli eventi passati.
OB: Potrebbe fare un commento sulla Commissione per la Verità e la Riconciliazione? E’ positivo che essa sia stata istituita in seguito alla decisione del Presidente dell’ex Jugoslavia Vojislav Kostunica?
Sarebbe sicuramente meglio se la Commissione nascesse come parte di un’istituzione nell’ambito del sistema politico. Oggi come oggi sembra quasi un atto pietoso, troppo lontano dal contesto sociale. Non bisogna dimenticare che la maggioranza dei serbi ha dato il suo voto a Kostunica, e il fatto che lui avesse voluto istituire tale Commissione poteva essere un buon punto di partenza per la stessa. Al tempo aveva creato grandi aspettative perché tutte le porte si sarebbero aperte alla Commissione.
Personalmente fui molto soddisfatta al momento della sua istituzione, perché credo sia fondamentale che le strutture statali comincino a occuparsi anche di queste problematiche. Presto però ci si è accorti che la Commissione non sapeva quali fossero i suoi compiti, cosa che costituiva un problema più grave rispetto al fatto che fosse stata un’idea di Kostunica.
Ciononostante, la Commissione ha stilato un documento ufficiale, in cui vengono descritti gli scopi e la realizzazione del progetto, anche se sembra avere più che altro l’aspetto di uno studio accademico. Oltretutto i partecipanti al lavoro della Commissione non sono giovani. I suoi membri sono di mezz’età o anziani, e questo è un peccato perché viene a mancare proprio la visione che i giovani hanno della guerra.
Vi è da sottolineare inoltre che alcuni membri della Commissione ad un certo punto se ne sono andati: Latinka Perovic, Tibor Varadi, e Vojin Dimitrijevic. Questo perché all’interno della Commissione i membri anti-nazionalisti – come appunto i tre fuoriusciti – non riescono a trovare un piano comune di lavoro, che li metta in grado di lavorare con gli altri membri. Ciò significa che deve ancora essere costruito un maggior equilibrio tra le forze nazionaliste e quelle non-nazionaliste presenti all’interno di essa.
La Commissione si ritrova a gestire anche tutta un’altra serie di problemi.
I suoi membri sono troppo sensibili a qualsiasi tipo di critica. Per citare un esempio, abbiamo invitato due volte il coordinatore della Commissione – Aleksandar Lojpur – che ha partecipato ai nostri dibattiti in pubblico. In seguito, egli scrisse di essere stato interrogato in maniera isterica sulle ragioni per cui la Commissione non ha trovato soluzioni a questo o a quello.
Non capisco le ragioni della sua reazione, dato che non è stato affatto messo sotto interrogatorio. In una occasione gli era stata fatta una domanda molto semplice: "Come mai la Commissione, che esisteva già ai tempi del ritrovamento dei cadaveri nei camion frigorifero, non ha reagito in alcun modo?" Personalmente trovo adeguata questa domanda, dato che il caso dei camion frigorifero poteva essere un buon punto di partenza.
Invece la Commissione non fece nulla, e non capisco perché. Forse credono di avere compiti a livello metafisico, non saprei. Dichiarano inoltre di non voler interferire con le questioni politiche che emergono quotidianamente. Ma quali questioni politiche quotidiane? La guerra c’era, ed era una questione politica di tutti i giorni, ed è durata quasi dieci anni.
Il loro modo di reagire mi risulta incomprensibile, e quindi fa nascere dei dubbi sulle intenzioni.
I membri della Commissione parlano continuamente degli interessi della Serbia. Anch’io ritengo esista un "Interesse della Serbia" ma penso anche che sia interesse dei serbi chiarire cosa sia accaduto in questi anni di guerre. Occorre fare uno sforzo in questa direzione. Altrimenti si rischia di relativizzare tutto e sembra che alcuni membri di questa Commissione pensino che tutto ciò che è necessario fare sia relativizzare …
Tutti hanno visto il filmato dove Mladic, in seguito alla strage di Srebrenica, afferma "adesso ci siamo vendicati rispetto a quello che i turchi ci avevano fatto 500 anni fa" o "Allah non ti può aiutare, solo Mladic può farlo". Emergono evidenti da queste parole le responsabilità e rimango stupita quando, anche eminenti intellettuali che fanno parte della Commissione, tendono a rimuovere, a non parlare di questo e sembra che calcolino continuamente cosa dire e cosa non dire. In questo caso, in una Commissione come questa, tale tipo di reazione è orribile.
La Commissione, come altri nella nostra società, a partire dalle istituzioni politiche, non riescono a percepire la loro primaria importanza dell’influenzare l’opinione pubblica attraverso una sincera indagine di ciò che è avvenuto, attraverso la determinazione dei fatti. Sembrano invece molto più preoccupati a creare una sorta di "cordone di sicurezza" per garantire una situazione ovattata nella quale nessuno potrà realmente sapere cosa sia avvenuto. E’ anche l’attitudine che le autorità hanno nei confronti dei crimini di guerra. Djndjic ha recentemente affermato che l’arresto di Mladic potrebbe portare ad una rivolta popolare. Non è vero, la gente qui è stufa anche solo di sentire la parola "guerra".
Quando scoppiò il conflitto la gente in Serbia era molto confusa. Era infatti soggetta a campagne denigratorie nei confronti delle minoranze, nei confronti delle altre comunità e questo ha creato molta confusione. Ed è stato facile poi manipolare l’opinione pubblica. Ma spesso non mi è chiaro come mai questa situazione di poca chiarezza permanga tutt’ora.
OB: La Commissione ha dimostrato uno spirito collaborativo nei confronti della vostra associazione?
La commissione si è dichiarata a favore della collaborazione con altre associazioni ma in modo ambiguo. "Chiunque abbia informazioni utili può consegnarcele" hanno affermato. La collaborazione implica un lavoro di un certo tipo ed una visione almeno in parte condivisa. Non si limita al "consegnare".
Tutti si comportano come se non vedessero qualche cosa che invece è estremamente reale. Nel 1996 la rivista "Republika" ha pubblicato il libro "La guerra vista dalla parte serba" (Srpska strana rata). Sarà forse un libro pieno di omissioni, tuttavia porta pur sempre alla luce tutta una serie di questioni cruciali. Non si è mai aperto un dibattito su questo libro, nemmeno quando, alcuni mesi fa, ne è uscita una seconda edizione. Non si è mai discusso su questi argomenti in Serbia anche se tutti agiscono come se fosse vero il contrario.