La Turchia nell’Unione europea
Intervista a Emre Gonen, direttore del Centro Studi sull’Europa dell’Università Bilgi, Istanbul. Secondo il prof. Gonen né la Turchia né l’Europa sono pronte per il grande incontro, tuttavia bisogna "compiere passi determinati"
Di Nese Duzel, Radikal, 26 settembre 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
Manca poco all’inizio dei negoziati con l’Unione Europea. Crede che nella fase di negoziazione i paesi contrari all’adesione turca potranno creare grossi problemi?
Non sarà facile per i paesi contrari alla candidatura turca dire di no, creare problemi. Del resto i rischi nelle relazioni con l’UE verranno fuori una volta completati i negoziati. La Francia ha lanciato segnali in questa direzione.
Che tipo di atteggiamento manterrà la Francia?
La Francia ha detto "Una volta conclusi i negoziati, al momento dell’adesione io farò un referendum, chiederò al popolo francese se vuole la Turchia nell’Unione". Nell’Unione non si è mai chiesto agli elettori "Volete questo nuovo candidato?". In realtà l’accettazione di un nuovo candidato è approvata dai parlamenti nazionali. La Francia ha tirato fuori dal cilindro questa storia del voto popolare ed è ancora ferma su quelle posizioni.
La Francia potrebbe dar vita ad una coalizione anti-turca?
E’ quello che cerca di fare. Ha cercato di creare una coalizione anti-turca usando la questione cipriota ma per il momento senza successo. Dei 25 paesi membri è riuscita a convincerne un terzo, l’Austria, Cipro greca e la Grecia. La Grecia non vuole opporsi seriamente alla Turchia prima dell’inizio dei negoziati. Se al posto di Karamanlis ci fosse stato Papandreu al potere, avrebbe potuto assumere un atteggiamento molto più sofisticato contro la Turchia ma Karamanlis non ci è riuscito.
Quale crede sarà l’atteggiamento della Grecia?
La Grecia desidera ardentemente il successo dei negoziati con la Turchia. Fino ad oggi la Grecia ha sempre visto la Turchia come un pericolo. Il raggiungimento dell’obbiettivo europeo neutralizzerebbe questo pericolo, e senza nessun costo per la Grecia. Una volta che la Turchia sarà membro dell’UE i confini greco-turchi saranno confini interni, cosa che eliminerà il problema dei limiti delle acque territoriali nell’Egeo. L’aviazione militare greca poi è strutturata per fare fronte ad un attacco proveniente dalla Turchia sul mare Egeo. La Grecia con l’adesione turca a potrebbe risolvere in qualche modo anche la questione cipriota.
La riduzione delle spese militari porterebbe benefici importanti alla Grecia ed alla sua economia. L’obbiettivo principale della Grecia è l’ingresso della Turchia nell’Unione, l’interruzione dei negoziati è percepita da Atene come un incubo. Per il momento il fatto che Atene non dica che la Turchia è nel giusto nel non riconoscere la Repubblica di Cipro indica che si sta muovendo in accordo con i greco ciprioti. Detto questo però è un fatto che Atene non prenda poi inziative concrete, in realtà dalla Grecia arrivano ben poche prese di posizione sulla questione.
I greco-ciprioti agitano sempre la minaccia del diritto di veto, potranno crare dei problemi?
Sicuramente lo faranno ma non credo lo potranno fare durante i negoziati. Per ognuno dei 34 punti principali dei quali si compone il protocollo dei negoziati i greco-ciprioti, così come gli altri paesi membri, hanno il diritto di veto. Questo non significa però che lo possano utilizzare a piacere, semplicemente "perché non mi piace la Turchia", devono motivare il loro veto. Certo se facessero riferimento al fatto che le loro merci non possono entrare in Turchia perché i porti turchi sono chiusi alle loro navi, in questo caso potrebbero avere delle ragioni. I greco-ciprioti creeranno problemi una volta concluso il processo di negoziazione, quando si arriverà alla fase dell’adesione. Questo perché per concretizzare l’adesione sarà necessaria l’approvazione del parlamento greco-cipriota, così come quella di tutti gli altri parlamenti nazionali.
Perché l’Austria è contraria alla Turchia?
In proporzione alla popolazione totale l’Austria è il paese nel quale è più alta la percentuale di lavoratori turchi. L’integrazione degli emigrati turchi in Austria non si è realizzata nello stesso modo che in Germania ad esempio. In Austria esiste una seria avversione verso gli stranieri ed essendo i turchi il gruppo più numeroso tra gli emigrati presenti nel paese questo spiega l’atteggiamento dell’Austria verso la candidatura turca. L’Austria però non possiede da sola la forza per opporsi all’ingresso della Turchia.
L’Inghilterra, che ha la presidenza di turno dell’Unione, sembra essere molto decisa nel far sentire tutto il suo peso a sostegno della Turchia, sarà sufficiente per contrastare il fronte antiturco?
No, non è sufficiente. Se Francia, Germania ed Italia fossero tutte quante contrarie all’adesione turca, l’Inghilterra non potrebbe contrastarle ma attualmente al fianco dell’Inghilterra ci sono 21 paesi. Addirittura l’Olanda rifiuta di dire no alla Turchia. Questa situazione rende più semplice il lavoro dell’Inghilterra. Inoltre in Europa non esiste un paese più efficace dell’Inghilterra nella politica internazionale. Se la Presidenza della UE fosse stata del Lussemburgo o del’Estonia non sarebbe stato altrettanto facile per la Turchia. Il fatto che ci sia l’Inghilterra alla presidenza è una grande fortuna per la Turchia.
Secondo Lei l’Italia continuerà a sostenerci?
Senza alcun dubbio. Ha tutte le ragioni per farlo. Noi siamo un paese del Sud del Mediterraneo e le nostre relazioni commerciali con l’Italia sono tradizionalmente molto profonde.
Quale la situazione della Turchia rispetto all’Europa per quanto riguarda l’aspetto del diritto, delle legislazioni?
C’è ancora una grande distanza da colmare. Sebbene la legislazione della UE regolamenti solamente alcuni aspetti della vita di un paese anche quelli che ne sono esclusi in realtà non rimangono immutati. Per esempio la legislazione della UE governa l’economia, rafforza i meccanismi che riordinano l’economia, garantisce le persone in cerca di diritti e sicurezza in campo economico ma non si limita a questo. Le persone che vogliono difendere i loro diritti in campo economico, lo faranno anche sul piano politico, La difesa dei diritti non si può pensare a compartimenti stagni, questa è la forza nelle mani della UE
E cioè?
L’Unione è una società di consumatori nella quale i meccanismi di controllo sono attivi 24 ore su 24, sette giorni alla settimana, è un’istituzione fondata sulla difesa dei diritti, non sarebbe del resto possibile gestire un grande mercato come questo in un altro modo. Il sistema funziona grazie ai consumatori in cerca di diritti e garanzie, ed è da esso controllato. Per queste ragioni da anni l’UE fa pressioni sulla Turchia affinché aumenti il tasso di democraticità e di partecipazione. Se la Turchia vuole essere parte di questo sistema deve rendersi più affidabile. Ad esempio durante la fase dei negoziati la Legge sui Partiti Politici non potrà rimanere così come è, dovrà cambiare. Ma provate a cercare se nei documenti della UE c’è una sola riga a proposito di questa legge. L’Europa controlla le principali questioni democratiche, le spese ed il finanziamento dei partiti politici, dei loro quadri locali e nazionali. Per poter diventare affidabile la Turchia non ha alcuna possibile di difendere l’attuale, fossilizzato equilibrio.
Ci sono poi settori nei quali l’Europa non si intromette.
Quali?
La sanità e l’istruzione ad esempio. In ogni paese ci sono programmi, sistemi scolastici differenti ma il fatto che l’UE non si occupi di questi settori non significa che essi rimarranno come sono, perché la vita cambierà e nella sua trasformazione coinvolgerà anche questi settori.
Quali sono gli argomenti a favore della Turchia, di un esito positivo del processo di negoziazione?
Il primo è la grande esperienza della Turchia nella Unione Doganale. Noi fin dal 1991 stiamo imparando come ci si deve comportare dentro l’Unione.
Il secondo è che la Turchia possiede radicate tradizioni industriali. Gli investimenti dai paesi della UE continuano ad arrivare.
Il terzo è che il reddito pro-capite del paese sta andando velocemente verso i settemila dollari, un limite superato il quale si entra nella società del benessere.
Attualmente poi le società europee, comprese quelle appena entrate sono vecchie. L’età media in Germania è di 54 anni. In Turchia il 65% della popolazione ha meno di 30 anni. Il più grande punto a favore della Turchia non è la sua influenza nella regione o la sua forza militare, è la giovane età della sua popolazione. Il principale problema della UE è la crescita economica e in questo senso è alla ricerca di un motore che stimoli questa crescita. La giovane popolazione turca, attualmente alla prese con lo sforzo di diventare più ricca e che costituisce un serbatoio di consumatori, sarà in grado di fornire un contributo importante alla soluzione del problema della crescita economica.
E quali sono gli argomenti a sfavore della candidatura turca?
In primo luogo esiste una fetta importante della forza lavoro nel settore agricolo al di fuori dell’economia formale, in nero. Inoltre gran parte di questa forza lavoro non è nemmeno occupata in campagna, ma vivacchia ai margini delle grandi città occupandosi di allevamento o impegnata in un’agricoltura di sussistenza.
L’UE chiederà alla Turchia di risolvere questo problema strutturale.
Secondariamente, l’economia turca è parecchio lontana, essendo per la metà in nero, dall’essere affidabile.
La questione dell’economia informale comincia soprattutto dalle zone rurali. Lo stato ha preso una decisone negli anni ’50: di rinunciare a raccogliere le tasse ed a ogni forma di controllo.
In Turchia c’è una fetta importante della società che si aspetta molto dallo stato ma che allo stato non dà niente. E’ chiaro però che un problema di questa portata non si potrà risolvere nella fase dei negoziati. In terzo luogo c’è la difficoltà della Turchia di controllare i propri confini. Uomini e merci entrano ed escono liberamente dal paese. L’UE dal canto suo mira a diventare uno spazio sicuro ed è evidente che con questo tipo di controllo sui confini nella UE non si entra. Addirittura un paese fondatore come l’Italia per questioni analoghe non era stato accettato nel Trattato di Schengen. Tutte queste questioni sono problemi molto seri ma non insormontabili. Noi siamo un grande paese e tutti i grandi paesi sono entrati con difficoltà nella UE. E’ stato così per l’Inghilterra, per la Spagna, la Polonia ed anche la Turchia entrerà con difficoltà.
In che modo la scelta del PKK di riportare in primo piano la violenza, una sorta di provocazione, proprio alla vigilia dell’appuntamento del 3 ottobre influenzerà l’atteggiamento dell’Europa?
Ci possono essere problemi nella salvaguardia dei diritti, ma la Turchia oggi non si trova assolutamente in una posizione che renda giustificabile il ricorso ad azioni armate. Il PKK in passato godeva di un vasto appoggio in Europa, un appoggio ora esaurito. Attualmente il PKK preoccupa tutti. Anche l’olandese Lagendijk, Presidente della Commissione mista del Parlamento europeo ha dichiarato "La violenza sarà la fine del PKK". Quelli che credono che la Turchia abbia assunto un atteggiamento democratico verso i curdi faranno venire meno il loro appoggio al PKK.
Noi siamo ancora sotto gli effetti della Costituzione uscita dal colpo di stato del 12 settembre 1980. Durante i negoziati sarà una questione d’attualità?
In genere l’Unione Europea non si intromette nelle costituzioni nazionali. E’ certo però che durante i negoziati il 12 settembre sarà messo in discussione molto più velocemente perché il sistema Turchia sarà sotto la lente di ingrandimento dell’Europa.
Si dice che ci saranno accaniti dibattiti in materia di questioni ambientali, è così?
Sì. In Turchia ci sono seri problemi anche solo per quanto riguarda il controllo delle emissioni delle automobili, la questione della loro misurazione è un grosso problema. In realtà non siamo nemmeno in grado di misurare quanto è inquinato l’ambiente, chi e come lo inquina. Non siamo mai stati in grado di predisporre meccanismi di controllo. Chi è riuscito a fare impianti di depurazione delle acque lo ha fatto, per chi non lo ha fatto, beh non ci sono state conseguenze. Ci sono ditte che rilasciano le acque di scarico sui cavi telefonici interrati… Non è facile controllare l’inquinamento ambientale. Non è sufficiente il controllo dello stato. Il controllo sull’inquinamento deve essere fatto dalla società, tutti devono controllare tutti. Per la Turchia il periodo dei negoziati sarà un esame ma anche un occasione per impegnarsi ad innalzare gli standard.
Quanto dureranno i negoziati?
Non credo dureranno dieci anni. I più lunghi sono stati quelli della Spagna e sono durati sette anni. Negoziati lunghi sono logoranti e i governi nel frattempo possono cambiare. Io credo che parlare di dieci-quindici anni non sia altro che demagogia. I negoziati della Turchia dureranno sei-sette anni e dal 2011 sarà un paese pronto per la piena adesione
C’è la possibilità che i negoziati vengano interrotti?
Esiste sempre questa possibilità. Attraverseremo crisi nei rapporti con l’UE ed alla fine ne diventeremo membri. La Spagna che si liberava dal franchismo è diventata membro dell’Unione in sette anni, non lo potrà fare anche la Turchia?
Secondo lei potranno proporre uno statuto diverso dalla piena adesione?
Uno statuto del genere attualmente non esiste nella UE, crearlo sarebbe difficile.
Secondo lei l’Europa è pronta ad accogliere la Turchia?
No, non lo è ma non era pronta nemmeno ad accogliere la Polonia o l’Inghilterra. Anche la Turchia non è pronta ad un appuntamento di questo genere ma se si aspetta che le società siano pronte non si arriva a nulla, bisogna compiere passi determinati. L’Ue adotterà una politica molto determinata ed aprirà le porte alla Turchia.