La terza onda
Rimesse dall’estero, tessile ed edilizia. La crisi economica si fa sentire anche in Albania nonostante il governo dimostri inossidabile ottimismo. ”Andrà meglio solo nel 2011- afferma l’economista Ilir Ciko – quando l’Italia riprenderà a crescere”.
Si sperava che la crisi nata nel mondo finanziario occidentale non raggiungesse le periferie più povere e isolate d’Europa, ma i fatti stanno di giorno in giorno smentendo le previsioni ottimistiche di solo qualche mese fa. L’Albania secondo quanto ha dichiarato in un rapporto recente il Fondo Monetario Internazionale sarà tra i paesi poveri, che verranno scossi dalla terza onda della crisi economica mondiale.
Si pronosticava ottimisticamente che l’isolamento e la posizione periferica del paese nell’economia internazionale potessero tradursi in un vantaggio per la sua incolumità di fronte alla crisi mondiale, invece secondo il FMI, saranno le conseguenze della crisi degli altri paesi a determinare la crisi albanese. Secondo gli economisti i primi mesi dell’anno segneranno dopo anni di risultati positivi, la crescita zero, mentre la ripresa si prevede possa iniziare non prima del 2010.
Nell’economia albanese, una grande fetta degli input è da attribuire alle rimesse dell’emigrazione. Il periodo di crisi si è tradotto in un periodo nero per le rimesse a livello mondiale. In Albania negli ultimi anni, secondo i dati pubblicati periodicamente dall’INSTAT di Tirana, le rimesse segnavano un andamento progressivamente decrescente dovuto alla fase matura che caratterizza ormai l’emigrazione albanese, e i conseguenti rapporti meno intensi con il proprio paese. Con la crisi economica tale tendenza si è ulteriormente rafforzata.
Negli ultimi anni circa il 15% dell’economia albanese era costituita dalle rimesse degli albanesi emigrati all’estero. L’ultimo anno ha segnato un calo preoccupante dell’11% e, secondo le proiezioni per il 2009, la rilevanza delle rimesse quest’anno sarà solo del 9%. Tale riduzione è una diretta conseguenza delle difficoltà economiche che molti emigrati albanesi si trovano ad affrontare in due dei paesi europei più colpiti dalla crisi, la Grecia e l’Italia, in cui i migranti costituiscono una fascia economicamente molto fragile e poco tutelata.
La crisi – sostengono ora gli economisti albanesi – verrà dall’Italia. Non solo per quanto riguarda le rimesse ma anche perché l’Italia è il primo partner economico del paese balcanico. Il commercio con l’estero ha subito una netta riduzione negli ultimi mesi. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, si ha un calo dell’11,6%.
Le più colpite sono le esportazioni albanesi, per lo più del settore tessile, in cui vengono impiegati più di 100 mila operai. Molte aziende hanno già chiuso, e altre sono in procinto di chiudere, dato che il volume di scambi con l’Italia si è notevolmente contratto negli ultimi mesi. Lo stesso vale, anche se in minor misura per il secondo partner commerciale, la Grecia. "Andrà meglio – afferma l’economista Ilir Ciko, nell’ambito di un workshop sulla crisi – nel 2011 quando l’Italia riprenderà a crescere".
I prezzi si riducono lievemente, ma ciò non incentiva il consumo. Inizia a zoppicare anche il settore più forte dell’economia albanese, l’edilizia, alimentata enormemente dopo il crollo del regime, dall’intensivo inurbamento del paese, tradotto in un vero e proprio boom edilizio. Sembra che i tempi d’oro siano finiti.
L’ultimo anno – sostengono i rappresentanti dell’associazione degli imprenditori edili – circa 600 imprese del settore non hanno fatturato pressoché nulla. Gli imprenditori lamentano un calo delle vendite, e chiedono sostegno alle autorità. Ma come spesso accade nell’economia albanese la propensione di adeguare la propria offerta alla domanda del mercato attraverso le politiche dei prezzi, risulta alquanto scarsa e solo una piccola percentuale delle abitazioni attualmente in costruzione sono state vendute. La recalcitranza delle banche nel concedere mutui, e la situazione economica negativa degli emigrati all’estero hanno fatto sì che gli albanesi non abbiano più sete di nuove abitazioni nel triangolo urbano più sviluppato del paese (da Tirana a Valona).
Intanto lo scricchiolare delle banche internazionali, e il sistema economico albanese basato sulla prassi di mutui dagli interessi molto elevati, ha provocato non poco panico nel paese. Il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che negli ultimi mesi del 2008, si è osservata una progressiva tendenza a ritirare i propri depositi presso le banche da parte dei cittadini albanesi. In molti hanno visto nell’attuale crisi finanziaria reminiscenze della grave crisi in cui il paese si trovò nel ’97. Ma tale tendenza a ritirare i depositi – secondo quanto sostengono gli esperti – si sarebbe già affievolita probabilmente a causa del rischio di detenere troppa liquidità nelle proprie case, in un periodo in cui si temono disordini, in vista delle delicate elezioni del prossimo giugno.
Nelle ultime settimane nel paese il dibattito è stato particolarmente animato. Ci si chiede se l’Albania sia o meno in crisi, come d’altronde il resto dei Balcani. Il primo ministro Sali Berisha nega fermamente, e l’Albania diventa in tal modo l’unico paese balcanico che non ha intenzione di stilare alcun piano economico anticrisi.
Il ministro dell’economia Ridvan Bode smentisce fermamente le cifre rese pubbliche dall’INSTAT, sostenendo che il commercio con l’estero segna in positivo, e le esportazioni albanesi sono in aumento.
Ammettere che l’Albania stia in crisi non è evidentemente nell’interesse del governo Berisha, intento confermare il proprio mandato alle elezioni del prossimo giugno. La crescita economica più che soddisfacente del paese negli ultimi anni è stata puntualmente considerata da Berisha come un risultato del suo governo. Nello scorso dicembre ha avuto luogo una polemica tra Berisha e il Fondo monetario internazionale sulla crescita economica del paese che il premier dichiara sia a due cifre, mentre l’istituzione internazionale stima intorno al 5 %.
E per il 2009 il premier è riuscito ad ottenere un credito di 250 milioni di euro da diverse banche europee con l’intenzione di proseguire nelle grandi opere pubbliche avviate e per affrontare le spese elettorali. Non sono mancate a tal proposito le critiche dell’opposizione ma Berisha definendo il dibattito emerso in merito alla crisi come una "una psicosi mossa dall’opposizione sotto il moto ”viva il male, abbasso l’Albania” ".
Intanto anche il lek, la moneta nazionale albanese, inizia a perdere quota. Il tasso di cambio per un euro è intorno ai 127,9 lek. Solo tre mesi fa, il tasso di cambio mediamente stabile, era di 122 lek. Ciò ha comportato anche una riduzione delle importazioni dall’estero.
In molti rassicurano che le banche albanesi, godano di ottima salute. Ma l’ottimismo della coppia Premier-ministro dell’Economia (proprio come avveniva nel ’97) suscita preoccupazione tra chi ha visto dissiparsi i propri risparmi nella crisi finanziaria di fine anni ’90. L’avvicinarsi delle elezioni inoltre – dal cui esito dipende la conferma di Berisha o la sua uscita di scena – non fa dormire sonni tranquilli.