La terra dei fiumi
La Bosnia Erzegovina è ricca di acque e ha un enorme potenziale energetico. La sola Federazione bosniaca progetta la costruzione di dodici centrali idroelettriche, termiche ed eoliche nei prossimi dieci anni. Le gare di appalto condotte in questo settore, tuttavia, non sono finora avvenute in maniera trasparente
Gli investimenti nel settore energetico, in Bosnia Erzegovina, rappresentano una delle principali possibilità di sviluppo per un Paese con mezzo milione di disoccupati. Secondo dati forniti dal ministero dell’Agricoltura, dell’Acqua e delle Foreste, in Bosnia Erzegovina viene attualmente sfruttato solo il 40% del potenziale idrico totale per la produzione di energia elettrica, con una produzione annuale di circa 11.750 Gwh.
Nella Federazione bosniaca, nel 2009 la compagnia energetica “Elektroprivreda BiH“ ha prodotto 6.661 Gwh. Solo 4.095 di questi Gwh sono stati consumati dai cittadini bosniaci e dalle aziende del Paese. L’energia rimanente è stata esportata. La causa di questa eccedenza, attualmente circa il 40% di quanto prodotto, risiede nel fatto che la produzione industriale non ha più raggiunto il livello che esisteva prima della guerra, e che alcuni tra i maggiori consumatori di energia non lavorano più a pieno regime.
Quella idroelettrica è, in generale, una fonte pulita e rinnovabile e il mercato, non solo quello dei Balcani occidentali, ha un costante bisogno di nuove quantità di energia. La Bosnia Erzegovina, secondo gli esperti, dovrebbe aprire il proprio territorio a nuove possibilità di sviluppo. I progetti realizzati in questa direzione, tuttavia, si sono finora mossi a fatica o hanno attirato l’attenzione della polizia per irregolarità o mancanza di trasparenza nelle procedure di selezione degli investitori.
Mile Srdanović, esperto del settore elettro-energetico ed ex dipendente del ministero dell’Energia della Federazione bosniaca, ha spiegato ad Osservatorio che in Bosnia Erzegovina si investe molto in questo settore, ma che gli investitori devono avere una grande forza e tenacia: “La complicata situazione politica rappresenta un grande ostacolo e un deterrente per gli investimenti. D’altro canto questa situazione complicata serve da filtro per l’eliminazione della concorrenza più debole. Qui solo chi è dotato di forza e tenacia può farcela“, afferma Srdanović.
Gare d’appalto
Nel 2005, nella Federazione bosniaca, è diventato ministro dell’Energia Vahid Hećo. Il ministro, secondo le sue stesse parole, ha avviato il processo da un punto morto indicendo velocemente una gara d’appalto rivolta agli investitori. Vahid Hećo ha sempre sostenuto, e sostiene tutt’ora, che per la Bosnia Erzegovina questo è stato e continua a essere l’affare del secolo. Il cosiddetto affare del secolo, però, è diventato presto oggetto di indagini della polizia per numerose irregolarità nella procedura. La documentazione in possesso di Osservatorio Balcani e Caucaso mostra come è avvenuto il primo tentativo internazionale di investimenti nel settore energetico della Federazione bosniaca, e le numerose violazioni delle leggi vigenti nel settore.
Una delle principali critiche mosse al ministro Hećo è stata in passato quella di aver avviato investimenti di miliardi di euro per l’avvio di un processo così importante senza una strategia adeguata.
Il ministro Hećo, allora, aveva dichiarato ai media di Sarajevo che la strategia di investimento esisteva, nella sua testa, e che bastava solo metterla su carta.
Le cose sono andate così: a giugno 2006 il ministero ha indetto una gara d’appalto per la costruzione di otto nuove centrali idriche e termiche sui fiumi della Bosnia Erzegovina, corrispondenti all’incirca al potenziale totale di cui dispone attualmente la Federazione. Come si evince dalla documentazione su cui si è basata la polizia durante le indagini, la gara di appalto non corrispondeva a quanto il governo della Federazione aveva richiesto al ministero dell’Energia, ma era piuttosto semplicemente una gara preliminare per prepararsi all’appalto in cui era richiesta tutta la documentazione necessaria all’avvio di un progetto così importante.
Il ministero dell’Energia ha dunque indetto la gara e ben 37 società internazionali, tra cui l’italiana Enel, hanno mostrato interesse per la costruzione degli otto impianti sui fiumi della Federazione. Quell’estate il ministero dell’Energia ha ricevuto decine di pacchi voluminosi, contenenti le offerte delle compagnie internazionali.
La scansione cronologica dei fatti mostra però che l’intero materiale è stato esaminato nel tempo record di 10 giorni, e che in seguito si è passati alla selezione delle offerte più convenienti in due successivi turni.
“Sono stato testimone delle indagini della polizia, avendo partecipato all’intero processo. È impossibile esaminare una documentazione così ingente, in inglese e tedesco, in tempi così brevi, decidendo chi passa e chi no. Però sono stato l’unico ad oppormi“, ci ha detto Srdanović.
Undici società sono passate al secondo turno, e quattro di loro sono state scelte come partner strategici. Considerato però che il criterio di selezione era definito in modo abbastanza ambiguo, e impreciso, e che la credibilità delle società selezionate era messa in dubbio, l’intera procedura ha sollevato l’indignazione del pubblico bosniaco.
Le due camere del parlamento della Federazione, che dovevano ratificare la scelta dei partner strategici, si sono rifiutate di farlo per sospetti di irregolarità nella gara. L’intero processo di selezione degli investitori è stato dunque bloccato. La procura cantonale di Sarajevo, inoltre, ha avviato un’indagine nei confronti del ministro Hećo e dell’allora premier della Federazione, Nedžad Branković, con l’accusa di irregolarità nella procedura di selezione dei partner per la costruzione degli impianti energetici.
I due sono accusati di violazione delle procedure previste per il settore, un capo d’accusa che secondo la legge della Federazione prevede una pena da sei mesi a otto anni di detenzione.
L’inchiesta, tuttavia, è stata sospesa. Nel rapporto della procura si legge che l’intera procedura non è stata condotta secondo la legge, e che determinate lobby, senza alcun criterio, hanno cercato di favorire alcuni offerenti a scapito di altri. Dato che il parlamento della Federazione ha bloccato la procedura, tuttavia, per la Federazione il danno non sussiste, e dunque la procura non ha potuto proseguire con l’inchiesta.
Il primo tentativo di investimento nel settore elettro-energetico della Federazione è dunque fallito in questo modo. Il parlamento ha poi ordinato al ministero di presentare una strategia, progetti e studi di fattibilità.
Secondo la sezione bosniaca di Transparency International (TI), quando si tratta di grandi progetti la preferenza verso particolari concorrenti e l’ambiguità del processo di selezione sono la prassi.
Ivana Korajlić, la portavoce di TI in Bosnia Erzegovina, ha dichiarato a Osservatorio Balcani e Caucaso che ogni governo, quando sono in gioco affari di tali dimensioni, cerca di sfruttarli in qualche modo. Funzionari pubblici, in altre parole, cercano di utilizzare tali occasioni per concludere affari direttamente, in segreto ed eludendo le procedure legali.
Korajlić considera tuttavia positivamente la decisione assunta dal parlamento della Federazione: “Una tale decisione è incoraggiante, ma il processo è incredibilmente lungo e si perde molto tempo. È un bene però che in Federazione qualcuno abbia reagito, a differenza della Republika Srpska (RS), dove non ci sono state prese di posizione simili. In quell’entità è stato venduto l’intero settore petrolifero, ma nessuno sa esattamente a chi. Nessuno ha reagito, eccetto il settore non governativo che, proprio per questo, è stato demonizzato dal governo della RS.”
Anche Srdanović ritiene che si sia sprecato del tempo prezioso.
“Questo «aggiustamento» in fondo non è altro che un ritorno alla situazione del 2006, anno in cui si è insediato l’attuale ministro Hećo, il che dimostra chiaramente che sono stati sprecati quattro anni preziosi“, afferma l’esperto.
Opportunità di investimento
L’anno scorso il ministero dell’Energia della Federazione bosniaca, su delibera del Parlamento e con la consulenza di esperti, ha redatto un piano strategico e un programma di sviluppo del settore energetico. I progetti includono, in una prima fase, la costruzione di due centrali termoelettriche a Kakanj e Banovići, di otto centrali idroelettriche e di due centrali eoliche. Grazie alla costruzione di questi impianti, la produzione annuale di energia elettrica nella Federazione crescerebbe di circa 7.782 GWh, cioè più del doppio dell’energia attualmente prodotta.
L’investimento totale si aggirerebbe intorno ai due miliardi e settecento milioni di euro impiegando, per la costruzione, oltre 20 mila lavoratori.
I primi impianti dovrebbero essere pronti nel 2013, gli ultimi entro il 2020.
La costruzione dei nuovi impianti in Federazione, considerato il prezzo attuale di mercato di 0,10 euro per 1 KWh, produrrebbe un valore annuo di circa 800 milioni di euro.
Un potenziale di questo tipo impone una grande cura nella selezione dei partner, nazionali e stranieri, per evitare gli errori fatti in passato. Secondo Srdanović, nella scelta del partenariato bisognerebbe seguire alla lettera il modello di concessione attualmente previsto dalla legge bosniaca. Tutti gli altri modelli, tipo “partnership strategica”, non sono sufficientemente regolamentati, o non lo sono per nulla, e lasciano spazio a manipolazioni, come è avvenuto nel caso del primo tentativo di investimenti nel settore elettro-energetico.
Il ministro dell’Energia, Hećo, ci ha detto che, a causa di impegni, non aveva tempo per parlare con noi di questo tema. Di recente, nel corso del “Forum energetico” che si è tenuto a Sarajevo, ha dichiarato che presto sarà pubblicata una nuova gara d’appalto per gli investitori e che ci sarà sicuramente un numero sufficiente di offerte. Durante un analogo Forum, tenutosi a Vienna nel marzo 2010, il ministro si è scusato con le compagnie che erano state scelte come “partner strategici” nella costruzione di impianti elettro-energetici. Il ministro, però, non ha ricordato che la Procura aveva aperto un’inchiesta per violazione delle procedure relative alla costruzione di quegli impianti, presentati al pubblico bosniaco come una speranza per l’intero Paese.