La stampa vittima del nazionalismo…
Quando nel 1992 inizia il processo di privatizzazione delle proprietà collettive (nel frattempo diventate statali) in realtà esiste già una casa editrice privata: Slobodna Dalmacija con sede a Spalato, editrice del quotidiano Slobodna Dalmacija e del settimanale Nedjeljna Dalmacija. La casa editrice era stata acquistata dai dipendenti (giornalisti, tecnici e personale amministrativo) grazie alla legge federale promossa dall’ultimo Primo ministro federale jugoslavo Ante Markovic.
Nei primi anni di guerra, il quotidiano spalatino rappresenta l’unica fonte indipendente di informazione e una tra le rare voci critiche dell’opinione pubblica in Croazia, e da quotidiano regionale, Slobodna Dalmacija diventa il giornale nazionale più importante. Ecco perché, dal punto di vista dell’allora Presidente croato Tudjman, diventa necessario neutralizzarlo. Ciò succede nel 1993, quando sulla base delle richieste di rimborso delle banche statali (totalmente artificiose e basate su interpretazioni che nel 2000 sono risultate giuridicamente false), la privatizzazione viene annullata. Le banche rilevano la proprietà e la cedono ad un nuovo ricco e persona di fiducia del vertice, Miroslav Kutle. L’azione di annullamento della privatizzazione e del cambiamento del titolare viene organizzata dai vicepresidenti dell’HDZ, Ivic Pasalic e Drago Krpina. A questo proposito alcuni giorni fa la Procura della Repubblica ha chiesto al Sabor (Parlamento) di togliere l’immunità parlamentare ai due vicepresidenti per poterli accusare proprio per il ruolo che hanno avuto nella ri-privatizzazione di Slobodna Dalmacija.
Al cambiamento di gestione segue una svolta radicale nella linea politica del quotidiano, che diventa il portavoce più radicale della politica di omogeneizzazione etnica e ideologica della popolazione croata, paragonabile solo al quotidiano di Zagabria Vecernji list. In questo momento storico sembra che il processo di uniformità della stampa croata debba veramente chiudersi con il successo assoluto delle forze al potere. Altri quotidiani vengono uniformati tramite atti di discriminazione interna (nomina diretta dei caporedattori, licenziamenti senza giusta causa, censure e divieti di pubblicazione, ecc.), ma anche con atti di aperta violenza. E’ il caso del quotidiano di Osijek – Glas Slavonije – giornale a diffusione regionale e a bassa tiratura (solo 5000 copie), che all’inizio della guerra viene considerato molto pericoloso per le posizioni assai critiche prese nei confronti del governo al potere. Nel 1991, un gruppo di persone armate guidato dal conte Branimir Glavas – allora soltanto capo del Comitato d’emergenza comunale – entra nella sede del giornale e scaccia con le minacce il caporedattore Drago Hedl e suoi collaboratori. Il 16 ottobre scorso, sulla base della richiesta della Procura della Repubblica, il Sabor (parlamento) ha deciso di togliere a Glavas l’immunità parlamentare perché si possa procedere nel processo d’accusa. Secondo il procuratore responsabile dell’indagine, Glavas sarebbe colpevole di furto nei confronti della redazione allora guidata da Hedl.
Altro caso emblematico è quello del settimanale Globus a proprietà privata e fondato nel 1989 da Ninoslav Pavic, personaggio oscuro che aveva ricoperto il ruolo di funzionario di medio livello negli apparati ideologici del partito comunista. Nei primi anni della guerra, Globus svolge un ruolo importante nell’affermazione del linguaggio d’odio e di conflitto, anche se il ruolo più vergognoso in questo senso viene svolto da un altro settimanale privato, Slobodni tjednik. Nel periodo 1991-92 pubblica costantemente le liste dei cosiddetti "nemici", causando la morte di decine di persone che compaiono in esse come "elementi sovversivi". Il settimanale smette di pubblicare verso la metà degli anni novanta. Con i primi segni d’esaurimento del mito nazionale Globus cambia orientamento, diventando gradualmente un giornale critico verso il governo e gli abusi di potere. La svolta si può spiegare con l’arrivo di finanziamenti provenienti dall’Occidente e dalle relazioni d’affari con i paesi dell’ovest, sempre meno soddisfatti della politica di Tudjman e sempre più impazienti nei confronti di una svolta. Un gruppo di collaboratori, guidato da Ivo Pukanic, abbandona Pavic e costituisce, nel 1995 un settimanale dalle posizioni ancora più critiche: il Nacional. Va sottolineato che senza l’appoggio finanziario delle fondazioni americane nemmeno questo periodico sarebbe stato in grado di svolgere il ruolo distruttivo che ha avuto nei confronti del potere di Tudjman.
…e quella rimasta all’opposizione
La posizione che aveva detenuto Slobodna Dalmacija fino al 1993 non rimane vacante. Il quotidiano fiumano Novi list, assieme all’edizione istriana Glas Istre allora differente dall’edizione fiumana soltanto nelle pagine locali, riesce a privatizzarsi secondo la legge di Markovic e i dipendenti diventano azionisti di maggioranza. Nonostante gli innumerevoli ostacoli la privatizzazione si realizza in maniera magistrale, anche grazie a differenti fattori in gioco: dall’abilità diplomatica del direttore Zdenko Mance, fino all’appoggio della comunità locale del Nord-adriatico dove l’HDZ non ha mai ottenuto la maggioranza.
Quindi subito dopo la caduta di Slobodna Dalmacija, Novi list improvvisamente si trasforma in quotidiano nazionale e continua la tradizione della stampa indipendente e d’opposizione. Questo anche grazie ad una parte di giornalisti del quotidiano spalatino, specialmente i corrispondenti di Zagabria che fino al 1993 avevano rappresentato il centro nevralgico del giornalismo indipendente e critico, che si trasferiscono a lavorare nella neo-costituita redazione di Zagabria del Novi list. Altri rimangono a far parte della redazione di Slobodna Dalmacija, ma pagheranno con atti di emarginazione e di censura, come l’attuale caporedattore Drazen Gudic che in otto anni di lavoro presso il giornale non ha mai potuto pubblicare nemmeno una riga. Altri ancora scelgono altre vie, tra le quali la fuga all’estero.
Rispetto ad altri casi di organi di stampa indipendenti con un forte atteggiamento critico nei confronti del potere di Tudjman, troviamo il quotidiano indipendente spalatino Sunce – che si spegne in breve tempo per ragioni finanziarie – e il settimanale Feral Tribune. Quest’ultimo, progetto ambizioso e ben riuscito, viene fondato da un gruppo di giovani, inizialmente ad uscita bimestrale, che svolge un ruolo importantissimo nella delegittimazione progressiva del potere nazionalista. Uno dei fondatori, Cice Senjanovic, rievocava proprio poco tempo fa l’anniversario del primo numero del periodico, raccontando delle condizioni di lavoro in cui si realizzò. Dato che allora la Dalmazia era raggiungibile soltanto via mare e i primi numeri si stampavano a Fiume, un gruppo di redattori si imbarcò a Spalato con il traghetto notturno portando con sé il materiali necessario per la preparazione del primo numero. La nave era piena di profughi bosniaci, e i redattori e si ritrovarono con altri amici e simpatizzanti (tra quali anche Ranko Ostojic, attuale vice ministro degli interni) a cantare i versi di Bandiera rossa…con parole cambiate e in cui veniva nominato il "maledetto Tudjman".
La stampa croata in tempi recenti
Ninoslav Pavic fonda nel 1998 anche un quotidiano, Jutarnji list, che inizia le sue tirature con una campagna pubblicitaria senza precedenti. Diventando in Croazia secondo quotidiano per il numero di copie stampate, Jutarnji list riesce a rovesciare con successo i resti del prestigio dell’HDZ e della famiglia Tudjman tra la gente comune. Nel frattempo Vecernji list viene venduto a società anonime con sede a Londra, Vaduz e presso le Isole Vergini nei Carabi, che successivamente sono risultate sotto controllo della fondazione dell’HDZ "Testamento statale croato" il cui presidente è il famoso Ivic Pasalic. Dopo la svolta del 3 gennaio 2000 il quotidiano viene ceduto all’impresa austriaca Styria. Ma il governo sospende la vendita, due uomini d’affari vicini all’HDZ che si erano esposti come responsabili delle suddette ditte anonime vengono arrestati. Dopo alcune trattative multilaterali, rimaste segrete, gli arrestati vengono rilasciati in libertà provvisoria mentre la proprietà di Styria viene confermata e il redattore responsabile Branko Tudjen licenziato. Sotto la guida della nuova capo redattrice Ruzica Cigler, Vecernji list cambia faccia e seppur con un’impostazione un po’ conservatrice, leale all’attuale governo di centrosinistra.
Rispetto al quotidiano Vjesnik che è tuttora statale, non vi sono privatizzazioni future in vista anche perché con una tiratura di solo una decina di migliaia di copie non attrae alcun compratore. Dopo le elezioni viene licenziato il caporedattore Nenad Ivankovic (oggi uno dei protagonisti della rivolta dei veterani di guerra di orientamento destra radicale) e sostituito da Igor Mandic. Mandic è un uomo di cultura, scrittore molto stimato, sottoposto nel 1996 ad una campagna diffamatoria senza precedenti che lo accusava di tradimento verso la nazione, in quanto primo personaggio croato ad aver parlato in una conferenza pubblica a Belgrado. Per non essere riuscito neanche a raddoppiare la tiratura del quotidiano, dopo alcuni mesi viene sollevato dall’incarico. Mandic lascia comunque dietro di sé un giornale molto serio, che continua le sue pubblicazioni.
Pukanic, che ricordiamo essere fuoriuscito da Globus per fondare il settimanale Nacional, nel dicembre del 2000 avvia un nuovo progetto: il quotidiano Republika. All’inizio il successo sembra essere immediato. Con il primo numero pubblica un’accusa molto dura contro Ninoslav Pavic, secondo la quale egli avrebbe partecipato ad una serie di azioni illegali in combutta con l’HDZ volte al controllo del monopolio della stampa e dei media elettronici. Pavic viene messo agli arresti la stessa notte dell’uscita dello scoop, ma dopo tre giorni gli viene concessa la libertà provvisoria. Il procedimento legale contro di lui è ancora in corso, ma pare basso il rischio che finisca in prigione. Nonostante ciò, il suo impero continua a svilupparsi. Ora possiede anche una serie di pubblicazioni popolari, dalle riviste femminili a quelle rivolte a giovani e sportivi.
Republika guida una politica d’appoggio critico al governo, accusandolo di scendere a compromessi autodistruttivi con la malavita comune e specialmente con quella politica (cioè tollerando l’atteggiamento sovversivo della destra radicale). Pukanic però non riesce a mantenere il quotidiano in vita. Dopo circa quattro mesi Republika chiude per ragioni economiche, non trovando sostegni finanziari esteri forse proprio per aver seguito una linea troppo di "sinistra".
Uno dei punti forti delle accuse che il quotidiano liquidato faceva contro la politica del compromesso governativo, era la situazione di Slobodna Dalmacija. Miroslav Kutle era da mesi in prigione, l’amministrazione nuova aveva di nuovo statalizzato il quotidiano per via dei debiti pubblici accumulati da Kutle, ma nella redazione non era cambiato nulla. Al contrario, Slobodna Dalmacija era praticamente diventato organo della destra estrema e aveva iniziato una campagna per il rovesciamento violento del "potere traditore". Ma dopo l’azione sindacale dei dipendenti, che con un referendum decidono la sostituzione del caporedattore Josip Jovic, (appoggiati anche dal Sindacato nazionale giornalisti, dall’Associazione dei giornalisti croati e dal governo) Slobodna Dalmacija riesce a riappropriarsi della sua originaria caratteristica, tornando ad essere giornale d’opposizione e di dura critica dei responsabili di dieci anni di tragedia nazionale e regionale.
Quale futuro?
Nel frattempo l’impero di Pavic è caduto (ma non contrariamente ai suoi piani) sotto il controllo delle multinazionali, in primo luogo la WAZ, azionista importante nella struttura delle società Planet media ed altre società che gestiscono i relativi giornali. Le multinazionali sono entrate anche nella proprietà del Novi list e parzialmente perfino nel Feral Tribune. La storia di quest’ultimo organo di stampa se non tragica è triste, perché riflette la sorte dei ribelli ad un regime autoritario che anche dopo i cambiamenti democratici sono rimasti relegati ai margini della società, perdendo persino il sostegno dell’opinione pubblica internazionale democratica perché ora tutto è – come si crede -"tornato in regola".
La posizione dei lavoratori della stampa è sempre più difficile. Nonostante i primi cronisti impegnati dal Planet media guadagnino più dei ministri, e i redattori più importanti di Globus o Jutarnji list guadagnino come ordinari universitari, la maggioranza dei giornalisti si sente sfruttata da un sistema capitalista di tipo ottocentesco. Si lavora moltissimo, si guadagna meno e gli stipendi vengono raramente pagati alle scadenze. Molti giornalisti devono aspettare anni e anni per trasformare i contratti di collaborazione esterna in contratti di dipendenza, mentre le nuove leggi del lavoro cambiate da poco non prevedono più una distinzione netta tra le due forme di lavoro. Fino ad ora il sindacato è riuscito a denunciare soltanto un caso estremo di abuso: nella redazione del settimanale Fokus (d’orientamento di destra non radicale) a quasi nessuno è mai stata pagata l’assistenza sanitaria e la tassa obbligatoria per il fondo pensionistico. Ora è in corso un procedimento legale contro il proprietario del settimanale, Ivan Mikulic.
In definitiva, la situazione della stampa croata oggi si può considerare migliorata rispetto a quella degli anni novanta. Ma molti problemi restano ancora dolorosamente aperti, probabilmente simili ai problemi esistenti nell’ambito lavorativo della stampa italiana se messi in connessione alla situazione economica e sociale dei dipendenti, ma differenti se si prende in considerazione la situazione economica croata. Nella miseria, tutti i problemi personali connessi al denaro sono naturalmente più pesanti e più dolorosi. Ma c’è chi dice che queste sono soltanto le leggi del libero mercato, crudeli verso i deboli, come sempre…
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