La Serbia al palo

Mladic non è stato arrestato e la Serbia non può proseguire verso l’UE. L’annuncio è arrivato oggi da Bruxelles. Mentre il primo ministro Kostunica dichiara che il governo ha fatto tutto il possibile, il vicepremier Miroljub Labus annuncia le dimissioni

03/05/2006, Luka Zanoni -

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Kostunica e Mladic visti dal disegnatore di satira Corax (Danas, 3 maggio 06)

Sembra che il tormentone Mladic sia destinato a durare ancora per qualche tempo. Scaduto l’ennesimo ultimatum per la consegna del superlatitante, ex generale accusato dal Tribunale internazionale dell’Aja per crimini di guerra commessi nelle guerre degli anni novanta, nonché per il massacro di Srebrenica, l’Unione europea ha deciso oggi di congelare i negoziati per l’Accordo di associazione e stabilizzazione, primo passo verso la piena adesione all’UE.

Dopo la montatura mediatica del 21 febbraio scorso, durante la quale i media di tutto il mondo sono andati letteralmente in fibrillazione rincorrendo per tutta la giornata i ripetuti lanci di agenzia che annunciavano la cattura del superlatitante, il 5 aprile il commissario europeo per l’allargamento Olli Rehn aveva deciso di concedere una proroga al governo serbo fino alla fine mese per portare a termine la consegna di Ratko Mladic e rispettare così il più grosso impegno internazionale del paese, grazie al quale avrebbe avuto via libera lungo la strada europea.

La decisione del commissario europeo di prorogare fino al 30 aprile la verifica sulla collaborazione con l’Aja si basava sulla promessa e convinzione del premier serbo Voijslav Kostunica che l’arresto o la consegna volontaria di Mladic fosse ormai questione di settimane. Una promessa a cui si è creduto fino alla fine, anche se a termine scaduto e in vista della decisione negativa dell’UE, il vice premier Miroljub Labus aveva detto che solo un miracolo avrebbe potuto salvare il paese dalla sospensione dei negoziati. E il miracolo non c’è stato. L’UE, come auspicato dal procuratore capo del Tribunale dell’Aja, ha mantenuto la promessa di sospensione dei negoziati.

Deluso dal fatto che Belgrado non sia riuscita a localizzare ed arrestare Mladic, Olli Rehn, a seguito del colloquio con Carla del Ponte, ha affermato che proprio "per questo motivo la Commissione deve rinviare i negoziati sull’associazione e stabilizzazione. La Commissione è pronta a proseguire i negoziati appena la Serbia raggiungerà la piena collaborazione. Nessuno è al di sopra della legge. Chiunque sia accusato di pesanti crimini deve comparire davanti ad un tribunale. La valutazione del procuratore dell’Aja riguardo alla collaborazione con detto tribunale è negativa, ecco perché la Commissione europea ha dovuto rinviare i negoziati".

Carla Del Ponte aveva già detto, durante una conferenza stampa tenutasi a Milano il 2 maggio scorso, che Mladic doveva già da tempo essere all’Aja. Mentre oggi a Bruxelles ha ribadito che 10 giorni fa era noto il luogo in cui si nascondeva Mladic, che due settimane fa era a Belgrado, e che evidentemente è stata ingannata quando le è stato promesso da Kostunica che Mladic sarebbe stato consegnato all’Aja a breve.

La capo procuratore del Tribunale dell’Aja ha ribadito inoltre che in gennaio il governo serbo era in grado di arrestare non solo Mladic ma anche Radovan Karadzic – il capo politico dei serbi di Bosnia, anch’egli accusato di crimini contro l’umanità e del massacro di Srebrenica – ma invece di arrestarli ha chiesto loro di consegnarsi. "È chiaro, purtroppo, che l’idea del governo era che Mladic venisse costretto a consegnarsi, ma è altrettanto chiaro che quell’aspettativa era errata", ha detto la Del Ponte.

Al coro di reazioni negative si è aggiunto anche l’ambasciatore USA a Belgrado, Michael Polt, il quale ha annunciato che la Serbia, a causa della mancata collaborazione con l’Aja, potrebbe rimanere senza l’aiuto finanziario degli Stati Uniti. Quest’ultimo verrà discusso alla fine di maggio presso il Congresso americano.

Finalmente dopo giorni di silenzio il premier Kostunica si è fatto sentire con un comunicato stampa in cui si afferma di essere stati bloccati "perché Ratko Mladic non è all’Aja. Questo è l’unico motivo per cui vengono rinviati i negoziati con l’UE. Questo rinvio reca un enorme danno al governo serbo e al nostro paese e, dopo tutte le tribolazioni che abbiamo attraversato, significa una nuova perdita di tempo nel momento in cui, a noi come popolo e come stato, ogni giorno e ogni settimana che passano sono più che preziosi. I cittadini della Serbia devono sapere che il governo ha fatto assolutamente tutto quanto era in suo potere per mandare definitivamente Mladic all’Aja, è stato accertato chi ha preso parte all’ampio gruppo di collaboratori di Ratko Mladic. Il tribunale ha ordinato un mese di carcere per gli aiutanti di Mladic. A ben guardare, dal momento che l’intera rete di collaboratori è stata scoperta, Ratko Mladic ora è completamente solo. La questione pertanto è di natura tecnica, scovare il luogo in cui ora si nasconde Ratko Mladic".

Uno dei motivi principali addotti da Olli Rehn per la mancata estradizione del latitante numero uno sarebbe imputabile ai servizi di sicurezza serbi, i quali – ha affermato il commissario europeo – non sono ancora stati posti sotto il pieno controllo civile.

Mentre nei giorni scorsi alcuni media belgradesi annunciavano un possibile spostamento dell’ultimatum UE per la consegna di Mladic, dilatando il termine al 10 maggio, altri, come il quotidiano progressista "Danas", descrivevano la Serbia come il "paese delle menzogne".

Che il paese a causa di poche persone stia perdendo la sua credibilità a livello internazionale e ne paghi le spese, è convinto anche il ministro degli Esteri Vuk Draskovic. Il ministro degli Esteri della Serbia e Montenegro in visita a Salonicco, ha ribadito che il popolo serbo e la Serbia stessa sono le maggiori vittime di questa situazione: "Il prossimo turno di incontri, che avrebbe dovuto tenersi fra qualche giorno, sarà rinviato, e i negoziati saranno messi in attesa, congelati sino a quando questo impegno sarà adempiuto. Non c’è nient’altro che possa soddisfare l’Europa se non la consegna degli accusati", ha detto Draskovic.

Per quanto concerne la Serbia, oltre a Ratko Mladic, all’appello del Tribunale internazionale dell’Aja mancano ancora Radovan Karadzic, Zdravko Tolimir, Goran Hadzic, Stojan Zupljanin e Vlastimir Djordjevic.

L’attuale impasse in cui si trova la Serbia potrebbe ripercuotersi pesantemente sul fronte politico interno: sono già state annunciate le dimissioni del vice premier Miroljub Labus e alcuni partiti chiedono le dimissioni del governo e le elezioni anticipate.

E’ intervenuto anche il premier montenegrino, Milo Djukanovic, affermando di non vedere una stretta relazione tra la consegna di Mladic e l’indipendenza del Montenegro, e che i cittadini del Montenegro al referendum, indetto per il 21 maggio prossimo, avranno la possibilità di "prendere coraggiosamente nelle proprie mani il loro futuro europeo".

Una posizione che viene ribadita dalla ministra montenegrina per l’integrazione europea, Gordana Djurovic, secondo la quale il rinvio dei negoziati con l’UE per il Montenegro vale solo fino al 22 maggio perché il Montenegro dopo il referendum procederà da solo sulla strada europea.

Nei prossimi giorni vedremo se il governo serbo sarà in grado di far ripartire il treno per l’UE o se resterà ancora a lungo in sala d’attesa e discutere dell’insuccesso e a cercare di tamponare i possibili scossoni politici che lo aspettano, compresa la tenuta dell’esecutivo in
carica.

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