Una delegazione della nostra associazione "A,B,C, solidarietà e pace" (volontariato per l’aiuto allo sviluppo e la conoscenza interculturale) ha compiuto, nella prima quindicina di novembre, un’ulteriore visita periodica a scuole di varie città serbe, per proseguire iniziative di gemellaggio con scuole italiane e consegnare borse di studio ad alunni più bisognosi (poveri, profughi, orfani). Nell’occasione, insegnanti e direttori didattici ci hanno parlato della radicale riforma in preparazione nella scuola serba, che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo anno scolastico. Pensiamo sia utile riferirne brevemente, per quanto riguarda il livello di scuole dove prevalentemente ci rechiamo, e cioè quella primaria, o di base, detta anche, da "loro" come da "noi", dell’obbligo ("Osnovna Skola" sigla O.S.).
La scuola primaria sarà portata dagli attuali otto anni a nove, suddivisi in tre cicli, mentre le superiori saranno ridotte da quattro anni a tre. Al termine della primaria, gli alunni sosterranno un esame dal cui esito dipenderà, per ciascuno, l’indirizzo scolastico successivo. Sono in corso di compilazione nuovi libri di testo e nuovi programmi a livello nazionale. Sarà ridotto il numero delle materie, oggi eccessivo. Sarà lasciato spazio (calcolato dal 10 al 40% man mano che si passa a classi superiori) ad aspetti legati alle culture e realtà regionali. Ciascuna scuola, inoltre, potrà inserire temi specifici. E quel che più importa, dovrà esservi un profondo cambiamento del modo d’insegnare. Gli alunni non dovranno più recepire passivamente le nozioni, affidandosi soprattutto alla memoria; gli insegnanti dovranno coinvolgerli in un apprendimento attivo e ragionato. Saranno aumentati gli stipendi del personale.
Al riguardo i nostri amici docenti ci hanno espresso opinioni diverse e a volte contrapposte. Cominciamo da quelle più critiche. Chi veramente avrebbe ispirato e starebbe promuovendo la riforma, non sarebbe tanto il ministro dell’Educazione e dello Sport, Gaso Knezevic, quanto la sua assistente e "braccio destro" Tinde Kovac Cerovic, di cultura ungherese, iscritta alla "Unione della società civile", uno dei partiti al governo, che si vocifera sostenuto dal noto finanziere Soros, ambiguamente "umanitario". E in pratica la Kovac Cerovic starebbe appunto copiando la struttura scolastica ungherese, più per motivi politici che didattici. Saranno aumentati davvero gli stipendi? Certo è che quelli attuali sono umilianti, anche se adesso vengono pagati con maggiore regolarità. Lo spazio che si vuole lasciare nei programmi alle culture locali sarebbe una buona cosa, se non si prestasse a essere strumentalizzato da minoranze etniche estremiste, con pericolo per l’unità nazionale. In questi casi – non infrequenti in Serbia, particolarmente nella Vojvodina, dato che ormai il Kosovo "se n’è andato"- bisogna stare attenti che le municipalità, il cui ruolo riguardo alla scuola è limitato, non travalichino i propri compiti con intenti politici. Infatti, sebbene questi compiti siano limitati, è un rappresentante del Comune a presiedere il Consiglio scolastico (formato da tre docenti, tre delegati dai genitori e tre, appunto, dal Comune). Più che ridurre le materie, bisognerebbe alleggerirle dall’eccessivo nozionismo. Gli attuali metodi d’insegnamento sono, nel complesso, giusti, come dimostrano la stima e il successo riscossi all’estero da giovani usciti dalle scuole serbe.
Tutt’altro discorso è quello dei docenti favorevoli alla riforma. A loro giudizio, essa s’ispira a una strategia di sviluppo e quindi è ben comprensibile che, dopo un troppo lungo periodo di stagnazione, siano previsti anche mutamenti nell’ iter scolastico. Stanno per entrare in vigore non solo nuovi programmi, ma nuovi metodi d’insegnamento, che comporteranno cambiamenti radicali nella mentalità stessa del personale docente. Di particolare importanza è la prevista de-centralizzazione, destinata a rompere la cappa di programmi e metodi rigidamente prestabiliti e a dare agli insegnanti più ampia autonomia e maggiore responsabilità. Almeno gli insegnanti più giovani sono perfettamente all’altezza di capire e di applicare la riforma, anche mediante scambi di esperienze e lavori di gruppo. Con spirito libero e creativo, sapranno portare gli alunni a cogliere e interpretare autonomamente gli aspetti fondamentali della cultura nazionale.
Oltre alla de-centralizzazione – ci hanno detto gli interessati favorevoli alla riforma – gli altri due pilastri fondamentali di essa sono la de-politicizzazione e la democratizzazione. Prima di impostarla, è stata compiuta un’analisi preliminare della situazione scolastica, affidata a un team di esperti. Non si vuole, però, che la riforma cada dall’alto. Essa sta prendendo corpo man mano sulla base sia della partecipazione a seminari internazionali (anche per avvicinare la scuola serba a quella delle maggiori nazioni occidentali), sia mediante corsi di formazione e aggiornamento degli insegnanti in tutto il Paese. A tal fine vengono mobilitate tutte le risorse e le forze disponibili, tanto è vero che in questi ultimi tempi si è lavorato per migliorare la scuola, più di quanto sia stato fatto nei dodici anni precedenti. Si cerca di elevare al massimo la qualità tecnica e umana dell’insegnamento. Nelle scuole, adesso, si respira un’atmosfera diversa, più libera e viva. Finalmente si avrà in Serbia una scuola capace di contribuire al suo rientro nel consesso europeo.
Quanto a noi di ABC, ci asteniamo deliberatamente dal prendere posizione, in linea con il nostro costante metodo di non ingerire dei problemi interni ai Paesi dove si svolgono le nostre iniziative, e in particolare di riconoscere al popolo serbo la capacità di risolvere autonomamente i propri. Quel che c’importa, è dare il nostro piccolo contributo affinché la scuola sia frequentata con regolarità e serenità anche bambini e ragazzi che altrimenti difficilmente lo potrebbero. E’ infatti nostra convinzione che lo studio, l’istruzione, la maturazione culturale delle giovani generazioni, sia componente essenziale dello sviluppo di un popolo e della sua attitudine a partecipare pacificamente alla vita della comunità internazionale.
Per ABC: Vittorio Tranquilli
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