La Romania, Schengen e i compiti a casa

La Romania non ci sta a passare per quella che non ha fatto i compiti a casa. Ed il mancato ingresso nell’area di Schengen il 27 marzo scorso è una questione legata al doppio binario della trattativa con Bruxelles, legata indissolubilmente anche alla vicina Bulgaria. Un’intervista al ministro rumeno dell’Interno Traian Igas

13/04/2011, Daniela Mogavero -

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Un'immagine della frontiera romena (D. Mogavero)

Ministro, la Romania doveva entrare nello spazio di Schengen il 27 marzo 2011. Adesso qual è il nuovo obiettivo temporale?

L’obiettivo fissato dalla Bulgaria e dalla Romania insieme era l’accesso in Schengen in quella data. Un impegno che è il risultato logico dal Trattato di adesione della Romania all’Ue, raggiunto e preparato con le presidenze di turno e per il quale la Romania ha osservato tutte le regole fissate e ha soddisfatto tutti i criteri. Sfortunatamente il nostro partner bulgaro ha avuto qualche difficoltà, già risolta, nel settore della sicurezza delle frontiere esterne.

Sono convinto che i risultati della valutazione dello scorso 21-23 marzo saranno positivi. Dopo che tutti i criteri tecnici saranno soddisfatti lavoreremo insieme, Romania e Bulgaria, con i nostri partner europei, per finalizzare con successo il processo di adesione all’area Schengen. Ci sarà un voto nel Parlamento europeo e poi nel consiglio dei ministri della Giustizia e degli Interni, speriamo il prima possibile. E noi riteniamo che queste votazioni riconosceranno i nostri sforzi.

L’Ue, però, ha rinviato l’accesso sottolineando che Bucarest dovrebbe rafforzare la lotta alla corruzione. Qual è la sua posizione?

Vorrei sottolineare una volta per tutte una cosa: l’Ue non ha rinviato l’accesso della Romania in Schengen. Non si sono tenuti né una discussione né un voto a tal proposito. Il fatto che la Bulgaria non fosse pronta ha messo anche la Romania nell’impossibilità di raggiungere il suo obiettivo. D’altro canto non si può negare che esista un gruppo ristretto di 2-3 Paesi membri che si è espresso a sfavore dell’ingresso di Sofia e Bucarest e le ragioni portate avanti non hanno basi legali nell’acquis di Schengen o nel Trattato di adesione all’Ue. La lotta alla corruzione, poi, è per noi un tema separato da Schengen e sul quale mettiamo grande attenzione e sul quale stanziamo rigorosamente tutte le risorse necessarie.

Ostacoli sono stati posti in particolare da Francia e Germania, perché?

La Romania comprende e esamina responsabilmente le preoccupazioni dei partner europei. Siamo aperti al dialogo e vogliamo identificare insieme il modo migliore per agire in questo ambito per avere un orizzonte politico chiaro nell’ambito dell’ingresso nell’area di libera circolazione. Nello stesso tempo, però, siamo fiduciosi che il processo di valutazione Schengen rimanga entro i confini del quadro procedurale e legale esistente e che è stato utilizzato negli altri allargamenti Schengen. Le regole devono essere rispettate nella loro completezza da tutti senza estensioni artificiali ad altri problemi che non hanno collegamenti con l’accesso a Schengen “per sé”.

La Romania ha già implementato alcune misure anti-corruzione, specialmente nel settore delle dogane.

Siamo impegnati a combattere la corruzione in ogni settore dell’amministrazione pubblica. Esiste tanto la Direzione generale anti-corruzione presso il ministero dell’Amministrazione e dell’Interno, che la Direzione nazionale anti-corruzione: sono efficienti e la loro attività ha avuto risultati positivi. Le recenti operazioni nel settore doganale e ai posti di frontiera dimostrano che il meccanismo istituzionale di contrasto e prevenzione funziona senza problemi. Laddove verranno segnalati oppure vi saranno sospetti di comportamenti illeciti tali attività proseguiranno. Si tratta di un processo che si svolge normalmente, come in qualsiasi altro Stato europeo.

Ci sono altri progetti in tal senso e quanti fondi sono stati spesi per la sicurezza delle frontiere?

Per quanto riguarda la sicurezza delle frontiere, a causa della nostra posizione geografica, riteniamo di avere una grande responsabilità nei confronti dell’Ue. Gestiamo una delle frontiere più vaste con 2.070 chilometri di estensione, e una delle più difficili, condizione che è una sfida per noi. Per esempio attraverso Schengen Facility, sono stati stanziati per dei progetti destinati alla sicurezza delle frontiere più di 200 milioni di euro, 120 circa dai fondi Phare, 70 dal bilancio statale e 440 milioni attraverso una linea di credito esterna per i contratti con l’Eads. A questi vanno aggiunti i 60 milioni di euro che la Romania ha ricevuto dal Fondo per le frontiere esterne nel triennio 2010-2013. Gli sforzi sono significativi e ce la stiamo mettendo tutta perché vogliamo contribuire a garantire un clima di sicurezza e stabilità per i cittadini europei.

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