La Romania in piena crisi politica
Dopo il risultato del primo turno delle presidenziali, in Romania si è dimesso il primo ministro Marcel Ciolacu. Si apre così una crisi politica che durerà almeno fino al ballottaggio. Nel frattempo il paese avrà un presidente e un primo ministro ad interim

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Marcel Ciolacu © LCV/Shutterstock
Il primo ministro romeno Marcel Ciolacu si è dimesso il 5 maggio 2025, all’indomani della sconfitta del candidato della coalizione di governo, Crin Antonescu, che non è riuscito ad accedere al ballottaggio delle elezioni presidenziali. Antonescu si è classificato al terzo posto, dietro al nazionalista di estrema destra George Simion e al riformista pro-UE Nicușor Dan.
George Simion, leader del partito nazionalista AUR, ha ottenuto il 40,96% dei voti nel primo turno, mentre Nicușor Dan, sindaco di Bucarest e candidato indipendente sostenuto dall’USR ha ricevuto il 20,99%. I due si sfideranno nel ballottaggio del 18 maggio 2025. La sconfitta di Antonescu ha ulteriormente indebolito la coalizione di governo, già sotto pressione dopo l’annullamento delle elezioni del 2024 a causa di sospette interferenze russe.
Nel frattempo il primo ministro Marcel Ciolacu, nonché presidente del Partito Social Democratico (PSD) ha dato le dimissioni spiegando che “la coalizione non è più legittima”, visto che il suo candidato non è riuscito ad arrivare al ballottaggio.
Il candidato della coalizione, Crin Antonescu è un politico liberale e il suo partito (PNL) non intende lasciare il governo. La coalizione al governo di cui Ciolacu è stato premier è formata dal Partito Social Democratico (PSD), il Partito Nazionale Liberale (PNL) e dall’Unione dei Magiari della Romania (UDMR). Ma né PNL, né l’UDMR intendono abbandonare la nave e annunciano l’appoggio al ballottaggio per l’elezione del presidente della Repubblica per l’indipendente Nicusor Dan, sindaco della capitale.
La decisione di Ciolacu di dimettersi e di far uscire dal Governo il PSD è interpretata in vari modi e uno dei più discussi è che entrando in opposizione ora, in realtà si prepara per una nuova coalizione con l’AUR (Alleanza per l’Unità dei Romeni) il cui leader è il sovranista George Simion che ha vinto il primo turno delle elezioni.
La Romania ad interim
Se dovesse diventare capo dello Stato, Simion ha promesso di nominare Călin Georgescu come primo ministro. Ma il suo partito, AUR, il secondo del paese, ha bisogno del PSD per poter governare e creare una maggioranza parlamentare. Il premier dimissionario Ciolacu dichiara invece che il PSD non farà alcuna alleanza con AUR finché sarà lui il leader dei social democratici. Ma i giochi e i calcoli politici sono in un periodo di grande effervescenza a solo due settimane dal ballottaggio per l’elezione del capo dello stato.
Il PSD ha anche annunciato che non indicherà ai suoi elettori per chi votare al ballottaggio: per l’euroscettico e fan di Donald Trump, George Simion, oppure per il liberal progressista ed europeista Nicușor Dan. E molto probabile che gran parte dell’elettorato dei social democratici scelga Simion.
Il presidente della Romania ha prerogative nella politica estera, nella sicurezza nazionale, nomine giudiziarie e nomina anche il primo ministro. Secondo la stampa estera, una vittoria di Simion potrebbe segnare un cambiamento nella direzione geopolitica della Romania, potenzialmente allineandola con altri stati membri dell’UE guidati da nazionalisti, come l’Ungheria e la Slovacchia.
Nel frattempo, il presidente ad interim Ilie Bolojan dovrà nominare un nuovo primo ministro. Anche lui sarà ad interim, cosi come resteranno ad interim anche i ministri social democratici. I ministri attuali continueranno a svolgere le loro funzioni fino alla formazione di una nuova maggioranza parlamentare dopo il ballottaggio.
Fine di un’alleanza
La decisione del primo ministro Marcel Ciolacu di dimettersi dopo la sconfitta del candidato governativo Crin Antonescu segna quindi un momento critico sulla scena politica romena. Le dimissioni non sono solo un gesto di responsabilità politica (o di strategia) ma anche il segnale del collasso di una coalizione fragile, divisa tra il Partito Socialdemocratico (PSD) e il Partito Nazionale Liberale (PNL), uniti da un patto di convenienza più che da una visione comune.
Il fallimento di Antonescu nel superare il primo turno — un risultato imprevisto fino a poche settimane fa — ha mostrato la disconnessione tra l’élite politica tradizionale e un elettorato sempre più attratto da posizioni radicali e anti-sistema.
L’alleanza PSD–PNL, pur controllando ancora molte leve del potere amministrativo e parlamentare, ha perso credibilità e rappresentatività.
La vittoria di George Simion al primo turno segna una frattura ideologica netta rispetto ai valori europeisti, liberal-democratici su cui si è fondata la Romania post-adesione all’UE e alla NATO.
Simion ha fatto leva sul malcontento sociale, sulla sfiducia nelle istituzioni e su una narrativa patriottica che mescola sovranismo, euroscetticismo e promesse radicali. Il suo successo riflette una tendenza europea più ampia: la crescita delle forze populiste.
La situazione politica in Romania e il voto per l’elezione del capo dello Stato sono argomenti seguiti con grande attenzione da Bruxelles, Washington e dai partner NATO. La Romania è una pedina strategica nel fianco sud-orientale dell’Alleanza Atlantica, soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
La Romania entra ora in una fase di instabilità politica con un governo di transizione da definire dopo il ballottaggio.
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