La questione del bilinguismo in Istria e i rapporti con la Croazia

02/07/2001, Redazione -

Il bilinguismo che caratterizzava i ceti borghesi di Zagabria e Osijek, dove le nonne parlavano regolarmente con i nipoti in tedesco, è praticamente scomparso. Ma in Croazia è storicamente presente, e molto vivace, anche un altro bilinguismo: il bilinguismo croato-italiano, nelle regioni dell’Adriatico settentrionale (Istria e Quarnaro). Si tratta di un fenomeno numericamente più vasto dell’entità della comunità italiana: quest’ultima, nel censimento del 1991, conta poco più di ventimila abitanti (i risultati del nuovo censimento saranno pubblicati in autunno); da una ricerca effettuata nel 1996 dal docente di Sociologia dell’Università di Fiume Boris Banovac, risulta che il 7% della popolazione istriana si definisce etnicamente italiana, il 65% si sente croata e circa il 20% si definisce istriana o croato- istriana e sceglie, dunque, un’identità regionale.
In Istria e Quarnaro il bilinguismo è quasi totale.
Nell’ex-Jugoslavia, specialmente nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale, c’era una forte pressione sulla minoranza italiana, il cui esito evidente fu l’esodo della maggior parte del gruppo etnico italiano, tra il 1948 e il 1955. Il bilinguismo era emarginato, ma questa operazione non ha avuto successo: Istria e Quarnaro hanno infatti mantenuto carattere bilingue (a differenza di Fiume, dove a seguito della vasta immigrazione il bilinguismo si è perso). Negli anni Settanta e Ottanta non si sono infine più registrati tentativi di emarginazione o abolizione.
Negli anni Novanta, nel periodo della Croazia indipendente governata dall’HDZ (Unione Democratica Croata), in Istria e Quarnaro c’è stato il rifiuto dell’omogeneizzazione nazionale croata: il numero dei voti per l’HDZ corrispondeva più o meno al numero degli immigrati di nazionalità croata. Ma neanche altri partiti con l’aggettivo ‘croato’ nella denominazione hanno ottenuto un successo di rilievo. L’IDS (Dieta Democratica Istriana), diventato un movimento regionalista, con mutati orientamenti politici e ideali (il presidente Ivan Jakovcic nel 1994 ha definito la linea politica del partito come democratico-cristiana, provocando molti dissensi, specialmente tra coloro che percepivano la propria collocazione a sinistra), deteneva il monopolio quasi assoluto nelle città e nei comuni istriani, così come nella parte quarnerina (Liburnia e isole apsartide) della Contea di Fiume (Contea litorale-goraniana). Molte assemblee comunali erano monopartitiche. Le giunte locali hanno introdotto il bilinguismo ufficiale nelle città dove era presente una minoranza italiana. L’Istria, in termini di popolazione e di strutture politiche dominanti, stava diventando per questo oggetto di attacchi durissimi da parte dell’HDZ (accuse di separatismo, irredentismo, e così via), ma l’IDS ha trovato tra i partiti croati d’opposizione alcuni alleati, in primo luogo l’HSS (Partito Contadino della Croazia), l’HNS (Partito Popolare Croato) e il LS ( Partito Liberale), ed è così diventata nel 2000 una delle componenti della nuova coalizione governativa.
Partecipando al potere centrale, l’IDS si è assunta la responsabilità per l’impotenza (o la lentezza) del nuovo governo, riguardo al superamento della crisi sociale ed economica e, più in generale, riguardo alla mancata modernizzazione del paese e abolizione dell’eredità negativa del periodo precedente. Nel periodo del governo HDZ era relativamente semplice ottenere l’appoggio dell’elettorato: era impossibile per l’autogoverno locale cambiare qualcosa di sostanziale perché tutto (o quasi tutto) dipendeva dalle autorità centrali. Dopo il 3 gennaio (data del crollo dell’HDZ), la situazione è cambiata, ma nella vita quotidiana non c’è traccia di superamento del passato. D’altra parte, alcuni casi di corruzione a livello locale (in primo luogo, il caso Quaranta a Pola) hanno aggravato la posizione dell’IDS. Forse proprio questo spiega non soltanto la decisione dell’IDS di passare all’opposizione, ma anche la decisione di approvare uno Statuto regionale istriano, che producesse dissensi a livello nazionale e mostrasse il vero stato d’animo dominante nel resto del paese. L’intento dell’IDS, con questa mossa, era quello di suscitare appoggio per il partito in difficoltà.
Uno tra gli elementi problematici nello Statuto istriano (su cui si attende la decisione della Corte Costituzionale) riguarda il bilinguismo ufficiale. Secondo lo Statuto, la lingua croata ed italiana sono definite lingue ufficiali, equiparate a livello regionale. Questo significherebbe che l’amministrazione pubblica dovrebbe svolgersi obbligatoriamente in entrambe le lingue. Chi non fosse in grado di scrivere un atto pubblico in italiano, non sarebbe quindi più idoneo a svolgere un servizio pubblico. La verità è che questo colpirebbe soltanto pochissimo personale amministrativo o più precisamente soltanto i nuovi immigrati. C’é un documentario famoso dagli anni Ottanta circolato a Degnano, presso Pola, con il titolo (anche in versione croata!) "Buon giorno, Mujo!" (Mujo è un tipico nome musulmano bosniaco, derivato da Muhamed). Questo mostra che anche gli immigrati bosniaci, macedoni, albanesi, ecc. sono nel corso degli anni diventati bilingue. Una dalle conseguenze dello Statuto sarebbe l’obbligo per la maggioranza croata di imparare l’italiano (attualmente non c’e nessun obbligo e vige la prassi di conoscere o imparare la lingua italiana, non tanto per ragioni di convivenza o intercultura, ma per i contatti commerciali, turistici e professionali (spesso per il lavoro nero oltre frontiera, a Trieste e in Friuli). Anche gli analisti molto favorevoli al regionalismo istriano, come lo scienziato politico Damir Grubisa (Novi list dell’8 giugno) sostengono che l’obbligo sarebbe contestabile. Secondo un funzionario istriano dell’SDP (Partito Social Democratico), Livio Bolkovic, l’applicazione dello Statuto produrrebbe diseguaglianza e discriminazione linguistica tra coloro che soni bilingue e coloro che parlano soltanto croato (in Istria non ci sono italiani, eccetto alcuni anziani, che non siano impadroniti della lingua croata).
Il vertice dell’IDS ha annunciato che nella seduta costituente dell’Assemblea istriana (dove, dopo le elezioni dal 20 maggio, l’IDS ha di nuovo la maggioranza assoluta) saranno precisati alcuni articoli dello Statuto, riguardanti proprio la questione della lingua ufficiale, secondo cui il bilinguismo ufficiale non sarà obbligatorio per le comunità senza minoranza italiana.
In ogni caso, l’intento provocatorio dell’IDS di mettere in luce lo stato d’animo dominante in Croazia ha avuto un successo enorme. Non soltanto la destra radicale (membri e funzionari dell’HDZ e partiti vicini), ma anche personaggi come il centrista Drazen Budisa (HSLS Partito Social Liberale) hanno dimostrato un livello altissimo d’intolleranza. Dice Budisa: "Noi non dobbiamo e non possiamo tollerare la de-croatizzazione dell’Istria. L’Istria non deve continuare ad essere un punto nevralgico del paese. Tutti insieme dobbiamo gridare: basta!" (Feral Tribune del 9 giugno; il cronista Ivica Djikic, che cita Budisa, interpreta la sua affermazione come espressione della paura che tramite il bilinguismo e la demilitarizzazione, l’IDS voglia cedere l’Istria ai "fascisti italiani". Nello stesso senso si esprime anche la presidentessa dell’ HSLS in Istria, Jadranka Katarincic Skrlj, deputata in Sabor (Parlamento) grazie alla coalizione governativa, più che al sostegno elettorale istriano. Alcuni politici rilevanti croati non la pensano però così. Il presidente dell’LS e Sindaco di Osijek, Zlatko Kramaric, ha ripetutamente deplorato i metodi usati da Budisa (e anche dal presidente dell’HSS Zlatko Tomcic, ex-alleato dell’IDS) riguardo al bilinguismo e generalmente alla questione istriana. Ha poi dimostrato chiaramente il suo dissenso da Budisa anche Vesna Pusic, leader dell’HNS.
Il nuovo sindaco polese Luciano Delbianco, dissidente dall’IDS e Presidente del partito alternativo regionale IDF, sostiene che, benché non sia d’accordo con la formalizzazione del bilinguismo ufficiale tramite lo Statuto regionale, il bilinguismo è in Istria una cosa quasi naturale e che nessuno deve sentirsi minacciato se parla un’altra lingua. Un altro dissidente dell’IDS, Ivan Pauletta, fondatore storico del partito, pensa però che le vicende concernenti lo Statuto istriano mettano in evidenza un’ignoranza del pubblico politico ed intellettuale croato: secondo lui l’Istria non era italianizzata, ma slavizzata, così come la Dalmazia. La Croazia dovrebbe, secondo Pauletta, seguire alcuni esempi italiani: in Molise la lingua croata, parlata da 2500 persone, è legalmente definita una lingua protetta (intervista speciale sul Feral Tribune del 9 giugno). A Pauletta risponde nel numero seguente del Feral, Nela Rubic, dichiarando la sua approvazione dell’Istria bilingue ("L’Istria parla tutte le lingue, in Istria ciò è naturale e perciò ammirevole"), ma anche un dissenso rispetto al metodo con cui Pauletta legittimerebbe un primato linguistico.
Una reazione tipica arriva dalla caporedattrice del Glas Istre, Eni Ambrozic. Secondo lei le reazioni contro il bilinguismo istriano producono la diffusione d’una opinione maggioritaria in Istria molto sfavorevole a Zagabria, che non è in grado di capire la realtà istriana e di accoglierla. Eni Ambrozic ritiene che nulla sia cambiato nella posizione della maggioranza croata nei confronti dell’Istria, rispetto ai tempi dell’HDZ. Ma ci sono anche voci simili da parte di non-istriani. Due partiti croati (il LS e l’HNS già menzionati) hanno dimostrato che non condividono l’isterismo contro l’Istria in corso nel paese. Ma forse ancora più preziose sono le analisi fatte da alcuni intellettuali di rilievo. Oltre a Grubisa, già citato, vale non dimenticare Nenad Miscevic, filosofo fiumano (ex-professore a Zara, ora ordinario alla Università di Maribor, in Slovenia). Secondo Miscevic (Novi list, del 10 giugno), il problema del bilinguismo è da interpretare come assenza di volontà politica e culturale da parte della Croazia di seguire l’Istria nel processo di europeizzazione. Lo stesso atteggiamento che durante gli anni Ottanta la Jugoslavia aveva nei confronti della Slovenia è ora manifesto nell’atteggiamento della Croazia verso l’Istria. Il modello da seguire consisterebbe invece nell’esempio dell’Alto Adige. Senza una svolta in tale direzione, la Croazia sarebbe come la Romania rispetto al problema della Transilvania.
Ma chi rappresenta la Croazia maggioritaria riguardo al "problema istriano"? Budisa e Tomcic o Kramaric e Miscevic? Non ci sono ricerche empiriche valide. Ma sembra che la maggioranza croata sia assolutamente o quasi assolutamente indifferente e che l’isterismo di Budisa, così come l’europeismo di Miscevic, siano soltanto due opinioni minoritarie, la prima diffusa a misura del nazionalismo croato, la seconda a misura dell’affermazione del valore della multiculturalità nella società e nell’opinione pubblica croata. I futuri sviluppi dipendono dal tipo di contesto culturale, ideologico, politico e sociale che si costituirà nel paese nei prossimi anni.

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