La privatizzazione dei media serbi
La Serbia ha recentemente adottato un set di leggi sui media, in particolare sul servizio pubblico, che prevedono l’uscita dello stato dalla proprietà dei media. Secondo le associazioni di categoria la nuova normativa è buona, ma è stata introdotta grazie alle spinte di Bruxelles
La nuova legislazione sui media che il parlamento serbo ha recentemente adottato con procedura d’urgenza offre un quadro legislativo soddisfacente per questo settore. Così la pensano le associazioni dei media e la maggior parte degli esperti in materia.
Con l’adozione di questa normativa si è posto termine all’annosa battaglia condotta in questo settore dalle maggiori associazioni dei media, sostenute da Bruxelles, con i vari governi serbi.
Il nuovo corpus di leggi è composto dalla Legge sull’informazione pubblica e dalla Legge sul servizio pubblico. Le nuove leggi prevedono che lo stato, entro il 1° luglio 2015, si ritiri dalla proprietà dei media, e che entro tale termine cessi di finanziare i media direttamente dal bilancio statale. Il denaro per finanziare il servizio pubblico (la Radio televisione della Serbia, RTS, e la Radio televisione della Vojvodina, RTV) dovrà essere garantito con tasse apposite.
La questione principale era capire quanti e quali strumenti avrà lo stato per influire sulla politica redazionale dei media. Le associazioni di categoria volevano ridurre lo spazio di influenza, mediante il totale ritiro dello stato dalla proprietà e introducendo meccanismi in grado di imporre la trasparenza delle risorse investite nell’informazione pubblica da comuni, città, provincia autonoma della Vojvodina e repubblica della Serbia. Almeno per quel che riguarda la normativa di legge, gli sforzi sono stati premiati.
Oltre al fatto che le associazioni dei media si sono unite e hanno agito insieme, al successo della normativa ha contribuito in modo determinante il sostegno di Bruxelles. La Serbia infatti è entrata nella fase di negoziazioni per l’adesione all’UE, e Bruxelles ha posto come uno dei criteri base del processo di adesione proprio la libertà dei media e la sistemazione del panorama mediatico serbo. Senza i “suggerimenti” dell’UE, difficilmente il governo serbo avrebbe accolto i cambiamenti in questione.
Proprietà
La parte che ha fatto più discutere è stata il totale ritiro dello stato dalla proprietà dei media. In realtà la maggior parte dei media, compresi i più influenti, non è di proprietà statale. Tutte le radio e le tv con copertura nazionale, eccetto i servizi pubblici (RTS e RTV) sono di proprietà privata. Privati sono pure i tabloid ad alta tiratura e tutti gli altri quotidiani e settimanali eccetto Politika e Večernje novosti, nei quali lo stato continua ad avere quote di capitale (Politika il 50% e Novosti circa il 30%).
Di proprietà pubblica sono rimaste circa 80 radio-tv locali e regionali, dalle quali sono giunte le più accese critiche e resistenze alle leggi in questione. Le amministrazioni locali, infatti, non desideravano affatto rinunciare al controllo della politica editoriale dei media locali che finanziavano direttamente. Questi media sono stati concepiti come aziende pubbliche con voci di bilancio annuali e budget locali, cosa che garantiva loro un regolare finanziamento, ovviamente a condizione che le amministrazioni locali fossero soddisfatte delle notizie date.
Verrà privatizzata anche l’agenzia stampa Tanjug, che dallo stato annualmente riceve 1.7 milioni di euro: cifra che equivale a due terzi delle entrate di questa agenzia. Allo stesso tempo sul mercato serbo figurano altre due agenzie private, Beta e Fonet, che non ricevono alcun finanziamento pubblico. Queste due agenzie da anni ormai chiedono un equilibrio del mercato, ritenendo appunto di essere sottoposte a una concorrenza sleale.
Per il funzionamento dei media di proprietà statale e per il funzionamento di quelli di proprietà delle amministrazioni locali venivano spesi circa 25 milioni di euro all’anno. Si tratta di una cifra ingente, tenuto presente che l’intero mercato dei media in Serbia ha registrato lo scorso anno un volume di circa 140 milioni di euro. Le entrate dirette provenienti dal bilancio potevano in effetti creare una concorrenza sleale.
Il Partito progressista serbo (SNS) del premier Aleksandar Vučić gode della maggioranza assoluta al parlamento serbo e senza difficoltà è riuscito a superare le resistenze, facendo adottare le leggi sui media. I membri del parlamento provenienti dalle città e dai comuni che erano contrari alla privatizzazione non hanno accettato ben volentieri i cambiamenti, ma alla fine hanno dovuto accogliere le richieste del partito di governo.
Denaro
La modifica alle leggi sui media, di per sé, non porterà ad un veloce ed efficace miglioramento della situazione né ridurrà direttamente l’influenza dei circoli governativi sulla politica editoriale. I tabloid privati ormai da tempo sono i principali sostenitori del potere, e l’influenza su questi media viene esercitata indirettamente, per lo più mediante il mercato delle inserzioni. L’influenza del mercato delle inserzioni è un valido strumento anche per influenzare le scelte editoriali di tutti gli altri media privati.
Il servizio pubblico non verrà tuttavia finanziato dagli abbonamenti pagati dai cittadini, ma lo stato applicherà speciali tasse in questo settore. Lo stato dovrà inoltre uscire dalla proprietà dei quotidiani Politika e Večernje novosti, ma manterrà il potere di dire la sua su chi sarà l’acquirente delle azioni di suddetti media. Anche negli scorsi anni lo stato ha avuto voce in capitolo nella scelta del compratore del 50% delle azioni di Politika e del circa 70% di quelle del Novosti.
Le associazioni dei giornalisti, consapevoli di non poter influire sul corso del denaro e impedire l’influenza sulle scelte editoriali, si sono focalizzate sullo sforzo di ridurre quanto possibile lo spazio di manovra e manipolazione effettuato col bilancio delle amministrazioni locali e dello stato. L’introduzione del divieto per legge del finanziamento dei media tramite il bilancio statale o locale è forse il loro maggior successo.
I comuni dovranno passare al project financing di pubblico interesse per i media di cui erano proprietari. Sarà la legge a definire cosa è di pubblico interesse, e i comuni dovranno indire bandi e formare commissioni indipendenti che decideranno sulla qualità dei progetti proposti. Ai concorsi, ovviamente, possono partecipare tutti i media locali.
Ovviamente spazio per eventuali manipolazioni esiste anche con questa procedura, e c’è quindi da aspettarsi che i comuni e le città cercheranno di “pilotare” i concorsi così che i media che sono più fedeli ricevano i finanziamenti. Questo sarà inizialmente facilitato dal fatto che il governo non ha prescritto meccanismi per consentire il passaggio al project financing. Resta tuttavia il fatto che, nelle nuove condizioni, i media privati, in particolare a livello locale, saranno in una situazione più equilibrata.