La polizia croata chiede più poteri

La Croazia sotto il peso di una criminalità sempre più diffusa potrebbe conferire ampi poteri alla polizia. L’impiego più frequente di armi da fuoco e misure drastiche nella resa dei conti col crimine sono gli strumenti annunciati dal neo ministro dell’interno. Non tutti sono d’accordo

21/09/2005, Drago Hedl - Osijek

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In Croazia le 30 rapine alle banche nei primi otto mesi di quest’anno, oltre alle innumerevoli rapine alle pompe di benzina, alle ricevitorie o ai negozi, hanno creato la credenza tra l’opinione pubblica che la polizia croata non sia in grado di eliminare il crimine organizzato nel Paese.
Quando all’inizio di settembre, nel centro di Zagabria, in un modo fino ad ora sconosciuto in Croazia, è stato rapinato l’ufficio dell’Agenzia statale delle finanze (FINA), e i rapinatori, senza preavviso, hanno ucciso a sangue freddo i due sorveglianti, il ministro degli interni Ivica Kirin aveva annunciato un considerevole trattamento più decisivo da parte polizia, che comprendeva l’impiego di armi da fuoco senza le restrizioni tuttora in vigore.

"La polizia sparerà dopo un solo avvertimento" ha dichiarato il ministro, spiegando che durante l’arresto dei criminali non ci sarà alcuna pietà. "L’opinione pubblica si aspetta che mostriamo fermezza nella soluzione dei casi particolarmente gravi. Assassini, violentatori ed esecutori dei più gravi crimini penali possono aspettarsi un trattamento particolare da parte della polizia. Sono criminali e non possono far appello a tutti i diritti costituzionali. Non desidero introdurre una repressione poliziesca, ma desidero la sicurezza della polizia" ha detto il ministro degli interni al quotidiano Jutarnji list, dopo che l’insoddisfazione dell’opinione pubblica per l’operato della polizia era giunta al culmine.

Nonostante la rapina cruenta dell’Agenzia statale delle finanze, in cui sono stati uccisi i due sorveglianti, sia accaduta il 5 settembre, sia avvenuta nel centro di Zagabria, ed esistano le registrazioni della telecamera di sicurezza e numerosi testimoni, la polizia a due settimane dal furto di due milioni di kune (circa 267 mila euro) non è ancora riuscita a catturare i rapinatori. Il fatto che siano entrati nell’Agenzia statale per le finanze imbracciando i fucili e che senza avvertimento abbiano sparato ai sorveglianti, che i rapinatori abbiano usato diverse automobili, di cui una – per confondere le tracce – hanno cercato di incendiarla, testimonia che si è trattato di professionisti ben organizzati.

Che il crimine organizzato in Croazia sia incomparabilmente più efficace della polizia lo testimonia anche il dato che la maggior parte delle rapine alle banche effettuate quest’anno è rimasta irrisolta. La polizia non è riuscita a scovare i rapinatori, e il fatto che essi se la cavino senza condanna e in modo facile arrivino a grandi somme di denaro, rappresenta una forte motivazione per gli stessi criminali. In riferimento all’anno scorso, nei primi otto mesi di quest’anno, comparato con lo stesso periodo del 2004 , il numero delle banche rapinate è raddoppiato. Dal tempo in cui nel Paese le rapine si potevano vedere solo nei film, la Croazia oggi, come affermano i titoli della maggior parte dei media, è diventata la "terra dei criminali".

"In Croazia vige una terribile regola che il crimine paghi" avverte l’ex ispettore di polizia, oggi detective privato Marijan Kraljevic. Egli afferma che, senza esagerare, si può parlare di un crollo morale della società che è la conseguenza delle rapine nella privatizzazione delle proprietà statali di un tempo, all’inizio degli anni ottanta.

Beni di grande valore, come le fabbriche, le banche, gli hotel o le catene commerciali, sono stati legalizzati con i furti, definiti "trasformazione e privatizzazione della proprietà sociale", sono giunti nella mani dei beniamini delle élite politiche. Persone fino ad allora sconosciute, d’un tratto, grazie all’idea di Tudjman sulle 200 famiglie ricche che avrebbero governato la Croazia, sono diventati "imprenditori di successo", il cui intento principale era rubare quei beni. A quel tempo molte fabbriche sono crollate, i lavoratori sono rimasti senza impiego, e di questo nessuno ha riposto. Si era creato un clima in cui le ruberie erano diventate legali, e quando si crea una tale atmosfera – avvertono gli esperti – è solo questione di tempo per far sì che le ruberie assumano la forma armata. Proprio ciò che ora accade in Croazia.

All’inizio dell’estate, insoddisfatto del comportamento della polizia, il premier Ivo Sanader ha destituito colui che fino ad allora era il ministro dell’interno Marijan Mlinaric. Medico di professione, che prima di arrivare alla funzione di ministro non aveva avuto alcuna esperienza nel lavoro della polizia, è stato sostituito dal geologo, Ivica Kirin un tempo sindaco di Virovitica, cittadina al nord della Croazia. Prima di giungere a capo del ministero degli interni anche Kirin non aveva avuto esperienza col lavoro della polizia, e nell’occasione della sua scelta, si era spiegato, era prevalsa la sua giovane età (nato nel 1970), la sua perseveranza, energia e decisione. Le misure che ora ha annunciato dovrebbero darne conferma.

Ma, Sime Lucin, ministro degli interni del governo socialista del premier Ivica racan dal 2000 alla fine del 2003, considera che Kirin con l’annuncio di un maggior potere alla polizia e un facile impiego delle armi "militarizza la polizia". Lucin dice di essere rimasto spiacevolmente sorpreso dell’aperta dichiarazione dell’aumento della brutalità della polizia. "Temo che da ciò possano sortire degli effetti del tutto contrari a quelli desiderati", dice Lucin.

Egli si è così unito a quegli analisti che avvertono che aumentare il potere della polizia, che comprende l’impiego di forze brutali, e l’uso più frequente di armi da fuoco rispetto a quello attuale, non porterà ai risultati desiderati. Gli esperti avvertono che la polizia non può da sola far fronte ad una vera e propria esplosione del crimine organizzato, piuttosto lo si può ridurre solo con un maggiore lavoro di prevenzione, ed anche con una giustizia più risoluta che con le blande condanne non fa altro che stimolare i rapinatori.

"Si tratta di un processo di lungo corso che non darà risultati immediati" – afferma una fonte della polizia che ha preferito rimanere anonima – "Nessuna polizia al mondo è mai riuscita da sola a reprimere la criminalità, e non lo farà nemmeno la Croazia. In particolare non in questo modo in cui c’è più facilità nell’uso le armi. La brutalità della polizia non spaventerà i criminali, ma susciterà la paura tra i normali cittadini".

Il governo croato a breve dovrebbe discutere del conferimento di maggiori poteri alla polizia, e fra poco le modifiche di legge potrebbero arrivare in parlamento. Schiacciato dalle richieste dei cittadini desiderosi di far cessare la crescita galoppante della criminalità, il governo potrebbe dare alla polizia poteri molto più ampi di quelli di cui adesso dispone.

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