La nuova politica agricola comune: green o greenwashing?
Dopo quasi due anni di trattative, lo scorso giugno il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno raggiunto un accordo per la riforma della Politica Agricola Comune (PAC). Varie le novità e non sono mancate forti critiche
L’accordo di riforma della Politica Agricola Comune (PAC) raggiunto fra i rappresentanti dei vari organi delle istituzioni europee (Parlamento, Consiglio e Commissione) è stato approvato il 9 settembre dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Salvo sorprese, nell’autunno di quest’anno la riforma dovrebbe essere votata dal Parlamento Ue in seduta plenaria per poi passare il voto al Consiglio prima di entrare in vigore nel gennaio del 2023.
Come nacque la politica agricola comune
La politica agricola comune è una delle più longeve politiche promosse dalle istituzioni europee, essendo in nuce già presente nel trattato di Roma che istituì la Comunità Economica Europea nel marzo del 1957.
Allora si rendeva infatti necessario trovare un modo di far coesistere le regole del mercato unico che ci si accingeva a creare, insieme al fatto che gli stati, complice anche il trauma della mancanza di approvvigionamenti alimentari durante la Seconda Guerra Mondiale e le paure indotte dalla Guerra fredda, erogavano generosi sussidi pubblici al mondo agricolo. Si decise quindi di dare alla CEE il compito di gestire i meccanismi di intervento pubblico in questo settore dell’economia.
La PAC ha i seguenti obiettivi: incrementare la produttività dell’agricoltura; assicurare un tenore di vita equo agli agricoltori; stabilizzare i mercati; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.
La PAC è sempre stata la voce più consistente nel bilancio delle istituzioni comunitarie. Nel 1985 quasi i tre quarti di tutto il budget della comunità economica europea venivano spesi per sovvenzionare l’agricoltura. Da allora la proporzione di budget spesa per questo settore, complice anche l’estensione dei settori di competenza in seno alle istituzioni europee, è sceso, arrivando al 37% del totale del bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2014-2020, pari a circa 410 miliardi di euro.
Nel corso del tempo, però, non sono mancate forti critiche a questa politica europea.
Principali critiche alla PAC
Le principali critiche mosse alla PAC sono di matrice economica e ambientale.
Dal punto di vista economico, si obietta che la politica più onerosa dell’Ue vada a beneficio di un’esigua minoranza di imprenditori del settore agricolo. Questo punto è anche rafforzato dal fatto che circa l’80% del totale dei sussidi vada al 20% degli agricoltori e allevatori europei più grandi, creando un circolo vizioso in cui i grandi proprietari venivano agevolati da politiche pubbliche a discapito dei piccoli imprenditori, potendo contare su un continuo afflusso di denaro. La politica inoltre è stata anche criticata perché le sovvenzioni al settore, non guardando al rapporto fra domanda e offerta di beni, finivano col produrre un surplus di prodotti che dovevano essere buttati via.
Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, invece, viene fatto notare che a fronte del fatto che il settore agricolo conta circa il 10% del totale delle emissioni di gas serra in Europa, nella PAC non vi siano dispositivi che spingano veramente gli agricoltori ad assumere comportamenti più sostenibili dal punto di vista ambientale, e che i quasi 100 miliardi di euro spesi per combattere il cambiamento climatico all’interno della PAC per il periodo 2014-2020 siano stati un fiasco.
La nuova PAC
Proprio a partire da questa serie di critiche, e soprattutto sull’impatto ambientale del settore primario, visto anche che la Commissione von der Leyen ha palesato l’obiettivo di rivedere le politiche dell’Unione per fare in modo che siano compatibili col Green Deal europeo, sono iniziati i negoziati fra l’europarlamento e il Consiglio, mediati dalla Commissione nei cosiddetti triloghi, per arrivare ad un accordo di riforma della PAC.
Il negoziato è stato lungo, e ci sono voluti quasi due anni per arrivare ad un testo che andasse bene a tutte le parti coinvolte, e sono state adottate regole ponte ad hoc per questo periodo di transizione.
Per quanto riguarda il budget, questo resterà considerevole: pari al 32% del totale del bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027, che ammonta a circa 387 miliardi di euro in totale, di cui 270 miliardi sono da spendere entro il 2027.
Fra le principali novità, è da segnalare che saranno ora gli stati a proporre le voci di spesa per il loro settore a livello nazionale, per tenere conto delle varie differenze fra i vari paesi membri. La Commissione dovrà approvare questi piani nazionali prima di erogare i finanziamenti, controllando che i vari piani degli stati membri rispettino le regole, così da armonizzare la politica a livello continentale.
Fra le nuove regole da cui dipende l’approvazione della Commissione si dovranno tenere a mente alcune condizionalità introdotte in materia ambientale. Proprio su questo punto infatti i parlamentari europei hanno fatto pressioni, riuscendo ad ottenere che gli impegni presi dall’Ue all’intento dell’accordo di Parigi sul clima siano rispecchiate nella riforma della politica agricola. E, sempre grazie agli sforzi del Parlamento, si è ottenuto che almeno il 35% del budget dedicato allo sviluppo delle aree rurali sia investito in misure ambientali legate alla lotta contro il cambiamento climatico.
Su come potranno essere spesi i fondi direttamente elargiti agli imprenditori vi sono altre importanti novità. L’Ue vuole che almeno il 10% dei sussidi diretti in ogni paese vadano a piccole o medie imprese del settore agricolo. Mentre un 3% sarà dedicato ai giovani agricoltori, supportando i nuovi imprenditori del settore con i fondi di sviluppo rurale.
Inoltre, al più tardi dal 2025, ci saranno ispezioni sulle condizioni lavorative nelle imprese sostenute dalla PAC, prevedendo penalizzazioni per chi non rispetta le leggi europee sul lavoro, aggiungendo così una dimensione sociale all’interno della politica.
Ulteriori misure riguardano maggiore trasparenza sull’accesso ai sussidi, oltre al sostegno agli agricoltori qualora si dovessero trovare a far fronte a crisi e rischi imprevisti, che possono portare a forti fluttuazioni dei prezzi e quindi a danni economici.
Green o Green Washing?
A meno di sorprese dell’ultimo momento, il nuovo testo della PAC dovrebbe essere approvato ed entrare in vigore nel gennaio del 2023.
Vi sono però due narrazioni opposte sulla politica, che si scontrano soprattutto per quanto riguarda la questione ambientale.
Da un lato gli ambientalisti, che sostengono come questo testo non abbia al suo interno nessun cambiamento reale e accusano i suoi promotori di fare greenwashing. I dispositivi previsti infatti non prevedono obblighi affinché vi sia un cambiamento radicale nelle attività agricole per ridurre le emissioni di gas serra, ma una lenta e graduale transizione che dovrà comunque essere stimolata ulteriormente creando condizioni per cui convenga, economicamente, investire verso un’agricoltura più verde.
Dall’altro lato la Commissione, che ha accolto l’accordo come una importante novità. Rispondendo alle critiche mosse da vari gruppi ambientalisti, il vice presidente esecutivo della Commissione per il Green Deal europeo Frans Timmermans ha sostenuto che il cambiamento è sempre “evoluzione, e non rivoluzione”. Sancendo come, visti anche i limitati poteri della Commissione in molti settori di policy, non sia possibile cambiare radicalmente politiche che toccano ingenti interessi economici, anche se necessario per far fronte alla sfida più importante del prossimo futuro.