La musica creativa di Sokratis Sinopoulos
"E’ possibile apprezzare generi lontani dal proprio background, ma anche scoprire similitudini fra contesti musicali apparentemente molto distanti". Un’intervista al musicista Sokratis Sinopoulos
Sokratis Sinopoulos nasce ad Atene, in Grecia, nel 1974. Studia chitarra classica e prende lezioni di musica bizantina alla Tsiamoulis school – una scuola della capitale – dove fa anche parte del coro dell’istituto. Nel 1988 si avvicina alla lira bizantina, strumento ad arco, risalente alla Bisanzio del decimo secolo dopo Cristo. Studia il liuto con Ross Daly, di origine irlandese, ma da sempre appassionato di musica cretese e residente nell’isola mediterranea. Nello stesso periodo dà vita al suo primo gruppo musicale, i Labyrinthos, mischiando tradizione e sperimentazione.
Sinopoulos collabora con compositori, musicisti, cantanti di tutto il mondo. Nel 1999 riceve il Melina Mercouri National Award, fra i più importanti premi ellenici in campo musicale, nella categoria miglior giovane artista. Nel 2010 fonda il Sokratis Sinopoulos Quartet, con cui debutta nel 2015 con l’album Eight Winds. Lo registra ai Sierra Studios di Atene in compagnia del pianista Yann Keerim, del contrabbassista Dimitris Tsekouras, e del batterista Dimitris Emmanouil. Sokratis è anche professore presso il Dipartimento di musica, scienza e arte dell’University of Macedonia di Salonicco. Lo incontriamo in occasione della sua ultima avventura musicale, il progetto Thrace, un bellissimo disco realizzato con Jean-Guihen Queyras, violoncellista di origine canadese.
Vorrei iniziare dalla tua ultima collaborazione, Thrace, con il francese Jean-Guihen Queyras. Come vi siete conosciuti?
Grazie a Keyvan Chemirani che ci ha invitati a prendere parte a questo progetto sperimentale incentrato sulla musica greco-mediterranea e sulla sperimentazione.
Chi è Keyvan?
Un franco iraniano, suonatore di zarb, strumento a percussione detto anche tombak o donbak; ha alle spalle una prestigiosa carriera nel campo della musica tradizionale e contemporanea, ma anche a livello sperimentale. Ci conosciamo da parecchi anni e abbiamo lavorato insieme a vari progetti.
Anche il fratello si occupa di musica: con Keyvan ha fondato il Chemirani ensemble, in voga dal 1988 e specializzato in musica persiana…
Infatti, Bijan è un abile strumentista e suonatore di zarb.
Siete sempre in tour, e avete fatto tappa anche in estremo oriente. Com’è andata l’esperienza in Giappone?
Era la prima volta che visitavo un paese così lontano e mi ha dato l’opportunità di ammirare la grande cultura nipponica. Ho avuto il privilegio di esibirmi nel teatro Yokohama Noh , posto ambito da tutti i musicisti stranieri.
Che reazione hanno avuto i giapponesi alla vostra musica intrisa di sonorità mediterranee?
Abbiamo avuto un’ottima impressione. Il pubblico era molto attento e concentrato. E ha dato idea di apprezzare molto il nostro lavoro.
E in Europa occidentale?
Anche qui abbiamo avuto una bella risposta.
Chi è abituato ai tradizionali suoni pop e rock trova difficile apprezzare la vostra proposta musicale?
Il punto è un altro. La musica è un linguaggio. Si possono affrontare tematiche e generi diversi, ma la comunicazione può avvenire senza problemi. E’ possibile apprezzare generi lontani dal proprio background, ma anche scoprire similitudini fra contesti musicali apparentemente molto distanti.
Quanto è importante per te la musica tradizionale?
La mia storia musicale non può prescindere dalla musica tradizionale. Fa parte di me. In essa ci sono ritorni a numerosi stili musicali ellenici, ma anche balcanici e mediterranei.
Diverso, invece, il concetto di folk.
La musica folk è un paradigma isolato fondamentale, ma fine a se stesso. Io percorro una strada parallela che punta all’esplorazione musicale e quindi gioco con la creatività. Partendo, appunto, dalla musica tradizionale.
Perché è importante dare un valore antropologico alla musica?
La musica ha già di per sé uno spiccato valore antropologico. L’uomo non può farne a meno, ed è parte del suo Dna. Non può comunicare senza musica. Peraltro trascende la quotidianità. Penso che la musica abbia il potere di esistere al di là di ogni definizione o limitazione temporale. C’è da sempre e sempre ci sarà. Per me, non a caso, l’ambizione più grande è regalare con le mie note un po’ di eternità.
Hai iniziato con la chitarra classica. Quanti anni avevi e chi ti ha convinto a intraprendere la carriera musicale?
Ero molto piccolo. Ho iniziato presto con lo strumento a corde più comune e con la musica bizantina. Ma non mi sono mai imposto nulla, e nessuno mi ha mai forzato. E’ avvenuto tutto in modo molto naturale.
Poi sei passato alla lira. Che tipo di strumento è?
E’ uno strumento storico, fra i primi a diffondersi in Europa durante l’epopea bizantina. Ha conquistato la Grecia, la Bulgaria, la Turchia e sopravvive anche in sud Italia, in una forma simile, la lira calabrese; relativamente diffusa fino al 1908, poi fra le due guerre caduta nel dimenticatoio; (oggi i suonatori di lira calabrese si contano sulle dita di una mano, ndr.).
Un paio di mesi fa abbiamo dedicato uno spazio all’attività di Georgos Xylouris. Lo conosci?
Certamente. E’ uno dei migliori musicisti della mia generazione e ha contribuito con altri artisti dello stesso giro a diffondere un nuovo genere, "la musica greca creativa".
Nel 1999 vincesti come artista emergente il prestigioso Melina Mercouri National Award. Cosa ricordi di quell’evento?
Tremavo dall’emozione. Mi dovettero dare una spinta per affrontare il palco.
Cosa ci dici di Melina Mercouri?
Una grande attrice greca, poi diventata ministra della Cultura. Suo nonno fu sindaco di Atene. Scomparve nel 1994, e le tributarono dei funerali di Stato. Mi dispiace di non essere mai riuscito a incontrarla.
Ed Eleni Karaindrou?
Potrei definirla la migliore compositrice greca di musiche da film. Ho collaborato con lei per un paio di lavori, e mi reputo fortunato di aver incrociato la sua strada.
Veniamo ai nostri giorni, il Sokratis Sinopoulos Quartet. Come è iniziata l’avventura?
Ho creato questo quartetto nel 2010, desiderando incontrare musicisti con idee brillanti e innovative. Così ho coinvolto Yiannis Kyrimkiridis, pianista, Dimitris Tsekouras, bassista, e Dimitris Emmanouil, batterista.
Il primo disco è del 2015. Un mix fra jazz e musica tradizionale?
Si intitola Eight Winds. Benché non ci sia stata l’intenzione formale di registrare un disco mischiando vari generi, di fatto risente delle nostre principali influenze, fra cui, certamente, il jazz e la musica tradizionale.
Perché non ti trovo su Spotify?
Penso che la ECM Records (la casa discografica di Sinopoulus, ndr) punti a diffondere un suono di qualità che non può essere espresso da quello compressato dei file veicolati dai canali musicali digitali.
Com’è la situazione musicale ad Atene?
Difficile, come ogni altra cosa in Grecia da sei anni a questa parte; tuttavia non mancano prodotti belli e interessanti.
Hai qualche nome da segnalarmi?
Thimios Atzakas e il suo progetto Udopia: un lavoro recente che ho amato.
E la politica?
Dal punto di vista finanziario siamo ancora dentro un tunnel.
I tuoi cinque dischi da isola deserta?
Domanda troppo difficile. Potrei indicare delle registrazioni di artisti locali e di stili tradizionali greci, che non hanno mai avuto risonanza a livello commerciale.
Cosa proponi per questo 2017?
Vorrei che i tanti conflitti che stanno caratterizzando il mondo si fermassero, ma temo di essere troppo ottimista. Potesse almeno migliorare qualcosa in Grecia, Siria e Nord Africa.